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La storia di Buscapé, il fotografo nato nella favela

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Maria Paola Daud - Aleteia - pubblicato il 03/04/17
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Ha detto addio al degrado per potersi esprimere attraverso ciò che amavaNel 2002 il famoso film City of God, un’opera piuttosto cruda perché basata su una storia vera scritta da Paulo Lins e diretta da Fernando Meirelles, racconta la vita quotidiana in una delle 763 favelas brasiliane, dove il traffico di cocaina, gli omicidi, la delinquenza giovanile, la corruzione della polizia minorile e le guerre tra clan sono all’ordine del giorno (molti dei clan sono formati da bambini).

La stragrande maggioranza dei personaggi del film erano proprio delle favelas, questa era una delle condizioni poste da uno dei leader della favela per filmare nella zona, e questo contribuisce anche a dare maggiore credibilità alla storia.



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Il film è narrato da Buscapé, un giovane che, nonostante sia destinato alla vita violenta delle favelas, grazie alla sua maturità e il suo amore per la fotografia riesce a stare lontano da quella vita.

Buscapé è un personaggio di fantasia o realtà?

Buscapé è un personaggio ispirato alla figura di Wilson Rodrigues, fotoreporter di un importante giornale di Rio de Janeiro.

Aveva iniziato lavorando come ragazzo delle consegne nello stesso giornale. Per coincidenza si è trovato immortalare con una serie di fotografie uno scontro tra clan rivali nella lotta per mantenere il potere nella zona, che aveva portato a migliaia di morti. La pubblicazione in diversi giornali di questo servizio fotografico gli ha cambiato la vita per sempre, permettendogli lontano dalla vita pericolosa delle favelas e diventando un evento di fotogiornalista.

La storia di Wilson Rodrigues può essere un esempio per molti giovani che vivono nelle favelas sognando un mondo migliore, permettendo loro di abbandonare l’insicurezza e la sofferenza e di credere in se stessi e in ciò che potrebbero essere in grado di fare, anche con pochi mezzi.

Wilson, da solo, con una macchina fotografica ha potuto vincere la propria lotta, abbandonando il degrado e potendosi esprimersi in ciò che amava di più: la fotografia.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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