La vicenda, poco coperta dai media italiani, della piccola Sue nata da fecondazione artificiale a Singapore e oggetto di un contenzioso legale tra la coppia cino-tedesca che – a causa dei problemi di infertilità si era rivolta ad una clinica specializzata – ha scoperto che il seme del donatore non era quello della coppia, ma di un altra persona. Indignati hanno fatto causa alla Clinica e la Suprema Corte ha dato loro ragione:
Non tanto per l’errore medico in sé, quanto per il fatto di aver causato una «perdita di affinità genetica».
La sentenza stabilisce quindi che il Dna “giusto” ha un valore monetario che non può essere intaccato. E che possono esistere esseri umani “geneticamente sbagliati”.
Secondo la Corte, la società dà un valore altissimo al legame genetico con i propri figli, ragione per la quale una coppia infertile è disposta a spendere un sacco di soldi pur di riuscire a concepire. Se questo legame è compromesso, se gli occhi e la pelle della creatura non sono del colore giusto, si crea un danno che va risarcito (Avvenire, 14 maggio)
Nascere coi geni sbagliati è un danno, secondo la corte, una sentenza che apre inquientanti scenari a pensarci bene. Come dice anche Marina Terragni su Avvenire “forse che l’adozione vale di meno?”.
Leggi anche:
Quando l’eugenetica era il progresso, ad opporsi solo la “bigotta” Chiesa cattolica
Ma sono anche altri – ben più terribili – gli esiti del sentiero tracciato dalla Corte. Esiste un Dna buono e uno cattivo? E’ quindi lecito, per esempio, affidarsi all’eugenetica per la selezione dei figli? E cosa ci impedirebbe di creare una società basata non sulle capacità ma sul genoma, con nuove e più sofisticate forme di razzismo? Il film Gattaca (1997) ci da qualche assaggio:
Ma ci ricorda anche che lo spirito umano, la volontà, la possibilità di scegliere, possono farci superare tutti i limiti.