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Il Papa riconosce l’eroismo del cardinale che organizzò la rete per salvare gli ebrei

ELIA DALLA COSTA
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Jesús Colina - Aleteia Spagnolo - pubblicato il 18/07/17
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Elia Dalla Costa contò sull’aiuto del vincitore del Tour de France, Gino BartaliPapa Francesco ha riconosciuto ufficialmente le virtù eroiche del cardinale Elia Dalla Costa (1872- 1961), arcivescovo di Firenze, che organizzò una rete per salvare gli ebrei nell’Italia centrale durante la II Guerra Mondiale.

Il riconoscimento pontificio, che ha avuto luogo nei giorni scorsi, è servito a far conoscere fuori dai confini italiani questa figura che nel 2012 ha ricevuto il titolo di “Giusto tra le Nazioni” dall’istituto Yad Vashem di Gerusalemme “per aver offerto rifugio a oltre 110 ebrei italiani e 220 stranieri”.

La decisione del Papa rappresenta un passo decisivo per il riconoscimento pubblico della santità di colui che fu arcivescovo di Firenze dal 1931 al 1958. Ora per la sua beatificazione si dovrà dimostrare l’esistenza di un miracolo (una guarigione scientificamente inspiegabile) attribuito alla sua intercessione.

La ricerca svolta da Yad Vashem, con cui il mondo ebraico esprime la sua gratitudine a chi mise a repentaglio la propria vita per salvare quella degli ebrei durante la persecuzione nazista, ha aiutato a scoprire la rete sviluppata dal cardinale per dare rifugio ai perseguitati.

Il ruolo di Dalla Costa fu particolarmente importante dopo l’arresto del rabbino capo di Firenze, Nathan Cassuto (poi morto ad Auschwitz), insieme a tutta la rete di sostegno clandestina organizzata dalla comunità ebraica, nel novembre 1943.

Da quel momento in poi il cardinale restò il vero punto di riferimento per chi cercava rifugio a Firenze.

Tra le testimonianze raccolte dallo Yad Vashem c’è quella della signora Lya Quitt, che ha ricordato come – fuggita dalla Francia a Firenze all’inizio del settembre 1943 – venne portata all’arcivescovado, dove trascorse la notte insieme ad altri ebrei lì ospitati prima di essere indirizzata il giorno dopo a uno dei tanti conventi che in città, su indicazione dell’arcivescovo, avevano aperto le porte agli ebrei.

L’istituto di Gerusalemme ha citato anche le parole di Giorgio La Pira, che dopo la guerra sarebbe diventato sindaco di Firenze e secondo il quale “l’anima di questa attività d’amore di Dalla Costa era salvare il maggior numero possibile di fratelli”.

Per aiutare i perseguitati, il cardinale doveva dar loro dei documenti falsi, prodotti dai frati francescani ad Assisi, a circa 180 chilometri di distanza.

All’epoca dell’occupazione nazista il trasporto di questi documenti era pericolosissimo. Il cardinale aveva ricevuto varie testimonianze di persone alle quali i soldati avevano sparato ai posti di blocco perché cercavano di aiutare degli ebrei.

Il porporato ebbe allora un’idea geniale: c’era qualcuno che sarebbe stato in grado di eludere i controlli di esercito e polizia. Si trattava di Gino Bartali, che nel 1936 e nel 1937 aveva vinto il Giro d’Italia e nel 1938 aveva trionfato al Tour de France.

Nessun militare avrebbe osato fermare il più grande sportivo d’Italia mentre si allenava con la sua bicicletta.

Il cardinale chiamò Bartali per rivolgergli una richiesta: portare dentro la canna della sua bicicletta i documenti falsi da Assisi a Firenze. Il porporato sapeva molto bene che in questo modo sia lui che soprattutto Bartali stavano rischiando la vita.

Bartali, profondamente cattolico, accettò la missione affidatagli dall’arcivescovo e riuscirono così a salvare molte vite umane, motivo per il quale anche Bartali è stato riconosciuto come “Giusto tra le Nazioni”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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