Nell’amore naturale le radici di una retta devozione mariana e la via per la pace nella societàNonostante nella nostra società siano in atto grottesche e aggressive rivisitazioni dell’immagine della madre, così spesso svilita, commercializzata, a volte persino sfigurata nella sua originaria fisionomia, la festa della Mamma ha resistito!
Guardiamo allora cosa ci insegnano tre Pontefici moderni sulla figura della mamma: ognuno di loro ci ricorda con accenti diversi quanto sia importante per l’uomo e l’intera società la madre.
1) Giovanni XXIII: anche se diventassi Papa rimarreste sempre voi la più amata.
Il futuro Papa Giovanni XXIII si rivolge con trepidante apprensione alla sua cara mamma, lontana centinaia di kilomentri ma sempre presente alla sua mente, affrettandosi a rassicurarla circa il suo costante, immutabile amore per lei. Se per assurdo dovesse diventare Papa, dice per convincerla- l’ignaro giovane seminarista- resterebbe sempre lei la persona più amata!
Si sente la sincera ansia che scuote il giovane bergamasco perché teme che il suo amore di figlio venga messo in dubbio.
Roma, 1 gennaio 1905
«Carissima mamma,
rispondo subito al vostro biglietto che ho ricevuto unitamente alla lettera del padre e del fratello Saverio.
Mi dispiace immensamente che voi abbiate potuto dubitare anche per poco del mio affetto e della memoria che io tengo per voi.
E dopo Dio, dopo le cose del cielo, qual è la persone più cara che io abbia sulla terra se non voi? Se io fossi anche papa voi rimarreste sempre per me la più gran donna di questo mondo, l’oggetto più caro, al mio cuore di figliuolo affettuoso. No, per carità, non dubitate del mio amore e del ricordo dolcissimo che io tengo sempre per voi.
La lontananza, credetemelo, non indebolisce, ma rende più viva, gentile e delicata la tenerezza filiale. lo lo provo in me stesso.
Quando ogni mattina dopo il Sanctus della Messa io raccomando al Signore le persone più care, la prima a venirmi in mente siete sempre voi unitamente al padre.
Io penso sempre ai vostri lavori, alle vostre tribolazioni, e vi accompagno col cuore; vorrei disfarmi pur di vedervi contenta e felice.
A voi non ho scritto mai direttamente; non avete notato però che quando io scrivo parlo a tutti e due insieme e dico sempre “Carissimi genitori?”
Non posso credere che il padre non vi mostri le mie lettere; voi avete pieno diritto di vederle, perché sono scritte anche a voi. In seguito però non mancherò di mandarvi qualche parola che vi riguardi in modo speciale.
Voi vi lamentate anche perché io abbia mancato alle promesse fattevi.
Sentite, mamma carissima, se le mie promesse riguardano lo scrivervi un po’ più spesso, mi pare di essermi già spiegato a sufficienza. Se le promesse invece riguardano qualche altra cosa, ricordatemela subito: io sono disposto a tutto. Danari fin ora non ho potuto mandarvene perché proprio non ne posso disporre. Pensate a tutti i miei debiti per la prima Messa; pensate che ho dovuto rifare un’ altra volta i miei vestiti di Seminario che costano assai e ancora non ho finito, perché devo andare avanti poco per volta.
E tutte le altre spese in libri, perché più si va innanzi negli studi, più i libri costano; scarpe e mille altre piccole spese delle quali naturalmente voi non potete avere un ‘idea, ma che a me sono strettamente necessarie? Abbiate dunque un momento di pazienza, lasciatemi sistemare un po’ le cose mie e poi tutto quel poco che potrò fare lo farò volentieri e di cuore perché è anche mio dovere.
Se ora vi abbisogna qualche cosa, ditelo, ditelo subito, farò qualunque sacrificio per accontentarvi.
Angelo Roncalli»
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2) Giovanni Paolo II: lacerante nostalgia terrena e sublime amore celeste.
Giovanni Paolo II racconta pochissimo della sua mamma, circonda con impenetrabile pudore il dolore e l’amore che lo legano a lei. Si intuisce quanto gli sia mancata per tutta la sua lunga, eroica vita. In Dono e mistero trapela anche il grande rammarico della carenza di ricordi che riesce a conservare di lei e delle sue tenere cure.
