La decisione del Papa dopo la sentenza, un anno fa, del tribunale civileIl Papa ha deciso ed è arrivata anche la sentenza della Chiesa dopo quella della giustizia italiana. Don Mauro Inzoli, dopo che già era stato costretto a ritirarsi a vita privata nel giugno del 2014 è stato definitivamente ridotto allo stato laicale. Ne dà notizia il vescovo di Crema:
“Carissime e carissimi tutti, nei giorni scorsi, la Congregazione per la Dottrina della Fede mi ha comunicato la decisione, presa da Papa Francesco il 20 maggio scorso con sentenza definitiva, di dimettere don Mauro Inzoli dallo stato clericale”. Lo scrive il vescovo di Crema Monsignor Daniele Gianotti in una lettera ai fedeli pubblicata sul sito della diocesi. “Non possiamo pensare che il Papa sia giunto a una decisione così grave senza aver vagliato attentamente davanti a Dio tutti gli elementi in gioco, per arrivare a una scelta che fosse per il bene della Chiesa e al tempo stesso per il bene di don Mauro: perché nessuna pena, nella Chiesa, può essere inflitta se non in vista della salvezza delle anime, che può passare anche attraverso una pena così grave, la più grave che possa essere inflitta a un sacerdote. Accogliamo dunque con piena docilità al Papa questa decisione, custodendola prima di tutto nel santuario della preghiera” .
Esattamente un anno fa, il 29 giugno 2016, don Mauro Inzoli, 67 anni, era stato condannato dal tribunale di Cremona a 4 anni e 9 mesi per abusi sessuali ai danni di cinque ragazzi (di età compresi tra i 12 e i 16 anni al momento dei fatti). Alle cinque vittime Inzoli, già sospeso a divinis nel 2012, aveva già risarcito il danno: 25mila euro a testa. Il procuratore Roberto Di Martino del Tribunale di Cremona aveva chiesto la condanna a sei anni. Nel dispositivo della sentenza è anche previsto che don Inzoli non potrà avvicinarsi a luoghi frequentati da minori (Avvenire, 28 giugno).
Repubblica rendeva conto del dispositivo della sentenza del 2016 con queste parole:
Oltre venti pagine che mettono nero su bianco la seconda passione di don Inzoli – oltre a quella per il lusso, il suo soprannome infatti è ‘don Mercedes’. Abusava sui minori della Gioventù studentesca – i ragazzi di Comunione e Liberazione, movimento di cui Inzoli era membro preminente – un po’ dappertutto: nei soggiorni estivi e invernali della comunità, in ospedale, durante le confessioni. Lo faceva “approfittando con spregiudicatezza della propria posizione di forza e di prestigio, tradendo la fiducia in lui riposta dai giovani nei momenti di confidenza delle proprie problematiche personali ed anche nel corso del sacramento della Confessione, ammantando talora le proprie condotte di significato religioso così confondendo ulteriormente i giovani”, così scrive il gup Letizia Platè