Dal 15 maggio al 23 luglio si terrà a Roma, al Museo Ebraico situato sotto la Grande Sinagoga, e il Braccio di Carlo Magno dei Musei Vaticani, una mostra di grande interesse storico, artistico e interreligioso. Saranno esibiti quadri, sculture, incisioni, illustrazioni, reperti archeologici e letterari sul tema della Menorah, il candelabro a sette braccia diventato simbolo universale dell’ebraismo, nonché dei rapporti tra cristianesimo ed ebraismo.
Era presente all’annuncio dell’inaugurazione un folto drappello di personalità sia del Vaticano che della comunità ebraica, tra cui il cardinale Kurt Koch, presidente della Pontificia Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo; il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato del Vaticano; Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma; Barbara Jatta e Alessandra Di Castro, rispettivamente direttrici dei Musei Vaticani e del Museo Ebraico di Roma; e lo storico Francesco Leone, co-organizzatore della mostra, tutti a rappresentare l’eccezionale aspetto inter-religioso di questa iniziativa.
Koch ha ricordato che «per la prima volta ha luogo una così stretta collaborazione, che si svolge nella Sinagoga che ospitò le storiche visite di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, segni dei crescenti e fiorenti rapporti tra il cattolicesimo e l’ebraismo». Ha continuato citando la frase pronunciata da papa Francesco durante la visita che ebbe luogo a gennaio 2016, e cioè che «l’ebraismo e la cristianità appartengono ad una sola famiglia».
Saranno circa 130 le opere d’arte esposte al Museo Ebraico e in numero uguale nell’Ala Carlo Magno del Vaticano.
Nella Bibbia, nel libro dell’Esodo, è scritto che la Menorah originale fu costruita da Mosè in oro puro, così come aveva ordinato il Signore. La Menorah originale, o forse una seconda che fu ricostruita a seguito della distruzione del Primo Tempio ad opera dei Babilonesi nel 586 a.C., fu portata a Roma nel 70 d.C. assieme ad altri trofei di guerra dopo la vittoria di Roma su Gerusalemme. A testimoniare l’evento troviamo infatti un famoso bassorilievo del primo secolo scolpito nell’«Arco di Tito» nel «Foro Romano», intitolato proprio «Le Spoglie di Gerusalemme». Nella scena, la Menorah e altri oggetti sacri del Secondo Tempio vengono fatti sfilare a Roma assieme ai prigionieri ebrei, in una processione trionfale.
Dove si trovi oggi questo oggetto d’arte sacro e di grande significato religioso e culturale è un mistero che ha dato luogo ai più fantasiosi miti, favole e leggende – e anche a opere d’arte e di letteratura. La Menorah scomparì definitivamente durante il «Sacco di Roma», nel 455.
Tra le miriadi di storie e congetture riguardanti il luogo dove possa essere oggi, ce n’è una che racconta con insistenza che sia nascosta da qualche parte in Vaticano. Nel 1996 il ministro per gli Affari religiosi di Israele, Shimon Shetreet, chiese a papa Giovanni Paolo II di investigare, perchè «alcuni indizi dicono che si trovi a Roma», disse. Non venne fuori nulla, ma la leggenda che racconta che si trovi in un luogo segreto del Vaticano è dura a morire. A proposito, il rabbino Di Segni ha commentato, sorridendo: «Non penso che si trovi lì (o almeno lo spero!); più probabilmente, potrebbe essere stata riportata a Gerusalemme e sepolta nei dintorni».
Il potere della Menorah di evocare leggende va di pari passo con il suo forte significato simbolico che unisce l’ebraismo e la cristianità. «È il logo dell’ebraismo e dell’identità religiosa e culturale ebraica», ha detto il Rabbino Capo di Roma, «ma anche un antico simbolo mistico, una metafora della luce divina che illumina il mondo e molti altri significati». È anche il simbolo dello Stato Ebraico sin dalla sua nascita.
