«Niente vendetta: la frase “me la pagherai” non entra nel linguaggio del cristiano». Pregare piuttosto, perché «la preghiera è un antidoto contro l’odio, contro le guerre che cominciano a casa, nel quartiere, nelle famiglie». A Santa Maria Josefa del Cuore di Gesù, a Castelverde di Lunghezza, tredicesima “tappa” del suo pellegrinaggio nelle parrocchie alla periferia di Roma, Papa Francesco invita al perdono e alla pace, per scardinare quegli atteggiamenti malevoli di rancore, maldicenze, inimicizie, che rovinano qualsiasi relazione umana, ancor più all’interno di una comunità cristiana.
Una comunità, quella della parrocchia nel territorio di Ponte di Nona, ritagliato fra via Prenestina e l’autostrada A24, già piagata da problematiche come disoccupazione e povertà. Una situazione andata acuendosi nel corso degli anni che ha infranto le speranze degli abitanti suscitate dall’arrivo di Giovanni Paolo II, il 16 dicembre 2001. Il Pontefice polacco, alla sua 300esima visita in una parrocchia romana, inaugurava la chiesa appena costruita donandovi anche un prezioso crocifisso, oggi posto sull’altare. Quell’evento e la costruzione di un nuovo e moderno luogo di culto alimentavano le speranze dei fedeli – che celebravano fino a quel momento in una sorta di garage – in un futuro migliore e una vita più dignitosa. Ma quindici anni dopo, le sfide e le difficoltà sono rimaste ancora numerose.
Ma più urgente di queste, è, secondo Bergoglio, contrastare ogni desiderio di vendetta e di rancore: un detonatore di guerre in piccola e in larga scala. «È brutto il rancore…» dice nella sua omelia tutta a braccio, pronunciata davanti al cardinale vicario Agostino Vallini e al parroco 39enne don Francesco Rondinelli (parroco da soli 5 mesi). «Sappiamo che il rancore non è una cosa piccola. Le grandi guerre, lo vediamo sui telegiornali e sui giornali, questo massacro di gente e bambini… quanto odio! È lo stesso odio che tu hai nel tuo cuore per quel tuo parente, per il tuo vicino, per la tua suocera… Rancore, voglia di vendicarmi, “me la pagherai”, quello non è cristiano».
Cristiano è invece amare i propri nemici, non far valere il principio dell’“occhio per occhio, dente per dente”, ma anzi “non opporsi al malvagio”, come spiega Gesù nel Vangelo di oggi. «“Ma, padre, questo mi fa la vita impossibile, quella vicina sparla di me tutti i giorni, anche io sparlerò di lei”. Il Signore dice: “Prega per lei”. Il cammino del perdono, per dimenticare le offese. Ti danno uno schiaffo sulla guancia destra ma porgigli anche l’altra», sottolinea il Papa.
Dio «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e gli ingiusti», ricorda. Dio «è buono con tutti» e «noi cristiani dobbiamo essere buoni per tutti e pregare per quelli che non sono buoni per tutti». «Noi preghiamo per quelli che ammazzano i bambini bella guerra?», domanda il Vescovo di Roma, è difficile molto lontano ma dobbiamo imparare a farlo, perché si convertano. Preghiamo per le persone vicine che ci odiano e ci fanno del male? “Ma padre, è difficile, avrei voglia di stringergli il collo”. Prega, perché il Signore cambi la sua vita. La preghiera è un antidoto contro l’odio, contro le guerre che cominciano a casa, nel quartiere, nelle famiglie. Pensate soltanto alle guerre di famiglie per l’eredità. Quante famiglie si distruggono e odiano per l’eredità! Pregare perché ci sia la pace e se c’è qualcuno che ci vuole male pregare per lui. La preghiera è potente, vince il male, porta la pace».
«Pregare, perdonare nel mio cuore», insiste il Pontefice, «anche se uno l’ha fatta grossa. Questo allontana dalle guerre. Se gli uomini imparassero questo non ci sarebbero le guerre. Le guerra cominciano qui nell’amarezza, nel rancore, nella voglia di vendetta, di farla pagare. Questo distrugge famiglie, amicizie, quartieri, distrugge tanto tanto… “Cosa devo fare padre?”. Lo dice Gesù: amate i vostri nemici. “Non posso”. Prega perché tu possa. Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano».
