Ieri era la Giornata della Felicità e col World Happiness Report, pubblicato alle Nazioni Unite, si sono voluti indicare al mondo i «Paesi più felici», gli esempi, quelli da prendere a modello. La classifica della felicità internazionale, elaborata sulla base di fattori quali diseguaglianze, trasparenza della pubblica amministrazione e politiche sociali, ha visto prevalere la Norvegia sulla Danimarca, che invece lo scorso anno primeggiava. Lontana, solo quarantanovesima, l’Italia. Per fortuna, viene da aggiungere. Sì perché, dovete sapere, vi sono lati oscuri dei Paesi più felici – Norvegia e Danimarca, soprattutto – stranamente non considerati alle Nazioni Unite. Quali?
I suicidi per esempio. Il tasso di suicidio, espressione del numero annuo, ogni 100.000 abitanti, di persone che la fanno finita ogni, vede le progreditissime Norvegia (11.9) e la Danimarca (11,3) distanziare alla grande la nostra Italia (6,7). Un male? Non si direbbe. Allo stesso modo non si capisce cosa abbia l’Italia da imparare dalla Norvegia, dato che da noi la percentuale di donne che ha subito stupri o tentati stupri è del 5,4%, mentre nel Paese più felice del mondo il 10% della popolazione femminile ha subito uno stupro almeno una volta nella vita e appena l’11% delle vittime lo denuncia (cfr. NKVTS – Vold og voldtekt i Norge En nasjonal forekomststudie av vold i et livsløpsperspektiv – 2014).
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Anche in Danimarca, fino allo scorso anno primatista della felicità mondiale come si diceva poc’anzi, v’è poco da stare allegri se si pensa che al 52% donne che racconta d’avere subìto violenza fisica o sessuale dall’età dei 15 anni, mentre quella stessa percentuale nella retrograda Italia è del 27% (cfr. Violence against women: an EU-wide survey, © European Union Agency for Fundamental Rights – 2014). Non solo: nella felicissima Danimarca, pare si alzi non poco il gomito, dato che il consumo alcolico pro capite è mediamente pari a 11.4 litri, ben più della Norvegia (7.7) e naturalmente dell’arretratissima Italia (6.7) (cfr. Global status report on alcohol and health, © World Health Organization – 2014).
Ora, con le comparazioni si potrebbe continuare, non fosse già chiaro che i due Paesi «più felici al mondo», Norvegia e Danimarca, al di là di una pubblica amministrazione trasparente e di politiche sociali, hanno maree di problemi su aspetti in cui nostro Paese, pur coi guai che ha, pare messo assai meglio. Ma qui il punto, chiaramente, non è insinuare che l’Italia sia il Paradiso (non lo è affatto, purtroppo), ma più che altro quello della singolarità di valutazioni che trasformano Paesi con tassi di suicidio non bassi, enorme diffusione di violenza sessuale e consumi di alcolici non esemplari come dei modelli internazionali. Non sarebbe il caso di stilare classifiche più prudenti? Sempre che alle Nazioni Unite non tifino per un mondo babelico: in quel caso va tutto bene, si fa per dire.