L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby è «entusiasta» del viaggio che si sta pianificando con Papa Francesco in Sud Sudan. L’organizzazione della visita «sta andando avanti» ma al momento «non abbiamo dettagli sulla logistica e sui tempi in quanto tutto deve essere ancora elaborato». Lo dice all’agenzia Sir Ruth Mawhinney, responsabile dell’ufficio comunicazione dell’arcivescovo di Canterbury, riguardo l’annuncio dato domenica scorsa da Papa Francesco circa il viaggio nel martoriato Paese africano che è attualmente allo studio con Justin Welby su invito delle Chiese cristiane del posto.
L’arcivescovo di Canterbury è appena rientrato da un viaggio di una settimana in Burundi, Congo, Rwanda e Kenya e il 20 febbraio è tornato a parlare della drammatica situazione in Sud Sudan. «Siamo ben consapevoli – dice – della disastrosa situazione che un milione di sud sudanesi sta vivendo. Le Nazioni Unite e il governo stimano che sono 100mila le persone che soffrono la fame e più di 1 milione che si trovano sull’orlo della carestia».
Justin Welby riferisce alcuni “numeri” della tragedia che si sta vivendo nel Paese. «Milioni di persone sono state sfollate dalle loro case e comunità a causa delle violenze in corso. Solo nelle ultime tre settimane più di 50mila persone sono fuggite da Kajo Keji per il Nord dell’Uganda in seguito all’intensificazione dei combattimenti. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati dice che 1,5 milioni di rifugiati sud sudanesi hanno ormai abbandonato il Paese e che si tratta della più grande crisi dei rifugiati in Africa e della terza più grande al mondo».
«Noi – dice Welby – siamo in preghiera al fianco del popolo del Sud Sudan e dei loro leader, specialmente di coloro che nella Chiesa stanno fornendo aiuto fisico e spirituale. Preghiamo per chi opera sul campo e per chi sta portando aiuti umanitari». A questo proposito, Welby chiede «l’apertura di corridoi umanitari» che possano consentire l’arrivo di aiuto a chi «ne ha disperatamente bisogno». Profonda è la gratitudine che l’arcivescovo di Canterbury esprime per quanto sta facendo il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan e la Chiesa episcopale, per il loro «impegno ecumenico» a lavorare «insieme per garantire che gli aiuti raggiungano le persone giuste».
Ricordando poi la sua visita in Africa e nei Paesi vicini, l’arcivescovo aggiunge: «Ho visto in prima persona le conseguenze del grande numero di rifugiati che tentano di attraversare le frontiere per trovare la sicurezza, e la crisi in cui versano i Paesi confinanti e il Sud Sudan. Ho anche parlato con i leader della Chiesa anglicana e delle altre Chiese dell’urgente necessità di un “cessate-il-fuoco” nel Sud Sudan. Chiedo di unirvi a me nella preghiera per la pace, per la sicurezza, per il sollievo di questo popolo, e perché lo Spirito Santo conforti coloro più che ne hanno bisogno».