Questo significa essere santi: «Un uomo e una donna che fa questo merita di essere canonizzato, diventa santo. Così semplice è la vita cristiana», dice il Pontefice. E conclude con un suggerimento: «Cominciamo da poco: tutti abbiamo nemici, tutti sappiamo che quello sparla di me, tutti sappiamo che quello mi odia. Prendete un minuto e dite a Dio padre: “Questo è tuo figlio, tua figlia, cambiagli il cuore, benedicilo”. Forse il rancore rimane ma noi stiamo facendo lo sforzo per andare su questa strada di questo Dio tanto buono, santo, misericordioso e perfetto». Basta «una preghiera al giorno» e «così si vince, così andremo sulla strada della santità».
Congedandosi dalla folla, prima di ripartire per il Vaticano, il Papa ha detto: «Saluto tutti voi cattolici, ma anche a voi musulmani do la mia benedizione». Accolto da applausi, striscioni e dalle solite richieste di foto e strette di mano, Francesco era arrivato nella parrocchia puntuale alle 15.30. Prima della messa, ha incontrato i gruppi di giovani, malati, anziani e famiglie assistite dalla Caritas, oltre agli sposi che hanno battezzato i figli nei mesi scorsi. Come consuetudine, ha anche confessato alcuni fedeli.
Nel Salone del Teatro parrocchiale, il Pontefice si è intrattenuto a lungo con i bambini ed i ragazzi del catechismo, coi quali ha intavolato uno spontaneo “botta e risposta” e rivelato alcuni dettagli intimi della sua vita. Come quel momento «brutto» che fu la malattia: «Quando avevo vent’anni sono stato quasi per morire per un’infezione. Mi hanno levato un pezzo di polmone. Poi ho avuto tanti altri momenti difficili, ma sempre bisogna superarli», ha confessato Bergoglio. «A me la vita non è stata facile – ha aggiunto -. Ma io domando a voi: la vita in generale è facile? Sempre ci sono le difficoltà e sempre ci saranno, ma si superano con la fede e con il coraggio». Perché «la vita è un dono di Dio».
Francesco ha anche spiegato ai bambini «come si diventa Papa». «Si paga per diventare Papa? No! Ci sono quelli che lo eleggono riunendosi in Conclave. Parlano tra loro, discutono su quale sia il profilo migliore: questo ha quel vantaggio, questo quest’altro… Ma soprattutto si prega. Loro fanno tutti questi ragionamenti umani, ma il Signore invia lo Spirito Santo che aiuta l’elezione. Poi ognuno dà il suo voto e quello che ha due terzi dei voti viene eletto Papa. Ma serve molta preghiera, non ci sono amici potenti che spingono».
«Nell’elezione eravamo 115 – ha raccontato ancora Francesco – faccio la domanda: chi era il più intelligente?». E i bambini in coro: «Tu!». «No, non si sa – ha ripreso – Quello che viene eletto non necessariamente è il più intelligente ma Dio ha scelto quello». «Quello che viene eletto nel Conclave», ha proseguito il Pontefice, «forse non è il più intelligente, il più furbo, né il più sbrigativo a fare quello che si deve fare, ma è quello che Dio vuole per quel momento per la Chiesa». Il Papa, poi, «deve morire o andare in pensione come ha fatto il grande Benedetto, perché non era in buona salute. Allora arriverà un altro, forse non altrettanto intelligente, ma sempre eletto in questo modo, sotto la luce dello Spirito Santo».
In ogni caso, ha chiarito Bergoglio, «uno che rappresenta la Chiesa deve stare attento a non fare brutta figura. Il Papa è anche un’altra cosa, è vescovo. E anche padre. E se non sente di essere vescovo e padre gli manca qualcosa». Al ragazzino che domandava come ci si sentisse in questo ruolo, Francesco ha poi spiegato: «Ci si sente con tanta responsabilità». E ad un altro che chiedeva cosa avrebbe voluto fare da grande, la risposta è stata diretta: «Il macellaio».