La Fondazione Wallenberg riconosce il gesto dell’arcivescovo di PalermoGiovedì 29 giugno, nel palazzo arcivescovile di Palermo, avrà luogo la consegna della medaglia Raoul Wallenberg all’arcivescovo del capoluogo siciliano, monsignor Corrado Lorefice.
All’inizio di quest’anno, il 12 gennaio, monsignor Lorefice ha annunciato la cessione dell’Oratorio di Santa Maria del Sabato alla comunità ebraica locale perché ripristinasse in quell’edificio l’antica sinagoga di Palermo.
La data dell’annuncio non è stata casuale: 524 anni prima, il 12 gennaio 1493, è stato il termine stabilito dal re cattolico Fernando d’Aragona, marito di Isabella di Castiglia, perché gli ebrei abbandonassero la Sicilia.
In quel contesto, la Chiesa di Palermo confiscò la Grande Sinagoga della città ed eresse sulle sue rovine la chiesa di San Nicola da Tolentino e l’Oratorio di Santa Maria del Sabato.
La cessione gratuita (comodato d’uso) è stata stabilita davanti all’Unione delle Comunità Ebraiche d’Italia, a rappresentanti locali, tra i quali Evelyne Aouate, presidente dell’Istituto Siciliano di Studi Ebraici, e all’emissario della ONG Shavei Israel, il rabbino Pinjas Pierpaolo Punturello.
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In una dichiarazione, il presidente della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, Eduardo Eurnekian, ha sottolineato i motivi del conferimento dell’onorificenza: “La Fondazione Wallenberg si concentra sul riconoscimento dei salvatori, non solo quelli che hanno salvato vite umane, ma anche quelli che, abbracciando un forte impegno nei confronti della memoria, hanno salvato simboli di un patrimonio culturale e religioso. In quest’ultimo gruppo si inserisce l’arcivescovo Corrado Lorefice, che in un atto di giustizia fraterna, dopo 524 anni, ha preso la nobile decisione di favorire la ricostruzione della sinagoga di Palermo. A lui vanno il nostro riconoscimento e la nostra gratitudine”.
È la prima volta che la Fondazione Wallenberg conferisce un’onorificenza di questo tipo a un rappresentante della Chiesa cattolica.
Va segnalato che uno dei programmi principali della Fondazione Wallenberg, “Case di Vita”, presenta un forte carattere di dialogo interreligioso.
L’iniziativa, lanciata nel 2014, cerca di identificare e riconoscere, mediante targhe commemorative, quei luoghi d’Europa che hanno offerto un rifugio alle vittime del nazismo, per la maggior parte bambini lasciati lì dai genitori prima che questi ultimi venissero deportati nei campi di sterminio.
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In meno di tre anni, dalla sua istituzione, sono già state censite più di cinquecento “Case di Vita” in Italia, Francia, Belgio, Polonia, Ungheria, Olanda, Danimarca e Grecia.
Tra le “Case di Vita”, la proporzione di chiese, monasteri, conventi e scuole religiose appartenenti alla Chiesa cattolica è preponderante.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]