Chi ha subito maltrattamenti durante l’infanzia ha la responsabilità di guarire le proprie ferite in modo da non ripetere le stesse azioni con i propri figliA volte i genitori dimenticano che la loro missione principale è di amare e portare felicità ai propri figli. Non so quando sia nata l’idea che abbiamo dei diritti sui loro piccoli corpi, portandoci a maltrattarli e quindi inconsciamente a sfogare le nostre frustrazioni su di loro.
Ci sono alcune cose che attentano alla dignità di queste creature che Dio ha affidato a noi: urlare contro i nostri figli, trascurarli, insultarli, disprezzarli, umiliarli, picchiarli, paragonarli agli altri, abbandonarli… proprio loro, che dovremmo amare, prendercene cura, formare, comprendere, educare, accettare, proteggere, accogliere, ecc. I bambini vanno toccati solo per abbracciarli, confortarli, riempirli di carezze e baci.
La violenza genera altra violenza. Mi ricordo di essere andata a dormire a casa di una persona a me cara quando, a mezzanotte, arrivò il padre e colpì con forza una delle figlie per farla svegliare. Ero paralizzata dalla paura. La figlia maggiore cercava di fermare il padre, ma sembrava che questo gli desse ancora più forza.
C’è una frase in particolare, che lui ha detto alla figlia, che mi risuona in mente ancora oggi: “Maledetto il giorno in cui sei nata”. In poco tempo, la ragazza – di soli 15 anni – andò a vivere con un narcotrafficante e i due ebbero dei figli. Non c’è bisogno di aggiungere che oggi questa donna soffre di gravi disturbi emotivi, e quello che suo padre le faceva, lei ripete con i suoi figli.
Ogni emozione che non viene riconosciuta e accettata diventa autodistruttiva. Questo individuo era un uomo violento e non stava facendo altro che ripetere dei modelli comportamentali. Non riuscendo mai a sanarle, si è trascinato fino all’età adulta le aggressioni che lui aveva ricevuto nella sua infanzia, scaricandole quindi sui suoi figli.
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Ognuno dei nostri figli ha il diritto di vivere la propria vita e noi abbiamo l’obbligo di formarli, di sostenerli e di esortarli a realizzare i propri sogni. È violenza anche pretendere che vivano la vita che noi abbiamo scelto per loro – o che avremmo voluto vivere noi stessi – che studino per intraprendere la nostra stessa carriera o che abbiano le nostre qualità.
Mi ricordo di un altro episodio. Io e un mio compagno eravamo tornati da scuola, e appena entrati in casa abbiamo visto il padre picchiare senza pietà un altro dei suoi figli, perché i voti della pagella erano molto bassi. Per lui era la scusa perfetta per maltrattare il figlio, perché non era intelligente come lui. L’uomo prese una racchetta da tennis e, di fronte ai suoi amici, la usò per percuoterlo ovunque. In un fiume incontrollabile di lacrime, il bambino poté dire soltanto: “Un giorno crescerò, e ogni colpo che mi hai inflitto te lo restituirò”.
Sono passati più di 35 anni da queste storie. Purtroppo in queste famiglie c’è sempre più violenza. Qualsiasi tipo di violenza – diretta o indiretta, verbale o meno – lascia dei segni nella vita dei figli, che difficilmente dimenticheranno. Lascia delle cicatrici per tutta la vita.
C’è un altro tipo di violenza che mi viene in mente, a cui ho assistito personalmente. Un signore viveva in una sorta di “Pent-House” con la moglie. I figli vivevano da soli, nella casa accanto; un giorno sono andata a trovarli e insieme siamo andati dai genitori. Con mia grande sorpresa – o, meglio, spavento – appena entrata ho visto che le pareti erano decorate con immagini di donne nude in posizioni erotiche.
No, non era arte. Era pura pornografia. Dovunque ci giravamo c’erano immagini che chiunque reputerebbe violente, figuriamoci noi che eravamo dei ragazzini. Era violenza in ogni senso della parola. Naturalmente a casa parlai di ciò che avevamo visto, e non mi permisero mai più di tornare lì. Queste cose minano al sano sviluppo di un bambino. È violenza anche privare i bambini della loro innocenza.
Non condivido queste esperienze per giudicare questo uomo – che, inutile dirlo, aveva delle pesanti ferite emotive – ma per sottolineare che la violenza si presenta in molte forme. Una persona violenta, che maltratta, non conosce limiti di alcun tipo; come nel caso del padre di famiglia che maltrattava il sangue del suo stesso sangue con quella violenza emotiva, verbale, spirituale, morale – mostrandogli pornografia – fisica, etc.
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Sono sicura che molti si staranno chiedendo: e la mamma? Piccolo grande dettaglio: la madre non c’era. Era morta in un incidente stradale in cui il padre era alla guida. Dopo questo evento, lui è diventato ancora più “difficile da amare”, per non etichettarlo in altro modo.