L’aveva persa all’età di 9 anni passati da poco. E poco dopo perse anche il fratello e infine anche il papà.
Nove anni è infanzia piena. Nove anni è un’età tenerissima. E perdere la mamma, invece, è cosa dura. Raccontano i vicini e qualche compagno di scuola che per molto tempo Karol, dopo quel lutto, visse in uno stato di prostrazione, chiusura, dolore profondissimo.
Il ginecologo che aveva seguito la madre in gravidanza aveva ragione. La sua salute non avrebbe retto. La sua morte infatti è da ricondurre ad una miocardite e a un’insufficienza renale se non causate, sicuramente aggravate dalla terza gravidanza della giovane sposa.
Era il 1919 e il ginecologo di Wadowice, Jan Moskala, saputa della terza gravidanza della signora Wpjtyla, consiglia alla donna di abortire. Emilia Kaczorowska e l’ufficiale dell’esercito austro-ungarico, in seguito in quello polacco, il Karol bellissimo e virtuoso, che l’aveva sposata decisero diversamente.
Se avesse ascoltato quel medico avrebbe quasi certamente vissuto di più. E con meno dolori alla schiena, meno svenimenti. Meno fatica. Ma il mondo non avrebbe avuto quel gigante che è stato il Papa polacco.
Il Papa sportivo, il Papa bello, il Papa dei giovani, il Papa comunicatore, il Papa che fa crollare muri, il Papa che soffre, il Papa Totus tuus. Il Papa di Maria.
Non avrebbe avuto quel Papa. Perché quel feto, secondo il “buon” senso del medico doveva smettere di sottrarre energia, salute, respiro a quel fisico già così provato.
«Vedrete, un giorno il mio Lolek diventerà un grande uomo.» Diceva così di lui…
In Dono e Mistero (1996) il Papa polacco che ripensa al cammino della sua vita dice con rammarico
«Ho perso mia madre ancora prima della Prima Comunione, all’età di 9 anni e perciò la ricordo meno di tutti altri e sono meno consapevole del contributo che ha dato alla mia educazione religiosa, che era certamente enorme».
Karol non parlava quasi mai della sua morte. Forse, potremmo dire oggi secondo una psicologia spicciola, “non elaborò il lutto”. Lo tenne dentro di sé. Lo affrontò probabilmente ad un livello spirituale più profondo. Perché, diciamocelo, non è che elaborare risolva alcunché. C’è soprattutto da guadagnare un senso. Per la morte della persona più dolce e cara per un bambino c’è da trovarvi un significato.
Pare che una volta sola, ormai divenuto Papa, abbia confidato all’amico e giornalista francese, André Frossard:
«La morte di mia madre è sempre profondamente scolpita nella mia mente».
C’è un dettaglio commovente che “intreccia” la sua vita a quella della mamma: tenne sempre con sé alcuni, oggetti che le erano appartenuti. Il più speciale? Il cesto di vimini col quale raccoglieva la biancheria!
Questo ricordo potrebbe cucirsi anche addosso a noi mamme di oggi, sempre di corsa, col computer acceso fin dal mattino, con 20 notifiche Whatsapp in arretrato…
Forse il nostro portabiancheria è dell’Ikea? O è fatto di plastica? Ma anche i nostri figli ci vedono salire e scendere le scale sempre con quel cesto appoggiato al fianco, pieno di vestiti da stendere o da ripiegare.
Il Wojtyla poeta, drammaturgo, attore, rimane intensamente figlio. È proprio per la sua mamma una delle sue liriche più intense, nella quale lascia sgorgare un primitivo dolore. La scriverà nel 1939:
Sulla tua tomba bianca
Fioriscono bianchi fiori della vita.
Oh, quanti anni sono stati senza di te,
Quanti anni fa?
Sulla tua tomba bianca
Da tanti anni già chiusa:
Come se in alto qualcosa si innalzasse,
Come la morte incomprensibile.
Sulla tua tomba bianca,
O madre, mio spento amore,
Con tanto affetto filiale
Faccio preghiera:
Dio, donale eterno riposo.
