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Il Ku Klux Klan non riuscì a fermare questo sacerdote di Brooklyn

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Philip Kosloski - Aleteia inglese - pubblicato il 21/02/17
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Dopo che il suo orfanotrofio per bambini afroamericani venne dato alle fiamme, monsignor Quinn lo ricostruì con mattoni e calcestruzzoContinuando a commemorare il Mese della Storia Nera, occupiamoci di un sacerdote che contro il sentire dell’epoca fece tutto ciò che era in suo potere per combattere per l’uguaglianza razziale.

Oridnato nel 1912, padre Bernard J. Quinn approcciò il vescovo Charles Edward McDonnell della diocesi di Brooklyn e gli chiese di poter avviare un “apostolato per i neri”. Quinn vedeva che mentre la Chiesa era impegnata a far fronte alle necessità degli immigrati europei, la popolazione afroamericana veniva trascurata. Il vescovo McDonnell, più preoccupato dell’inizio della I Guerra Mondiale, respinse la sua richiesta. Il presule aveva bisogno di un maggior numero di sacerdoti che operassero come cappellani oltremare, e quindi un nuovo apostolato nella sua diocesi non rientrava nei suoi programmi.

Quinn rispose alla necessità del vescovo offrendosi di fare il cappellano, accantonando per il momento il suo progetto. Venne mandato ad assistere un reggimento di fanteria, e prima di tornare a casa, mentre si trovava in Francia, scoprì una nuova amica: Santa Teresa di Lisieux. Come parte del suo incarico, Quinn venne assegnato vicino ad Alençon, luogo di nascita di Santa Teresa, e si innamorò della santa dopo averne letto l’autobiografia, Storia di un’Anima.

Secondo Our Sunday Visitor, “mentre svolgeva ancora il suo ministero con i soldati dopo la guerra, ricevette il permesso dal suo superiore di visitare la casa di Teresa, dove celebrò la Messa il 2 gennaio 1919, anniversario della sua nascita. Disse che quell’esperienza era stata ‘un grande privilegio perché sono stato il primo sacerdote a celebrare lì la Messa’”.

Tornato nella sua diocesi, Quinn rinnovò la sua richiesta e alla fine ottenne il permesso di avviare una nuova parrocchia per i cattolici afroamericani a Brooklyn. Quinn acquistò una vecchia chiesa protestante e fece sì che venisse “benedetta e dedicata a San Pietro Claver il 26 febbraio 1922”.

Affidò la sua congregazione a Santa Teresa, e in seguito fondò la Casa della Provvidenza Piccolo Fiore per assistere i bambini afroamericani orfani. Ogni settimana, inoltre, la sua parrocchia ospitava “servizi di novena a Santa Teresa.. Ogni lunedì, circa 10.000 devoti si univano a questa novena, nella quale si dice si siano verificate guarigioni miracolose, sia fisiche che spirituali”.

I suoi sforzi a favore della comunità afroamericana non passarono tuttavia inosservati al Ku Klux Klan, che diede alle fiamme l’orfanotrofio due volte nello stesso anno. Questo non fermò monsignor Quinn, che lo ricostruì con mattoni e calcestruzzo. Quando ricevette varie minacce di morte, disse ai suoi parrocchiani: “Effonderei volentieri fino all’ultima goccia del mio sangue per l’ultimo di voi”.

Quinn venne assistito nei suoi sforzi da Santa Caterina Drexel, anche lei impegnata ad assistere la comunità afroamericana statunitense. Visto il successo della sua prima parrocchia, Quinn riuscì a fondare anche una seconda missione, quella di St. Benedict the Moor a Jamaica, nel Queens.

Monsignor Quinn morì il 7 aprile 1940 dopo aver combattuto con un cancro. Al suo funerale parteciparono migliaia di persone, e la sua eredità è viva ancora oggi.

Secondo il New York Times, il suo orfanotrofio resta “la base operativa del programma diocesano newyorkese Piccolo Fiore per Bambini e Famiglie, che offre una serie di servizi nel Queens, a Brooklyn e a Long Island”.

Il vescovo di Brooklyn Nicholas DiMarzio ha aperto la causa per la sua canonizzazione il 24 giugno 2010 e ha avviato un’indagine sulla vita di monsignor Quinn per determinare se si può avanzare sulla via per vederlo diventare santo.

In un’epoca in cui nel nostro Paese le divisioni razziali hanno risvegliato molti sentimenti forti, guardiamo a monsignor Quinn e chiediamo la sua intercessione nel nostro tentativo di guarire la nostra Nazione.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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