Non una, ma due volte Papa Francesco ha incontrato i vescovi del Cile. Dopo la lunga visita ad limina di lunedì scorso, ieri pomeriggio si è svolta una seconda udienza dai toni decisamente più informali alla presenza di sette capi Dicastero della Curia romana: i cardinali Parolin, Ouellet, Muller, Farrell, Stella, Versaldi, Braz de Aviz. Con loro anche monsignor Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, e monsignor Montanari, segretario della Congregazione per i vescovi.
Un fatto «inedito» – come osservano gli stessi presuli cileni in un comunicato – dal momento che la visita che ogni Conferenza Episcopale è tenuta a svolgere ogni cinque anni al Successore di Pietro, secondo quanto previsto dal Codice di Diritto Canonico, e quella successiva ai presidenti e prefetti dei dicasteri, si esauriva in un giorno soltanto.
«Il Papa sta cercando di svolgere le visite ad limina in modi più efficaci e utili per tutti, differenti dal modello “standard”», spiegano dalla direzione della Sala Stampa vaticana, sottolineando l’aspetto di novità.
Come lunedì, anche il secondo incontro si è svolto in un clima di «grande profondità e sincerità», come ha riferito il cardinale Ricardo Ezzati, arcivescovo di Santiago del Cile. «Abbiamo vissuto una esperienza positiva di comunione con il Santo Padre, di dialogo sui problemi e sulle cose buone che stanno succedendo nella Chiesa in Cile». Il colloquio è stato «cordiale, sincero, profondo», ha rimarcato Ezzati, ed ha aperto «prospettive di rinnovamento per la Chiesa universale e anche per la Chiesa dell’America latina, il Cile in particolare».
Tra un caffè e una foto scattata con il Papa ognuno sul proprio cellulare, sono stati affrontati diversi temi, anche spinosi, come ad esempio i «delitti canonici dei sacerdoti» e gli altri scandali di pedofilia e abusi nella Chiesa, il grosso calo delle vocazioni o il ruolo delle scuole cattoliche nell’ambito della riforma della educazione cilena. Su queste problematiche non ci si è persi in chiacchiere, ma, ha spiegato l’arcivescovo di Santiago, «si è parlato da una prospettiva molto alta, cercando quelle che sono le dinamiche per far crescere la nostra Chiesa».
Ai cardinali, i presuli hanno poi manifestato le loro preoccupazioni – già espresse nel colloquio con il Pontefice del 20 febbraio – su alcune leggi in vigore o in fase di discussione riguardo ad aborto, matrimoni omosessuali, progetti gender. «Non ci sarebbe stata una riunione della Conferenza Episcopale del Cile, se non avessimo toccato questi argomenti specifici che toccano la vita del nostro paese», ha chiarito Ezzati. E ha aggiunto: «Naturalmente in quest’ambito ciò che è stato maggiormente evidenziato, da un lato, è la capacità profetica di annunciare la verità di Gesù Cristo e, dall’altro, la capacità pedagogica di ascoltare, dialogare e comprendere» in modo da orientare il paese al «bene comune».
Circa la formazione del clero, il futuro dei preti, i vescovi hanno fatto riferimento al recente documento della Congregazione per il Clero sui nuovi orientamenti per la formazione dei sacerdoti, dicendo: «Ora tocca a noi tradurre questi orientamenti alla realtà cilena. In questo è coinvolta la Conferenza episcopale come pure ogni seminario». Mentre sulla situazione delle popolazioni mapuche, il cardinale Ezzati ha riferito che «una delle principali indicazioni che ci ha lasciato il Santo Padre è di avere una grande sensibilità verso i popoli originari, per comprendere la loro identità e accompagnarli nella ricerca del riconoscimento dei loro diritti».
In generale, ha detto l’arcivescovo, «è stato un momento di grande, grandissima semplicità e fraternità. Nei 21 anni come vescovo ho partecipato a numerose visite ad limina, ma questa è stata sicuramente la visita più vicina, più sinodale, come piace dire al Papa».