Da un decennio in Ciad, dove la metà della popolazione è musulmana e l’altra metà si divide tra la religione tradizionale e il cristianesimo, ogni anno il 28 novembre si celebra una giornata di coabitazione pacifica. «È un evento importante – racconta padre Fernando García Rodríguez, missionario saveriano – perché religioni differenti si incontrano per ricordare a tutti che si può vivere nel rispetto reciproco in maniera pacifica e aiutare così a costruire il Paese». Fin qui l’aspetto ufficiale, poi c’è l’ordinarietà, la vita di tutti i giorni. «Cerchiamo di collaborare insieme. Nelle scuole che gestiamo i ragazzi cristiani e musulmani studiano, giocano e si divertono insieme. Prepariamo il domani. Ognuno, nella propria identità e nel rispetto dell’altro, edifica una società più giusta e fraterna».
Tra i tanti bisogni della nazione, padre Fernando ne sottolinea uno in particolare: la formazione di una coscienza del bene comune. «In ogni persona c’è la tendenza all’egoismo. Questo si vede molto nel fenomeno della corruzione, nell’accumulare per sé, nell’ingiustizia, nella mentalità che il pesce più grande mangia il più piccolo… Per educare a essere cittadini ci vuole un cambio di mentalità che apra all’altro, alla condivisione, al rispetto dei più deboli, a interessarsi per il bene comune… Quando si cresce con questa visione, rendere la vita più umana e più degna è molto più facile».
In questi anni ha imparato, pur nella difficoltà, a comprendere che «il mondo è una famiglia, la famiglia di Dio. Siamo tutti fratelli e sorelle. Non c’è differenza fra un popolo e l’altro. Abbiamo il compito di fare di questo mondo il sogno voluto da Dio. L’altro è una parte di me stesso». Il sacerdote spagnolo conosce bene la terra nella quale, ancora in formazione, è arrivato per la prima volta nel 1987 con il desiderio di «annunciare il Vangelo oltre le frontiere e cambiare il mondo». Dopo l’ordinazione presbiterale (1990), è tornato in Spagna fino al 1997, anno in cui è stato destinato alla diocesi di Pala, nella zona di Gounou-Gaya. «La missione è un dono di Dio. Ho dato la mia disponibilità al Signore. Il resto è lui che lo fa. Non sono io il protagonista, sono il mezzo per il quale Dio vuol farsi presente e vicino e vuole camminare, amare, riconciliare e dialogare… Dio realizza il suo sogno con la nostra disponibilità».
Dal gennaio 2016 segue le cinque comunità saveriane che si trovano in Camerun e le quattro del Ciad. In tutto sono 35 confratelli nel campo pastorale missionario e 35 giovani studenti dalla Filosofia fino alla Teologia. In Ciad i Saveriani sono inseriti nelle diocesi di Pala e N’Djamena e partecipano «pienamente ai due progetti pastorali diocesani. Ci sono due priorità: l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo e la promozione umana. Annunciare il Vangelo vuol dire proclamare con parole e gesti che il regno di Dio è già in mezzo a noi. Bisogna accompagnare le nuove comunità cristiane soprattutto attraverso la formazione (dei catechisti, dei responsabili delle comunità ecclesiali di base…) e la presenza continua accanto a questo popolo che il Signore ci ha affidato». E poi c’è tutta la parte che interessa lo sviluppo per «ridare dignità a questi fratelli e sorelle con i quali condividiamo la vita».
I settori principali sono molteplici: si va dall’educazione (elementare, media e superiore) alla sanità con i dispensari. Ai Saveriani è stata affidata la direzione della radio «Terre Nouvelle», «una radio al servizio dello sviluppo, della promozione della giustizia, della pace, del bene comune, della valorizzazione delle culture locali e dell’interculturalità». La missione è fatta anche di bisogni reali: le moto e le biciclette non sempre bastano. Da questo punto di vista lamentano la mancanza di due pick-up, perché senza l’ausilio di macchine robuste e solide non sarebbe possibile percorrere le strade sterrate nei villaggi più sperduti e resistere alle avarie meccaniche in territori dove per trovare un meccanico bisogna aspettare 80 km. Del resto la Buona Notizia ha bisogno anche di strumenti tecnici per raggiungere i più lontani.