Ad Ahmed e Khadijah la guerra ha tolto ogni bene, ma non l’amore che condividono da più di mezzo secolo“Ti amo tantissimo. Da qui al più remoto villaggio!”. Nella tenda di un campo profughi, Ahmed imbarazza con un bacio improvviso sua moglie Khadijah, raccontando davanti alle telecamere i sentimenti che continua a provare per lei dopo ben 65 anni di matrimonio.
Il 90enne Ahmed e la 75enne Khadijah si sono conosciuti tramite i propri papà, che erano molto legati. “Si volevano bene come fratelli”, ricorda l’uomo. Un matrimonio combinato, quando lei aveva soltanto 11 anni. “Ero solo una bambina, non avevo idea di cosa significasse il matrimonio”, interviene Khadijah. “Io non conoscevo lui, e lui non conosceva me”.
Nonostante la tenera età e il fatto che fossero perfetti sconosciuti, Ahmed e Khadijah si innamorarono profondamente, e da allora sono stati sempre l’uno al fianco dell’altra.
“Abbiamo vissuto davvero felici e contenti. La amo immensamente, non riesco ad esprimerlo con le parole. Lei è la madre dei miei figli. Non abbiamo mai discusso, mai neanche un litigio: abbiamo vissuto nell’amore“, racconta commosso il marito.
“Lui ha sempre lavorato tantissimo per prendersi cura di noi. Abbiamo sostenuto la famiglia insieme, non c’è mai stato bisogno di arrabbiarsi l’uno con l’altra“, conferma Khadijah.
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Il volto si fa cupo in entrambi, che a fatica cercano di non piangere. Nel campo profughi le condizioni sono sempre più dure. Mancano cibo e acqua, e la disperazione ha spinto alcune persone a vendere i propri organi, o addirittura i propri figli, per poter comprare del cibo.
“Ieri un uomo ha provato a vendere suo figlio per 100$ per comprare del pane per la famiglia”, aggiunge Ahmed, che sfila un fazzoletto dalla tasca per asciugarsi ripetutamente le lacrime. “Si è mai sentita una cosa del genere?”
Una vita trascorsa nella semplicità dell’amore reciproco e nei confronti dei loro otto figli. Che però potrebbero non rivedere mai più: “Perché siamo fuggiti? Per gli aerei. È la prima volta che viviamo in queste condizioni”, continua la moglie. “Sono 4 anni che non torniamo nella nostra città, che non vediamo casa nostra. Riusciremo a vedere di nuovo i nostri figli? Per me è già molto poter sentire la loro voce al telefono, ma non penso che li vedremo più. Spero solo che le persone tornino presto alle loro case, e che in Siria la vita riprenda regolarmente”.
“Avevamo gli aerei sopra di noi, piovevano bombe. Pensavo fosse la Fine del Mondo”, ribatte Ahmed. “I nostri cuori sono diventati vuoti, a causa della tristezza, dell’oppressione e della povertà. Un tempo i nostri figli potevano aiutarci se non stavamo bene, adesso non abbiamo nessuno. Ci è rimasto soltanto Dio“.