Papa Francesco ha ricevuto in udienza il segretario dell’Ecclesia Dei. La Santa Sede attende da Fellay una firma sulla nuova dichiarazione dottrinale. Le voci sulla possibile nuova sede romanaA piccoli passi verso l’accordo. Continua senza fretta il cammino che dovrebbe portare nel giro di alcuni mesi la Fraternità San Pio X fondata dal vescovo Marcel Lefebvre nuovamente nella piena comunione della Chiesa cattolica dopo la rottura del 1988. Il segretario della pontificia commissione Ecclesia Dei, Guido Pozzo, è stato ricevuto in udienza dal Papa questa mattina, 27 febbraio 2017. Negli ultimi giorni si sono diffuse diverse indiscrezioni sulla possibilità che la Fraternità possa acquistare uno stabile con annessa chiesa dove trasferire la propria sede a Roma e si è parlato del complesso di Santa Maria Immacolata all’Esquilino, a poca distanza dal Laterano.
Il complesso è composto da una chiesa neogotica costruita nei primi del Novecento, edificata per i Frati della carità (detti “Frati bigi”) e da un edificio già adibito in passato a scuola elementare e media, oggi di proprietà di un ordine religioso. Si è detto che Francesco e la commissione Ecclesia Dei avrebbero propiziato l’acquisto. In realtà ciò non è avvenuto: l’Ecclesia Dei non è stata in alcun modo coinvolta, come pure non è stato coinvolto il Vicariato di Roma. La proprietà dell’istituto è infatti separata da quella della chiesa dell’Immacolata: quest’ultima, dove viene regolarmente celebrata la messa, è una rettoria del Vicariato e ha annesso soltanto un appartamento per l’alloggio del rettore. Da tempo i lefebvriani si stanno interessando per l’acquisto di una sede a Roma. L’ordine che lo possiede dovrà ottenere il nulla osta per la vendita dalla Congregazione per i religiosi. E nel caso l’acquisizione avvenisse, per quanto riguarda l’eventuale uso della chiesa ci si dovrà rivolgere alla diocesi di Roma, che ne è proprietaria.
L’accordo, con l’istituzione di una Prelatura personale simile a quella concessa negli anni Ottanta all’Opus Dei, non è ancora dietro l’angolo. Da quasi un anno la Santa Sede sta attendendo che il superiore della Fraternità San Pio X, il vescovo Bernard Fellay, firmi la nuova dichiarazione dottrinale. Passo necessario prima di definire qualsiasi forma giuridica. Come si ricorderà la trattativa nel 2012 si arenò proprio sulla dichiarazione dottrinale. Il testo che è stato ora sottoposto risulta più sintetico rispetto a quello del 2012. Come ha spiegato il vescovo Pozzo in alcune interviste, mentre il primo documento cercava di risolvere ogni contenzioso e di chiarire ogni punto in sospeso, la nuova dichiarazione si limita a chiedere ai lefebvriani soltanto ciò che è necessario per essere cattolici, lasciando a future discussioni dopo la piena comunione tutto il resto.
In pratica, il nuovo testo propone la «Professio fidei», la professione di fede; l’accettazione del primato del Papa e della collegialità episcopale secondo quanto espresso in «Lumen gentium» (costituzione conciliare); la definizione del rapporto tra tradizione e magistero; il riconoscimento della validità dei sacramenti celebrati con il rito successivo alla riforma post-conciliare e infine l’accettazione del Concilio Vaticano II letto alla luce della tradizione della Chiesa. Non si parla invece di ecumenismo, di dialogo con le altre religioni né di libertà religiosa: temi sui quali, com’è noto, la Fraternità continua a manifestare molte obiezioni e contrarietà rispetto al cammino della Chiesa cattolica nell’ultimo mezzo secolo.
Ad oggi monsignor Fellay non ha ancora sottoscritto il documento. Ma la Santa Sede non ha fretta. Sa che il processo è lungo e che anche il superiore deve avere il tempo di spiegare e di far accettare l’accordo all’interno della Fraternità. Soltanto dopo che sarà firmata la dichiarazione dottrinale, si inizierà l’esame degli statuti interni per arrivare alla Costituzione apostolica che erige la nuova Prelatura personale, e poi al regolamento che scenderà nei particolari della sua organizzazione. Ciò che i lefebvriani chiedono è di poter rimanere se stessi. E su questo hanno ricevuto rassicurazioni sia dal Papa che dalla commissione Ecclesia Dei.
Ci vorrà anche il tempo necessario, una volta che in dirittura d’arrivo, per coinvolgere le conferenze episcopali dei Paesi più direttamente interessati al fenomeno, che dovranno essere debitamente informate del cammino percorso e della soluzione giuridica scelta per arrivare alla piena comunione.