A volte il mio scetticismo naturale si impone, ma non riesco a fare marcia indietroMio suocero è una delle persone più giuste, pazienti e virtuose che conosca. È sempre disponibile ad aiutare, la sua capacità di perdono è immensa e quando non è disponibile in genere è perché si sta prendendo cura di altre persone o sta insegnando ai membri della sua comunità. È intellettuale, onesto e un essere umano profondamente degno. È anche ateo.
Mio suocero è in parte il motivo per il quale ho rispetto per le persone atee e per cui quando scrivo sull’ateismo in genere ho cose positive da dire. Non penso che sia vero che tutti gli atei sono guidati da egoismo, orgoglio o immoralità. Alcune persone sono atee perché sono state scandalizzate a livello intellettuale o morale da una catechesi povera o dal comportamento sbagliato di chi rappresenta il Vangelo. Altre possono essere come quei lavoratori che stanno fuori al mercato e non sono ancora stati chiamati a lavorare nei campi. La conversione, dopo tutto, è una grazia che ci arriva in base al programma stabilito da Dio.
Ho scoperto tuttavia che quando parlo bene della comunità atea la gente crede spesso che io ne faccia parte, o che ci manchi poco perché mi ci unisca. Ovviamente non posso garantire che non perderò mai la mia fede (nessuno può farlo), ma non sono decisamente un’atea.
Sono scettica, e ne so abbastanza per sapere che lo scetticismo è un tratto della personalità profondamente radicato che non svanirà. Non sono mai stata capace di quel tipo di fede comoda e stabile. Metto costantemente in discussione qualsiasi cosa e cerco sempre risposte migliori – per poter rispondere meglio non solo ai dubbi altrui, ma anche ai miei. Ho un enorme rispetto per chi è capace di nutrire una fiducia semplice e da bambino in Dio e nella Chiesa. Ma io non sono quel tipo di bambino. Per me essere come un bambino vuol dire essere come quel piccolo di tre anni che ha sempre mille perché.
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Penso che questo tipo di scetticismo rappresenti una sorta di fedeltà sincera alla verità. È tuttavia una forma difficile di fedeltà, perché il cristianesimo non è semplice, facile o pulito. Non intendo solo che è complesso, esigente e che ti farà sporcare – ci si deve rimboccare le maniche e prendere la propria croce. Intendo che la bellezza della fede è continuamente oscurata da giochi di potere, superstizione, simonia, ciarlatani e varie altre forme di vanagloria fine a se stessa. Non riceviamo una dottrina incontaminata, perché l’insegnamento che ci viene dato è presentato da esseri umani che peccano come tutti. Riceviamo il Corpo di Cristo – il Corpo di Verità – lacerato, spezzato, forato e crocifisso.
Visto che la verità religiosa è spesso abusata e mal usata, ci può essere la tentazione di metterla da parte. Per me, però, non è un’opzione reale. Fondamentalmente, ogni volta che arrivo al punto in cui non riesco più a vedere Dio attraverso tutti i miraggi e le cortine di fumo che gli uomini hanno eretto per rendere Dio uno strumento degli obiettivi umani ho una crisi di fede. In genere decido che lascerò sicuramente la Chiesa. Spesso concludo che l’ateismo sia l’unica opzione onesta a livello intellettuale.
Questo è il momento in cui faccio qualcosa che non farei se fossi davvero atea. Vado a parlare con Dio di questo. E Dio ascolta molto pazientemente mentre spiego tutte le ragioni per le quali non posso più credere. E le analizziamo. In genere ci sono degli scherzi a mie spese, e alla fine della conversazione ricordo che alla fin fine la religione riguarda il fatto di forgiare un rapporto con un Essere che è il mio autore, il mio creatore, la persona che amo e il mio amico. Un Essere che è infinitamente più grande delle più belle rappresentazioni umane, e che non può mai essere ridotto a una semplice agenda umana. Un Essere che è sia rivelato che nascosto in ogni molecola, ogni galassia, ogni cuore umano, ogni parola che viene pronunciata, ogni pensiero più recondito e ogni grande movimento storico. Un Dio che è in tutto, con tutto, attraverso di tutto, per tutto, di tutto, al di là di tutto, al di sotto di tutto e al di sopra di tutto.
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Questo rapporto è sufficientemente reale, sufficientemente profondo e sufficiemente importante per me da non essere sicura di essere davvero capace di ateismo. Non importa quanto possa essere scettica, trovo impossibile negare la rivendicazione fondamentale – che c’è un Dio con il quale si può avere un rapporto profondo e che dà la vita. Ho più esperienze di grazia di quante ne possa spiegare facilmente.
Per me la morale è questa. Conosco Dio. Amo Dio. E avendolo incontrato non posso tornare ad essere atea.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]