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Usa, la solidarietà tra musulmani ed ebrei che parla al mondo

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Vatican Insider - pubblicato il 27/02/17
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L’America non si rassegna ad antisemitismo e odio. E secondo alcuni osservatori la reazione inter-religiosa, soprattutto agli esecrabili e ripetuti episodi di devastazione di cimiteri ebraici, potrebbe essere un segnale, la cui eco in pochi giorni già travalica i confini degli Stati Uniti.  

È successo infatti che pochi giorni fa, dopo aver appreso della devastazione del cimitero ebraico di Saint Louis, nel Missouri, 2milacinquecento cittadini di ogni appartenenza religiosa si sono recati sul posto per aiutare a pulire e riparare, poi hanno partecipato a una veglia inter-religiosa. Di lì a breve, sotto il titolo «Muslim Unite», è stata lanciata una raccolta fondi per contribuire ai lavori di pulizia, recupero e riordino. L’hashtag utilizzato per lanciare la campagna è «riposino in pace». L’obiettivo dei promotori era quello di raccogliere 20mila dollari. «Non c’è posto per quest’odio, questa dissacrazione e questa violenza in America». «Un grande gesto», hanno risposto le autorità ebraiche di Saint Louis. E le voci dei giovani raggiunti da alcuni quotidiani americani hanno confermato la valutazione. 

Già nel pomeriggio di quello stesso 21 febbraio i promotori hanno annunciato: «Siamo felicissimi di aver raggiunto il nostro obiettivo in tre ore. Proseguiamo! Ogni ulteriore donazione sarà devoluta in favore di altri cimiteri ebraici vandalizzati».  

Il 22 febbraio i promotori hanno annunciato di aver raccolto 80mila dollari, a una media di 1000 dollari ogni venti minuti. Aggiungendo: «Intanto apprendiamo di un altro storico cimitero ebraico vandalizzato, nel Colorado, che possiamo aiutare».  

Il 26 febbraio è arrivato un altro aggiornamento: «Apprendiamo di un altro cimitero ebraico vandalizzato, questa volta a Filadelfia. Li stiamo contattando per offrire loro il nostro aiuto».  

È stato il gravissimo episodio di Filadelfia a far scattare l’allarme anche nelle istituzioni governative americane, che venivano fermamente invitate già dai primi giorni successivi all’insediamento del presidente Trump a denunciare questo inquietante ritorno di antisemitismo, reso evidente e inquietante anche da tantissime minacce contro istituzione ebraiche.  

La sottoscrizione Muslim Unite oggi ha raggiunto 133mila dollari di sottoscrizione e più di 4400 donatori. E la raccolta fondi, ovviamente, continua, come stabilito all’inizio fino al 21 marzo.  

Tutto questo si inserisce in un contesto americano davvero allarmante, con i gruppi che incitano all’odio in costante crescita; quindi Muslim Unite risulta una reazione sorprendente per alcuni (meno per altri), che sottolineano una realtà americana diffusa, come dimostra l’impegno di numerose organizzazioni espressione della cultura ebraica, come l’Anne Frank Center, contro il cosiddetto «muslim ban». Ma la vicenda della sottoscrizione islamica in favore dei cimiteri ebraici ha indubbiamente richiamato l’attenzione di molti media, e non soltanto in America. Per esempio in queste ore ne ha parlato la televisione satellitare araba al Jazeera, la quale dandone conto ha ritenuto giusto allargare il suo resoconto e ricordare che poco tempo fa, «dopo l’incendio di una moschea nel Texas, gli americani hanno raccolto un milione di dollari per ripararla. E la comunità ebraica locale ha offerto la sinagoga ai fedeli colpiti, affinché potessero recarvisi per pregare». 

Sulla raccolta fondi Muslim Unite e la speranza di alcuni che questi atti esecrabili possano far crescere una solidarietà umana senza barriere, ci ha detto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio: «Si tratta di gesti di solidarietà che indicano una rivolta silenziosa ma fattiva alla politica dell’odio, della separazione delle comunità, ma soprattutto all’idea che esista uno scontro di civiltà. Sono gesti che dimostrano come anni di dialogo e di incontro abbiano creato novità anche negli Stati Uniti d’America. È la risposta a chi dice che il dialogo e l’incontro non servono, non danno risultati. Bisogna invece scavare nel profondo, perché siamo destinati a vivere insieme, e dobbiamo farlo nel migliore dei modi possibili».  

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