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Perché l’ospedale Bambino Gesù vuole fare causa all’Associated Press?

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 04/07/17
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Un’inchiesta dell’agenzia getta ombre sulla passata gestione “attenta ai profitti”. Ma un rapporto americano smentisce le accuse. Il Vaticano parla di falsità

Secondo una lunga e documentata inchiesta dell’agenzia di stampa Associated Press (AP), nell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, di proprietà del Vaticano, per anni si sono verificate violazioni dei protocolli sanitari che hanno causato sofferenze immotivate e lesioni a numerosi bambini. Molti dei problemi, scrive AP, sono stati causati dal tentativo dei manager dell’ospedale di risparmiare il più possibile, così da aumentare i profitti e riportare in attivo i bilanci della struttura (Il Post.it, 4 luglio).

L’inchiesta si riferisce alla gestione 2008-2015 quando al vertice dell’ospedale pediatrico c’era Giuseppe Profiti.

Un articolo definito dal Vaticano pieno di imprecisioni e «congetture false, datate e gravemente infamanti, già smentite e ribaltate espressamente da un rapporto indipendente della Santa Sede, oltre che da tutta la documentazione sanitaria e scientifica dell’Ospedale e le certificazioni nazionali e internazionali puntualmente fornite all’agenzia di stampa». L’ospedale pediatrico visto «il carattere gravemente infamante» dell’articolo ha annunciato una querela per diffamazione (Il Messaggero, 4 luglio).

LA PRIMA INDAGINE

Il Vaticano, scrive sempre Il Post.it, ha condotto due indagini sull’ospedale Bambin Gesù. La prima fu autorizzata nel 2014 in seguito a numerose segnalazioni. AP scrive che la gestione Profiti si concentrava su «aumentare il volume delle operazioni e aprire filiali dell’ospedale nel sud Italia, tagliando contemporaneamente i costi della struttura».

Dopo aver svolto indagini per mesi e aver ascoltato alcuni dipendenti dell’ospedale, la prima commissione concluse che «le anomalie riscontrate sembrano ampiamente diffuse in tutto l’ospedale e, secondo diverse fonti, sono incentivate e ricompensate dall’amministrazione allo scopo di ridurre le spese e incrementare i margini di profitto». Questa frase è tratta da una bozza della relazione finale che i giornalisti di AP sostengono di aver letto. La bozza non è mai stata pubblicata.

LA SECONDA INDAGINE

Accuse, come spiega il Bambin Gesù, «già tutte espressamente smentite circa 2 anni fa da un apposito Rapporto (The Clinical evaluation of the Bambino Gesù Hospital Vatican City, January 27-30, 2015) commissionato dalla Santa Sede a un team indipendente di esperti statunitensi». Questo secondo rapporto, che l’AP «ha avuto modo di consultare», «riporta espressamente come tutte le congetture sulle pretese criticità siano state completamente escluse e le accuse rigettate (“disproved”), tranne una: la penuria di spazi nelle terapie intensive, di cui i vertici dell’Ospedale sono consapevoli e determinati alla risoluzione» (La Stampa, 4 luglio).



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BOTTA E RISPOSTA

Vediamo ora nel dettaglio problemi e mancanze che si sono verificate nell’ospedale secondo AP e quello che invece sostiene il Bambin Gesù.

• Infezioni

L’inchiesta dell’Associated Press:

Nel 2011 il reparto dove venivano trattati i bambini affetti da tumore è stato colpito da un’infezione di batterio resistente agli antibiotici durata 21 mesi e che ha provocato la morte di otto bambini. Secondo alcuni esperti contattati da AP, l’infezione avrebbe potuto essere messa sotto controllo in poco tempo. In un altro caso il tribunale di Roma ha condannato l’ospedale a risarcire con 2,2 milioni di euro i genitori di un bambino rimasto paralizzato a causa di un’infezione contratta in ospedale.

La replica del Bambin Gesù:

«Assolutamente falso» ribatte il Bambino Gesù, riportando dati che «confermano una drastica riduzione della frequenza delle infezioni, grazie alle numerose azioni di prevenzione».

L’Ospedale ha infatti ridotto drasticamente il tasso di prevalenza delle infezioni, passando dal 7.6% del 2006 all’1.8% del 2016 (-76% in 10 anni), numeri inferiori alla media degli ospedali europei e americani.

• Aghi e materiali

L’inchiesta dell’Associated Press:

Strumenti sanitari e medicine sono stati usati in modo improprio allo scopo di risparmiare. AP ha scoperto che alcuni aghi ordinati dall’ospedale si spezzavano se usati nelle vene dei pazienti più piccoli. Antibiotici che bisognava utilizzare nel giro di poche ore venivano invece conservati per giorni.

La replica del Bambin Gesù:

«Nessuna fornitura di “aghi scadenti” è stata mai acquistata: i fornitori di ago-cannule degli ultimi 7 anni includono le principali aziende del settore». Non per nulla il team di esperti Usa riferiva come i materiali in dotazione del Bambino Gesù «siano di buona qualità, in quantità sufficiente, e utilizzati dal personale in modo appropriato».

• Numero di interventi

L’inchiesta dell’Associated Press:

Per anni i medici hanno ricevuto pressioni per eseguire un numero molto elevato di interventi. Questo ha significato praticare interventi possibilmente superflui su malati terminali (il Bambin Gesù riceve un rimborso dallo Stato italiano per ogni intervento effettuato). In alcuni casi ha significato anche accorciare le anestesie dei pazienti, in modo da liberare rapidamente le sale operatorie per effettuare altri interventi. Secondo questa inchiesta si impiegavano solo cinque minuti per disinfettare le sale operatorie in modo da aumentare il numero di interventi.

Sempre secondo AP, fino al 2015, questa pratica ha portato a diversi casi di pazienti che si svegliavano, o arrivavano vicini al risveglio, mentre l’intervento era ancora in corso.

La replica del Bambin Gesù:

«Infamante» e «inverosimile dal punto di vista della prassi clinica» viene giudicata invece l’accusa di Ap che «i medici erano così sotto pressione per massimizzare il turnover nella sala operatoria che i pazienti a volte venivano fatti uscire dall’anestesia troppo rapidamente»

Inoltre è stata definita una «best practice» il fatto che «l’intervallo tra un intervento e l’altro è di 12-15 minuti, e durante le procedure di sanificazione le sale vengono pulite con modalità standardizzata».

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