«Vedremo che fa e allora si valuterà. Sempre il concreto…». Così venti giorni fa Papa Francesco rispondeva a una domanda del quotidiano spagnolo «El País» sul Donald Trump, mostrando di non volersi associare a certe campagne preventive contro il neo-presidente. Anche se, com’era peraltro prevedibile, alcuni dei provvedimenti emanati dalla Casa Bianca nelle ultime settimane hanno suscitato fortissime proteste di ampi settori del mondo cattolico, a partire dall’ordine esecutivo ormai noto come «muslim ban».
Chiesa Usa compatta
Quel provvedimento ha avuto tra i suoi esiti anche quello di ricompattare la Chiesa statunitense: sono intervenuti gli esponenti dell’ala più in sintonia con Francesco, dal cardinale di Washington, Donald Wuerl e quello di Chicago, Blaise Cupich. Quest’ultimo si era tra l’altro domandato come mai la messa al bando non includesse «il Paese d’origine di 15 dei 19 attentatori dell’11 settembre», un evidente riferimento all’Arabia Saudita. Hanno però alzato la loro voce anche esponenti dell’ala più conservatrice, come il cardinale Daniel Di Nardo, attuale presidente dei vescovi Usa e figlio di migranti. E pure gli arcivescovi José Horacio Gomez di Los Angeles e Charles Chaput di Philadelphia. Reazioni non mancheranno anche per la nuova ondata di arresti e di espulsioni di immigrati avvenute in tutto il Paese nelle ultime ore.
Politiche antiabortiste e dialogo con Mosca
Altre decisioni di Trump sono state invece salutate positivamente dai vescovi Usa, a partire dall’ordine esecutivo per tagliare i fondi pubblici all’International Planned Parenthood, l’ente che finanzia le cliniche all’estero dove si può abortire. «C’è da augurarsi che la stessa giusta attenzione alla vita di chi non è ancora nato sia posta anche verso le vite di chi fugge dalla guerra o cerca un futuro migliore», commenta uno stretto collaboratore del Papa. Altri sintonie possibili con la Santa Sede vi potranno essere nell’approccio più dialogante e meno escludente con la Russia di Vladimir Putin, come pure nelle politiche sociali.
Lotta alla povertà e finanza
Negli Stati Uniti la povertà estrema è cresciuta negli ultimi 40 anni e il peggioramento delle condizioni di vita è una delle spinte dell’elettorato verso il cambiamento, in America come in Europa. Da non sottovalutare anche l’intenzione del presidente Usa di ripristinare il Glass-Steagall Act voluto da Francklin Delano Roosevelt dopo la crisi di Wall Street del 1929, che separava le banche commerciali dalle banche d’investimento e finanza. Un provvedimento abolito da Bill Clinton con una decisione annoverata tra le cause della crisi economica del 2008.
Nessuna udienza richiesta
Fino ad oggi nessuna richiesta di udienza è arrivata in Vaticano da parte della Casa Bianca. «Quando la chiederà, le porte saranno ovviamente aperte, come lo sono sempre state per tutti», spiegano le fonti diplomatiche d’Oltretevere. È probabile che prima presentare una richiesta formale attraverso i canali ufficiali, Trump voglia procedere alla nomina del nuovo ambasciatore presso la Santa Sede, incarico in questo momento vacante e per il quale si è fatto anche il nome, tra gli altri, di Newt Gingrich. Una possibile data per l’incontro in Vaticano è fine maggio, quando il presidente americano parteciperà al G7 di Taormina.
L’asse Bannon-Burke
Nelle ultime settimane alcuni commentatori e alcuni articoli del «New York Times» hanno sottolineato l’esistenza una possibile sponda romana per Trump, mettendo in risalto i collegamenti esistenti tra Stephen Bannon e il cardinale conservatore statunitense Raymond Leo Burke, patrono dell’Ordine di Malta, uno dei quattro firmatari dei «dubia» sull’«Amoris laetitia». Nonché l’unico porporato a insistere pubblicamente sulla necessità di una «correzione formale» al magistero di Papa Francesco. Bannon è consigliere del presidente e anima del sito web Breitbart News, espressione della destra più rude e barricadera. Ma è difficile ipotizzare che Trump si muova verso il Vaticano attraverso il cardinale Burke, che è ormai considerato il più esposto tra gli oppositori di Papa Francesco a Roma. Negli Stati Uniti il porporato che il neo-presidente ha conosciuto meglio è l’arcivescovo di New York Timothy Dolan
La via degli evangelici
Attorno al nuovo presidente ci sono anche esponenti evangelici che manifestano un atteggiamento molto più positivo verso il Papa argentino. Tra questi la sua consigliera spirituale, la pastora Paula White. Lo conferma a Vatican Insider Salvatore Martinez, presidente del movimento italiano del Rinnovamento nello Spirito, appena tornato da Washington dove ha partecipato alla tradizionale «National Prayer Breakfast»: «Al di là delle prime discutibili risoluzioni, è evidente che la presidenza Trump non vorrà rinunciare all’ispirazione cristiana del concetto di libertà religiosa, di lotta alla povertà, di difesa delle identità culturali, di dialogo culturale con l’Occidente e con l’Oriente cristiano. Il bene comune non si trova mai in schemi autoreferenziali e di questo l’America è ben consapevole. Ci sono ponti da costruire, che possono scavalcare muri di incomunicabilità». Anche con il Vaticano.
Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata sull’edizione della Stampa del 12 febbraio 2017