I curatori della mostra raccontano che nel periodo di Roma imperiale, la Menorah divenne definitivamente il simbolo dell’ebraismo, proprio mentre prendevano forma i simboli della cristianità. «Da allora, essendo diventato l’emblema dell’ebraismo, l’evocazione tangibile della luce divina, dell’ordine cosmico della creazione dell’antica alleanza, simbolo del cespuglio rovente, dell’albero della vita, o testimonianza dello Shabbat biblico, la Menorah è rappresentata ovunque, in Oriente e in Occidente. Si trova nelle catacombe ebraiche, nei sarcofaghi, sulle lapidi, incisa sui muri, nelle monete, nelle decorazioni dorate sui vetri, sui calici e sui gioielli, e – ovviamente – nelle sinagoghe».
È stata anche fonte d’ispirazione per molte opere d’arte cristiane, e usata liturgicamente in numerose chiese. Una Menorah immensa decora il duomo di Milano, mentre altre sono presenti nel santuario di Mentorella, nel duomo di Prato, nel duomo di Pistoia, ecc. Altre bellissime e storiche Menorah del mondo sono giunte a Roma per l’occasione della mostra, come per esempio quella di Palma di Maiorca.
La mostra si divide in tre sezioni. La prima, «Visualizzare la Menorah: la Menorah nel Tempio e nell’Arte Ebraica – iconografia e simbolismo: la Menorah nell’arte antica, da Gerusalemme a Roma», ricostruisce la storia della Menorah dalla sua antica presenza nel Tempio di Gerusalemme sino alla sua scomparsa da Roma. La seconda sezione è divisa in quattro parti, che seguono il mito della Menorah nel tempo e nello spazio, dall’antichità al XX secolo. Il visitatore scoprirà come ha permeato il cristianesimo, che la fece propria per la creazione di candelabri cerimoniali, ma anche come è stata utilizzata come potente simbolo unificante della cultura e dell’identità ebraica nel mondo. La terza sezione è intitolata «Dal dopoguerra al 21esimo secolo», e contiene importanti opere d’arte da Marc Chagall a Giulio Romano, da Andrea Sacchi a Nicolas Poussin, oltre a capolavori della letteratura, tra cui «Il Candelabro Sepolto» di Stefan Zweig.
Una squadra di giovani esperti guidata da Arnold Nesselrath (delegato del dipartimento scientifico e del laboratorio di restauro dei Musei Vaticani), da Alessandra Di Castro (direttore del Museo Ebraico di Roma), e da Francesco Leone (professore di Storia dell’Arte contemporanea all’Università G. D’annunzio di Chieti-Pescara) hanno lavorato al progetto per tre anni e mezzo, riuscendo a convincere importanti musei internazionali a prestare alcune delle loro opere più preziose per l’occasione. Oltre agli oggetti dei Musei Vaticani e del Museo Ebraico di Roma, troviamo infatti lavori provenienti dal Louvre di Parigi, dalla National Gallery di Londra, dal Museo israeliano e dalla Biblioteca nazionale israeliana di Gerusalemme, dal Kunsthistorisches Museum e dall’Albertina di Vienna, dal Franz Hals Museum di Haarlem, dal Museo Sefardita di Toledo, dalla Veneranda Libreria ambrosiana di Milano, dai Musei ebraici di Padova, Firenze, Napoli e Casale Monferrato, dal Museo archeologico di Napoli, dalla Libreria Palatina di Parma e dalla «Fabbrica di Pietre Dure» di Firenze. Tra le opere più rare e preziose ricordiamo il bassorilievo in pietra del primo secolo dell’antica sinagoga di Magdala in Galilea, scoperto appena pochi anni or sono, rari oggetti di vetro decorati in oro, la Bibbia di San Paolo risalente all’epoca Carolingia, e altro ancora.
*Rappresentante dell’Ajc – American Jewish Committee in Italia e di collegamento presso la Santa Sede