Effetti di una rivoluzionedi Alberto Fabio Ambrosio
Forse è passato un poco inosservato un libro che merita invece attenzione. Marinella Perroni, docente di Nuovo Testamento nonché già presidente del Coordinamento teologhe italiane, ha raccolto una serie di contributi riguardanti il Gesù degli “Altri” (Brescia, Morcelliana, Morcelliana, 2016, pagine 160, euro 15) È certamente “rivoluzionario” cercare in casa d’altri quanto si può conoscere stando nel proprio campo. Eppure è questa uscita, questa grande “rivoluzione” che permette di riscoprire quanto Gesù sia importante per il cristiano. La curatrice del volume lo afferma senza indugi nell’introduzione che è un sicuro inizio di una cristologia “altra”: «La ricerca storica ci ha insegnato che si può, a volte perfino si deve, uscire dalla prospettiva di fede per capire di più e meglio. Ma si tratta di una sospensione, non di una rinuncia» (pagina 7). Parole forti che condivido pienamente tanto per impegno intellettuale che per esperienza di vita. Senza addentrarci in un approfondimento critico, il libro che contiene cinque contributi, si presta a un’ispirazione per ulteriori riflessioni teologiche e metodologiche. Così, dopo la chiara introduzione della curatrice, Piero Stefani mette bene in luce il perché di un certo silenzio o addirittura di un’ostilità aperta nei testi talmudici riguardanti Gesù.
Non bisogna mai dimenticare che un certo atteggiamento cristiano non è stato all’altezza dell’insegnamento dell’ebreo Gesù, anzi talvolta la pratica è stata contraria ai suoi principi. Gesù così come è descritto nei testi talmudici deve far riflettere sulla trasmissione della fede che non è solo un fatto cerebrale e intellettuale. I contributi di Ignazio de Franceschi dedicato al Gesù dell’islam nascente quanto a quello di Alberto Ventura tutto rivolto al Gesù del sufismo sfiorano la scottante problematica dell’identità di ‘Isâ-Gesù, soprattutto quando si sa che nel nome stesso (‘Isâ) è contenuta un’ambiguità linguistica di non poco conto. Afferma Alberto Ventura: «Tutto ciò che abbiamo detto ci dimostra in conclusione che i fedeli dell’islam non si sentono affatto “altri” rispetto alla figura del Cristo, perché considerano il loro Gesù come quello autentico e originale. Il “Gesù degli altri”, semmai, è per loro paradossalmente proprio quello dei cristiani» (pagina 119). Tanti sarebbero ancora i riferimenti a Gesù e a Maria nell’islam non solo di lingua araba, ma forse e soprattutto in lingua persiana e turca, come una lettera a Gesù scritta da un autore ottomano per lamentarsi dell’occupazione della capitale ottomana da parte delle truppe alleate considerate cristiane; o ancora di un inno di Maria opera di un autore turco del XII secolo, dedicato a un dialogo tra Maria e Gesù. Si impone quindi un’uscita dalle proprie convinzioni, dalle proprie pretese di possedere tutto del tutto che è Cristo. Sembra strano, anzi un po’ fantasioso, ma è proprio questa la prospettiva di Perroni che va sposata interamente, oggi, in una congiuntura geopolitica che rischia non solo di alzare palizzate, ma di creare ideologie politiche potenzialmente distruttive del nucleo sano di tutte le religioni. Questo processo è già stato celebrato in altri tempi come ci ricorda l’articolo — per molti versi inatteso — su un Gesù “induista” a cura di Sergio Manna. Gli induisti hanno conosciuto la figura di Gesù attraverso l’attività missionaria soprattutto protestante, ma talvolta gli atteggiamenti concreti dei colonialisti erano tutt’altro che riassumibili nei principi evangelici. Il famoso Swami Vivekananda (m. 1902), che introdusse in Occidente l’induismo, così parlava ai cristiani: «Lasciate che ve lo dica, fratelli. Se volete vivere tornate a Cristo. Voi non siete cristiani. No, come nazione non lo siete. Tornate a Cristo. Tornate a colui che non aveva dove posare la sua testa. Gli uccelli hanno i loro nidi… Se questa nazione vuole vivere ritorni a lui. Non potete servire Dio e mammona allo stesso tempo» (pagina 131). Il miracolo si compie allora quando, rileggendo il Gesù degli “altri”, si scopre che la loro percezione rivela quanto per noi è essenziale e, a quel punto, “gli altri” possono davvero ricordarci, richiamarci, stimolarci a diventare sempre più veri discepoli del Cristo Salvatore.