A 44 anni dalla morte di Tolkien esce la storia più importante di tutteE’ uscito, per i tipi della Bompiani, l’ultimo inedito di J.R.R Tolkien: “Beren e Luthien“, un racconto rimasto nel cassetto del filologo sudafricano morto nel 1973. A riordinare gli appunti e ricostruire il senso di una storia che – nell’universo letterario della Terra di Mezzo – ha un ruolo centrale per tutta l’epopea tolkeniana, suo figlio Christopher.
Un libro, questo, che Tolkien scrisse di ritorno dalla Somme, dove aveva vissuto gli orrori della Prima guerra mondiale, nel tentativo di convogliare le sue esperienze in una scrittura che, in qualche modo, contribuisse a esorcizzarle
Sarà la casa editrice “Bompiani” a pubblicare l’inedito, descritto come la genesi della vicenda dei due innamorati, definita “molto personale” e realizzata dopo una drammatica militanza nella trincea francese, resa ancora più traumatica dalla perdita di due amici. La vera ispirazione, però, Tolkien la ebbe osservando la sua Edith danzare in una radura cosparsa di fiori, durante una passeggiata nella foresta dello Yorkshire. Guardare la moglie muoversi fra il verde e i colori del bosco diede a Tolkien, come raccontato dallo stesso Garth, una gioia che mai aveva sentito e che, probabilmente, mai più avrebbe sentito in futuro. Fu il passo decisivo verso la narrazione dell’amore fra Beren e Luthien, una perla di letteratura che, dopo i riferimenti concessi dall’autore su opere come il Silmarillion, attraversa un secolo di storia per incontrare chi, incantato dalla loro magia, è finalmente pronto a conoscerne il germoglio (In Terris).
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In Italia non è mancata la polemica tuttavia, un articolo di Repubblica di alcuni giorni fa, che accusa proprio il figlio Christopher di “interventi autoritari” sui testi paterni, negando il lavoro severo e intellettualmente onesto da parte sua e i tentativi ricostruire in maniera fedele le storie del padre. Storie che lui conosceva anche nella loro fase embrionale e i cui sviluppi sono spesso certificati proprio dal carteggio pubblicato qualche anno fa tra i due, in cui padre e figlio si scambiavano opinioni e pensieri sulle storie che sarebbero poi apparse nella Terra di Mezzo.
Il primo critico, lettore e consigliere dell’autore era proprio il figlio, che riceveva addirittura gli scritti del padre mentre era sotto le armi nella Seconda Guerra Mondiale. Christopher ha seguito la mitopoiesi paterna in modo talmente approfondito e partecipe da poter essere considerato un elemento sostanziale della formazione della Terra di Mezzo. E’ tutto nero su bianco, spiegato in centinaia di siti in tutte le lingue, oltre che nella biografia di Tolkien e nell’epistolario. Dunque, l’operazione di riordinamento e riproposizione degli appunti tolkieniani, un lavoro accademico che coinvolge discipline importanti come la filologia (materia che lo stesso Christopher ha studiato ad alti livelli), non può essere fatto da altri che dal figlio stesso.
C’è poi la pietra dello scandalo vera e propria. Il volume su Beren e Lùthien. Questa storia è una delle trame principali della Prima Era ed è un cardine di tutta la vicenda della Terra di Mezzo. Va però sottolineato che la storia d’amore fra questi due personaggi, un uomo e un’elfa, è strettamente legata alla storia d’amore fra Tolkien stesso e la moglie Edith. Fra le due coppie intercorreva un’identificazione potente e di vecchia data, legata al vissuto personale dell’autore (Il Barbadillo).
Un pezzo, quello di Michele Mari, che non è piaciuto nemmeno a Roberto Arduini, presidente della Associazione Italiana Studi Tolkeniani, che su L’Unità difende anch’egli il lavoro di Christopher Tolkien:
Quel che Mari non coglie è che quella ricerca sull’evoluzione della mitologia è continuata da allora fino a oggi, e Beren e Lúthien ne costituisce proprio la terza e ultima fase, purtroppo. Ha ragione Mari nel dire che «la filologia tolkieniana (al pari di quella lovecraftiana) è nata in ambito accademico “contro” la religione dei fan», come testimonia in Italia la nascita dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, di cui sono presidente, e i molti convegni universitari organizzati in questi ultimi anni (i prossimi saranno a dicembre a Parma e Trento); e ha ancor più ragione lo scrittore italiano a ricordare che Christopher «ha dato alle stampe una tale quantità di “inediti” paterni negli ultimi decenni che le sue prime imprese, ormai entrate nel corpus e nel canone, ci appaiono paradossalmente originali ed autentiche: è il caso soprattutto del Silmarillion». Mari però non tiene in conto che tutte queste pubblicazioni fanno parte di un percorso di conoscenza in cui Christopher, come ammette lo scrittore italiano, ha dovuto «sprofondare nell’oceano delle carte paterne».
Del resto, anche in questo caso, il figlio di Tolkien ha dimostrato fin da subito la sua onestà intellettuale. Nel 1977, per Il Silmarillion Christopher aveva messo insieme tutti i manoscritti del padre, con una quantità minima di suoi interventi per colmare le lacune, nel tentativo di creare un testo completo e coerente sia nello stile, sia nel contenuto narrativo. Negli anni successivi ha ammesso l’errore e intrapreso la pubblicazione dell’immensa History of Middle-earth, la Storia della Terra di Mezzo, che in dodici volumi presenta versioni selezionate delle varie opere e le bozze come erano state effettivamente scritte da suo padre. In questo modo, per molti versi ha dato ai lettori il meglio di entrambi i fronti: un Silmarillion pubblicato che presenta una narrazione completa e coerente; una serie di scritti poco coerenti, ma affascinanti e spesso di una grande potenza creativa che indicano la strada di quel grande Silmarillion che l’anziano Tolkien avrebbe potuto fare, se solo avesse avuto l’energia e il tempo di finire la sua opera (AIST).
Da appassionati anche noi ci sentiamo debitori di questo amore filiale che è esso stesso parte del mondo della Terra di Mezzo. Del resto Lo Hobbit fu un regalo fatto ai figli, una favoletta della buona notte che aveva in sé quel germe per l’avventura, per l’uscita da sé. Tolkien si fece Hobbit per i figli, per spiegare loro, il valore, il coraggio, la compassione e l’importanza delle piccole cose. Sì anche noi siamo contenti di questo – ahinoi! – ultimo contributo di Chris al lavoro paterno. Una incompiutezza che lascia spazio ormai alla fantasia dei fan, e alle generazioni future…
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