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Suor Jean, la 97enne ‘cappellana’ della squadra di basket dei Loyola

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Greg Kandra - pubblicato il 22/02/17
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La Loyola University aveva preparato un video in occasione del suo 96esimo compleanno, ritenendolo probabilmente l’ultimo, ma a 97 anni lei si sente ancora forte.

C’è qualcosa di straordinario in tutto ciò:

Immaginate una donna di 97 anni, alta poco più di un metro e 50, insieme a un gruppo di giocatori di basket della Prima Divisione. Indossa una felpa della Loyola University Chicago e una sciarpa oro e marrone. Anche le sue Nike ripropongono i colori della scuola, e guardando da vicino noterete la scritta “Suor”, cucita sul tallone sinistro, e “Jean” su quello destro.

“Dio buono e misericordioso“, dice all’inizio della preghiera, prima di ogni partita. I giocatori chinano il capo e alcuni di loro chiudono gli occhi. Si abbracciano, toccando le mani le spalle dei giocatori vicini. Suor Jean punta ai fianchi, ovviamente. E raccomanda di tenere gli occhi puntati sui giocatori numero 3, 5, 13, 23 e 24 della squadra avversaria.

“Non lasciatevi innervosire dagli arbitri”, continua. “Alzate le mani, in modo che nessuno pensi che avete commesso un fallo. Se qualcuno cade a terra… ignoratelo”. I giocatori sorridono. ”Dio buono e misericordioso… Regalaci una sonora vittoria!”

Suor Jean Dolores Schmidt è la cappellana della squadra maschile di basket della Loyola, una scuola Gesuita lungo il Lago Michigan, nella parte settentrionale di Chicago. Suor Jean, così la chiamano, è la tifosa più fedele della squadra, e nel campus è una vera e propria celebrità. Ha partecipato a tutte le partite giocate in casa  – forse ne ha saltate soltanto due – da quando è diventata cappellana, nel 1994, dopo essere andata in pensione (prima insegnava nella stessa scuola).

Nella Gentile Arena Suor Jean non può fare più di 3 metri senza che qualcuno le dica “ciao”. Lo scorso mese il suo nome è stato inserito nella Loyola Athletics Hall of Fame e tutti, tra tifosi e dirigenti, le fanno i complimenti quando la incontrano. Ha ricevuto il premio (una targa) dopo il primo tempo di una partita, e lei l’ha subito fatto vedere ad un gruppo di studenti entusiasti.

“Mi sentivo come se avessi partecipato alle Olimpiadi, correndo attorno al campo con la bandiera americana”, dice con una risata.

Qui potete leggere tutta la storia.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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