La famiglia Orlandi ha fatto una richiesta di accesso agli atti della Segreteria di Stato del Vaticano. Si riapre il caso?A pochi giorni dall’anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi 34 anni fa si torna a parlare di lei anche in Vaticano. Uno dei grandi misteri d’Italia, quello della giovanissima Emanuela (15 anni ai tempi della scomparsa) figlia di un funzionario del Vaticano. Una storia complicata in cui si sono intrecciate le turbolente vicende degli anni ’80, compresa una presunta partecipazione della Banda della Magliana. Un caso mai chiarito e di cui la famiglia non ha mai smesso di interessarsi. A svelare l’ultimo tentativo, in ordine di tempo, di fare luce sulla vicenda è stato il Corriere della Sera (18 giugno) con una esclusiva a firma di Fiorenza Sarzanini che spiega come la famiglia abbia fatto:
Un’istanza di accesso agli atti per poter visionare i documenti conservati dalla segreteria di Stato. Una richiesta di audizione con il segretario Pietro Parolin per conoscere «in che modo e da chi è stata seguita la vicenda». Trentaquattro anni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, la famiglia fa una mossa che potrebbe portare a risultati clamorosi. Perché per la prima volta nel documento che sarà depositato lunedì mattina presso la Santa Sede, si parla esplicitamente di un «dossier» custodito in Vaticano. La circostanza è emersa nel corso del processo Vatileaks ma è stata finora tenuta riservata. Eppure del carteggio, come si specifica nel ricorso, hanno parlato più fonti arrivando ad elencare la natura di alcuni scritti. L’ultimo mistero di una storia infinita. Per questo Pietro Orlandi, il fratello della quindicenne figlia di un commesso della Casa Pontificia sparita il 22 giugno 1983 che non ha mai smesso di cercare la verità, ha deciso di rivolgersi allo studio dell’avvocato Annamaria Bernardini de Pace: a seguire la pratica sarà l’esperta rotale Laura Sgró. È il cambio di passo per rompere quel silenzio che dura da anni e coinvolge inevitabilmente le gerarchie della Chiesa. La strategia nuova che può portare a sviluppi inaspettati.
L’esistenza di documenti, forse di un dossier, è emersa durante la crisi “Vatileaks” che ha coinvolto il Vaticano tra il 2012 e il 2016, tra la questione dei “corvi” e la sottrazione di documenti da parte del maggiordomo di Sua Santità Benedetto XVI, Paolo Gabriele, fino all’inchiesta che ha visto imputati anche i giornalisti italiani Nuzzi e Fittipaldi.
nel 2015 in manette finiscono monsignor Balda e Francesca Chaouqui, accusati di aver consegnato ai giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi altri documenti che riguardano il settore finanziario della Santa Sede. Ma non solo. È un nuovo scandalo che scuote il Vaticano perché ad essere resi pubblici sono i documenti della Cosea, organismo voluto da papa Francesco con l’obiettivo dichiarato di rendere trasparente la gestione economica. Le verifiche della gendarmeria si concentrano su tutti i fascicoli che potrebbero essere stati trafugati o comunque resi noti al di fuori delle mura leonine. E così si torna a parlare dell’esistenza di un dossier dedicato esclusivamente alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Viene accreditata la possibilità che contenga resoconti di attività inedite almeno fino al 1997.
Tuttavia per il Vaticano, il caso Emanuela Orlandi “è un caso chiuso”. Ad affermarlo è monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato della Santa Sede, a margine di una conferenza stampa su un libro su Papa Francesco. “Sono stati già dati tutti i chiarimenti che ci sono stati richiesti. Non possiamo fare altro che condividere, simpatizzare e prendere a cuore la sofferenza dei familiari. Non so se la Magistratura italiana ha nuovi elementi. Da parte nostra non c’è nulla da dire in più di quanto abbiamo già detto” (HuffPost, 19 giugno).
Una posizione che lascia stupefatti i legali e soprattutto Pietro Orlandi [Fratello di Emanuela, Ndr] determinato a scoprire, come ha scritto in una lettera indirizzata al Pontefice nel marzo scorso, l’identità di «chi in Vaticano sa e da tanti anni tace, diventando complice di quanti hanno avuto responsabilità in questa vicenda». Soprattutto perché respinge, ancora prima di esaminare quella che è una vera e propria supplica, ogni possibilità di aprire il dialogo evidenziando «una totale mancanza di collaborazione» (Corsera, 19 giugno).
Ora a prendere la parola è la mamma di Emanuela, la signora Maria Pezzano Orlandi che in una lettera aperta pubblicata sul Corriere della Sera ha fatto appello proprio a monsignor Becciu:
Le ricordo, Eccellenza, che i casi degli scomparsi si chiudono solo in due modi: o con il ritrovamento in vita di chi è sparito o con l’accertamento della sua morte. Me lo dica, allora, Eccellenza, come si è chiuso il caso di mia figlia. Perché se per Lei il caso è chiuso, allora di certo sa cosa è accaduto a Emanuela. Mi dica dove si trova mia figlia, Eccellenza, se Lei sa che è viva. Mi dica dov’è adesso, perché voglio andare subito a riabbracciarla. Attendo da troppo tempo questo momento.
Se invece Lei sa che Emanuela non c’è più, allora, Eccellenza, mi dica dove sono i suoi resti. Mi dica dove posso trovare la tomba della mia bambina. Sono sua madre, io l’ho partorita, l’ho allevata, l’ho vista crescere e poi sparire ancora prima che diventasse donna. Me lo dica, Eccellenza, dov’è sepolta Emanuela, vorrei portarle un fiore. Ogni giorno, vorrei ricoprirla di fiori. Ma se non ha risposte da darmi, allora, Eccellenza, il caso non è affatto chiuso; è ancora aperto. Dunque, la Sua frettolosa risposta è diplomatica? Invece, la Sua coscienza, l’abito che porta e il ruolo che riveste, dovrebbero obbligarLa ad aiutarmi a trovare Emanuela. Dovrebbero obbligarLa a confortare una madre desolata, ad asciugare le sue lacrime e a prodigarsi per lenire il vuoto immenso che ha lasciato Emanuela in questa famiglia quel pomeriggio di 34 anni fa, quando è uscita per andare a scuola di musica e non è più tornata.