È la prima volta che un vescovo accredita l’idea di un complotto, di pressioni e di un ricatto dietro la rinuncia di Benedetto XVI, lasciando intendere senza tanti giri di parole che Papa Ratzinger non se n’è andato di sua spontanea volontà. Una tesi finora circolata in certe ricostruzioni mediatiche, corroborata e sostenuta da chi non si rassegna al fatto che l’ex Pontefice tedesco non sia più sul trono e che il ministero petrino sia passato sulle spalle del suo legittimo successore. Luigi Negri, 75 anni, arcivescovo uscente di Ferrara, è anche autore di saggi sulla storia della Chiesa e per questo le sue incandescenti dichiarazioni sono destinate a far rumore.
Il prelato ha rilasciato un’intervista al giornale online Riminiduepuntozero. Ha tenuto a ricordare e ribadire, come già aveva fatto nei mesi scorsi durante un incontro pubblico a Milano, il suo rapporto di «forte amicizia» con Benedetto XVI, raccontando di averlo visitato diverse volte, anche di recente. «In questi ultimi quattro anni ho incontrato diverse volte Benedetto XVI. È stato lui a chiedermi di guidare la diocesi di Ferrara, perché molto preoccupato della situazione in cui versava la diocesi. Con Benedetto è nato un rapporto di forte amicizia. Mi sono sempre rivolto a lui nei momenti più importanti per discutere delle scelte da fare e non mi ha mai negato il suo parere, sempre in spirito di amicizia».
Alla domanda successiva, l’intervistatore chiede quale idea si sia fatto Negri sulla rinuncia al papato. Ecco che cosa risponde l’arcivescovo emerito di Ferrara: «Si è trattato di un gesto inaudito. Negli ultimi incontri l’ho visto infragilito fisicamente, ma lucidissimo nel pensiero. Ho poca conoscenza – per fortuna – dei fatti della Curia romana, ma sono certo che un giorno emergeranno gravi responsabilità dentro e fuori il Vaticano. Benedetto XVI ha subito pressioni enormi. Non è un caso che in America, anche sulla base di ciò che è stato pubblicato da Wikileaks, alcuni gruppi di cattolici abbiano chiesto al presidente Trump di aprire una commissione d’inchiesta per indagare se l’amministrazione di Barack Obama abbia esercitato pressioni su Benedetto. Resta per ora un mistero gravissimo, ma sono certo che le responsabilità verranno fuori. Si avvicina la mia personale “fine del mondo” e la prima domanda che rivolgerò a San Pietro sarà proprio su questa vicenda».
Negri è dunque «certo» che Benedetto abbia lasciato perché sottoposto a fortissime pressioni e che vi siano persone responsabili di quella sua scelta, evidentemente considerata dall’arcivescovo non libera. Esattamente come ripetono i complottisti, i quali vedono proprio in queste pressioni un condizionamento che renderebbe invalida la rinuncia stessa. È ciò che permette a una galassia di gruppi e gruppuscoli pseudo-tradizionalisti di considerare ancora Ratzinger come il «vero Papa», anche se a queste conseguenze l’arcivescovo di Ferrara, nell’intervista citata, non arriva.
Questa lettura dei fatti finisce dunque col presentare il Papa emerito come succube di pressioni e incapace di resistere a queste stesse pressioni. Nel libro-intervista «Ultime conversazioni» con Peter Seewald, il giornalista tedesco aveva posto a Ratzinger una domanda esplicita sui giornali che parlano di «ricatto e cospirazione». «Sono tutte assurdità», aveva risposto perentoriamente il Papa emerito «lucidissimo nel pensiero», derubricando a fanta-thriller queste elucubrazioni. «Devo dire – aveva aggiunto – che il fatto che un uomo, per qualsivoglia ragione, si sia immaginato di dover provocare uno scandalo per purificare la Chiesa è una vicenda insignificante. Ma nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato la difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare tranquillamente il timone a chi viene dopo».
Da notare come Benedetto XVI tenga a sottolineare quanto segue: «Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione». Dopo l’uscita del libro-intervista, come pure del colloquio che conclude il bel libro biografico curato da Elio Guerriero, che oltre a spiegare le motivazioni della rinuncia contiene anche parole di apprezzamento per il successore, i teorici del complotto hanno reagito di fatto dando a Ratzinger del bugiardo: si sarebbe dimesso perché sotto pressione e sotto ricatto, ma ovviamente non sarebbe in grado di confermarlo, e anzi sarebbe costretto a dire pubblicamente il contrario.
Questo fanta-thriller va di pari passo con altre affermazioni per certi versi ancora più gravi, le teorie sul «papato condiviso» e sul «ministero petrino» in co-gestione. Teorie che negli ultimi anni hanno annoverato alcuni sostenitori, mettendo in discussione, questa volta per davvero, la tradizione della Chiesa e la sua divina costituzione. Resta aperta la domanda su quanto alcune scelte personali, e mai codificate per iscritto, fatte da Benedetto XVI – come quella di mantenere l’abito bianco e il nome papale, come pure la scelta della figura dell’emeritato – abbiano involontariamente alimentato i seguaci della teoria dei due Papi poi degenerata nella teoria del Papa rinunciatario perché sotto ricatto. Come pure resta aperta la domanda su quei visitatori che recandosi di frequente a trovare Benedetto fanno poi uso di queste entrature per affermare l’esatto opposto di quel che lo stesso Ratzinger ha detto pubblicamente.