Quante storie conosciamo, come quelle di questa famiglia. E quante più non vengono denunciate, affrontate, sanate.
Ogni tipo di aggressione deriva da una ferita emotiva non risolta. Ci sono molti tipi di violenza, a cui a volte ci abituiamo, che consideriamo normale, che quasi non riconosciamo.
Mi spiace, nessuna violenza dovrebbe essere accettata o tollerata, in nessun caso. Le parole feriscono tanto o persino di più delle botte, e spesso senza rendercene conto maltrattiamo i nostri figli e feriamo i loro sentimenti, influenzando per sempre la loro affettività.
Prendiamo ad esempio il tipico bambino che è molto inquieto e fa cose che non dovrebbe fare. La mamma va su tutte le furie e inizia a urlare in modo isterico cose come, “Mi dai sui nervi, non ti sopporto. Sono stanca e stufa di te…” Vorrei chiedere a questa mamma: davvero sei stanca e stufa di tuo figlio, e non lo sopporti più? O forse ciò che ti ha stancato e che non sopporti più è il “comportamento” di tuo figlio?”
Avete notato l’approccio diverso? In un quadro come questo, e usando la nostra intelligenza emotiva, il modo corretto di affrontare il bambino sarebbe dirgli: “Sono molto stanca di questo comportamento. Non sono d’accordo con le tue azioni. Mi sento frustrata. Tuttavia, figlio mio, ti amo”. Con questo diamo al figlio il messaggio che non siamo d’accordo con le sue azioni, ma che il nostro amore per lui era, è e sarà sempre incondizionato. Riconosciamo come ci sentiamo – in prima persona – e non “diamo la colpa” a lui di ciò che proviamo.
Genitori, in fondo i figli sono il nostro specchio, il riflesso fedele di noi stessi. Cambiamo il nostro atteggiamento verso di loro. Questo tipo di maltrattamenti – che di solito viene dalla madre stanca perché quasi tutto il giorno è con loro – è il più comune, e lascia un segno indelebile nella loro vita.
È più probabile che un bambino maltrattato faccia lo stesso da adulto. Le persone che hanno subito un qualche tipo di violenza hanno bisogno di prenderne consapevolezza e agire in modo da spezzare questo circolo vizioso. La violenza, in qualsiasi forma, non è mai un processo normale.
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Né tanto meno possiamo considerarla parte dell’educazione dei figli. L’idea che con le botte si possa insegnare tutto è un’aberrazione. Quando siamo violenti con i nostri figli – in qualunque modo – diamo loro molti messaggi, e non proprio d’amore. Tra i quali quello di non saperci controllare, di trascinarci ancora molte ferite dal nostro passato e, peggio ancora, di non accettarli. Io mi chiedo, che colpa hanno loro di quanto è stato fatto a noi?
Dobbiamo imparare a controllarci e, come si suol dire, a contare fino a cento prima di dare la prima sberla o la parola che può uccidere lo spirito dei nostri figli. Noi siamo i loro eroi, e la loro testa non riesce a capire perché il loro super-eroe li sta maltrattando in quel modo.
E sapete qual è la cosa più pericolosa? Dentro di loro non esiste la possibilità che mamma o papà non li amano. Pertanto, gli attacchi vengono spesso intesi come segno di amore che i genitori provano per loro. Cioè: botte e maltrattamenti = amore. Potete quindi immaginare che tipo di coniuge sceglieranno? Esatto, proprio uno che mostra amore con la violenza, perché è l’unico modo in cui riconoscono l’affetto. Che orrore!
Genitori, se abbiamo frustrazioni o stanchezza, non sfoghiamoci sui nostri figli. Credono ad ogni cosa che diciamo loro, sia positiva che negativa. La prossima volta che sentite di stare per perdere il controllo… fermati! E ascoltate ciò che voi stessi state dicendo. Se non riuscite a credere a ciò che ascoltate con le vostre orecchie, immaginate come debbano sentirsi i vostri figli all’udire tali barbarie.
Se perdi il controllo frequentemente, e sei una persona che tira sberle con facilità, ti suggerisco questa tecnica. Quando senti di stare per perdere il controllo, conta fino a 10; respira profondamente, morditi la lingua affinché tu non possa parlare e, invece di usare le mani per attaccare e dare le prime botte, estendile e ponile dietro la schiena.
Un altro metodo è quello che usava mia madre con me. Quando la facevo innervosire, anche se era molto arrabbiato con me, invece di insultarmi o offendermi, mi diceva a denti stretti: “Dio ti benedica, Ivonne, Dio ti benedica”. Penso di averla fatta arrabbiare davvero tanto, perché Dio mi ha stra-benedetta!
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]