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Se Giovanni Paolo II non avesse patito questo dolore primo, indivisibile, non avrebbe forse insegnato al mondo ad amare Maria Santissima come ha fatto. Non avrebbe scritto quelle parole sulla donna e la sua dignità. O sul rosario e la sua potenza.
Non avrebbe forse seguito con la stessa premura la storia di santità di Gianna Beretta Molla, della quale la sua mamma aveva precorso la strada di amore e sacrificio.
3) Papa Francesco: «la mamma è l’antidoto all’individualismo. Ascoltiamola!»
ll Papa “venuto quasi dalla fine del mondo”, il primo a portare il nome del Santo d’Assisi, ha speso tante parole nelle sue udienze, catechesi ed omelie sul valore della maternità e ha mostrato con generosità la sua affettuosissima devozione per la Madonna alla quale si raccomanda sempre prima di ogni viaggio e che corre a ringraziare una volta rientrato in Vaticano.
Nell’Udienza generale del 7 gennaio 2015, all’interno della serie di catechesi dedicate alla Famiglia, ci offre una bellissima riflessione sulla “divisibilità” delle mamme!
«Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico. “Individuo” vuol dire “che non si può dividere”. Le madri invece si “dividono”, a partire da quando ospitano un figlio per darlo al mondo e farlo crescere. Sono esse, le madri, a odiare maggiormente la guerra, che uccide i loro figli.
Tante volte ho pensato a quelle mamme quando hanno ricevuto la lettera: “Le dico che suo figlio è caduto in difesa della patria…”. Povere donne! Come soffre una madre! Sono esse a testimoniare la bellezza della vita.
L’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero diceva che le mamme vivono un “martirio materno”. Nell’omelia per il funerale di un prete assassinato dagli squadroni della morte, egli disse, riecheggiando il Concilio Vaticano II: «Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore… Dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio, è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; in quel silenzio della vita quotidiana; dare la vita a poco a poco? Sì, come la dà una madre, che senza timore, con la semplicità del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudisce con affetto. E’ dare la vita. E’ martirio». Fino a qui la citazione.
Sì, essere madre non significa solo mettere al mondo un figlio, ma è anche una scelta di vita. Cosa sceglie una madre, qual è la scelta di vita di una madre? La scelta di vita di una madre è la scelta di dare la vita. E questo è grande, questo è bello.
Una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testimoniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale.
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Le madri trasmettono spesso anche il senso più profondo della pratica religiosa: nelle prime preghiere, nei primi gesti di devozione che un bambino impara, è inscritto il valore della fede nella vita di un essere umano. E’ un messaggio che le madri credenti sanno trasmettere senza tante spiegazioni: queste arriveranno dopo, ma il germe della fede sta in quei primi, preziosissimi momenti. Senza le madri, non solo non ci sarebbero nuovi fedeli, ma la fede perderebbe buona parte del suo calore semplice e profondo. E la Chiesa è madre, con tutto questo, è nostra madre! Noi non siamo orfani, abbiamo una madre! La Madonna, la madre Chiesa, e la nostra mamma. Non siamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figli della Madonna, e siamo figli delle nostre madri.
Carissime mamme, grazie, grazie per ciò che siete nella famiglia e per ciò che date alla Chiesa e al mondo. E a te, amata Chiesa, grazie, grazie per essere madre. E a te, Maria, madre di Dio, grazie per farci vedere Gesù. E grazie a tutte le mamme qui presenti: le salutiamo con un applauso!»
È molto bello vedere nei Pontefici (ne abbiamo scelti tre, ma le testimonianza sono molte di più, lungo la millenaria storia della Chiesa) questa sintesi così intensa di amore umano e viscerale per le loro madri e il rimando naturale e alto alla maternità spirituale della Chiesa, che è Santa ed è Madre che si traduce immediatamente in amore e devozione di figli per la Madonna!
Seguiamoli allora, lungo le tracce del loro percorso esistenziale e di magistero.
Ritroveremo più facilmente la bellezza della vita umana nei suoi tratti originari e fondanti; cioè “familiari”.
Del primo Pietro, invece, il Principe degli Apostoli, non abbiamo conosciuto il rapporto con la mamma, bensì in parte quello con la suocera (Matteo, 8, 14-17)! Anche loro sono mamme e, quando sono ben sfebbrate, sanno alzarsi e servire!