«Il modello aziendale in ambito sanitario, se adottato in modo indiscriminato, invece di ottimizzare le risorse disponibili rischia di produrre scarti umani». Lo ha sottolineato il Papa nell’udienza concessa oggi alla commissione Carità e Salute della conferenza episcopale italiana, guidata dal cardinale di Agrigento Francesco Montenegro, chiedendo che a orientale le scelte politiche e amministrative in questo campo «non sia solo il denaro» né «le scelte di chi gestisce i luoghi di cura» e sottolineando come «al primo posto c’è l’inviolabile dignità di ogni persona umana dal momento del suo concepimento fino al suo ultimo respiro». Francesco, che ha denunciato la «crescente povertà sanitaria tra le fasce più povere della popolazione», ha espresso l’auspicio che i tanti malati che ci sono negli ospedali e nelle case, «sempre più soli», «vengano visitati con frequenza perché non si sentano esclusi».
Prima di evidenziare le «ombre» del sistema sanitario, il Papa, nel corso dell’udienza che cade alla vigilia della 25esima Giornata mondiale del malato e in occasione dei 20 anni dell’ufficio nazionale della Cei per la pastorale della salute, si è soffermato sulle «luci»: i «preziosi risultati» della ricerca scientifica per curare, se non per sconfiggere, alcune patologie («Auguro che il medesimo impegno sia assicurato per le malattie rare e neglette»), il lavoro di tanti operatori sanitari, «ministri della vita e partecipi dell’amore effusivo di Dio creatore», nonché i numerosi volontari «che, con generosità e competenza, si adoperano per alleviare e umanizzare le lunghe e difficili giornate di tanti malati e anziani soli, soprattutto poveri e indigenti: e qui mi fermo – ha aggiunto a braccio – per ringraziare la testimonianza del volontariato in Italia, per me è stata una sorpresa mai avevo pensato di trovare una cosa così, ci sono tanti volontari, che lavorano convinti, e questo è opera dei parroci, grandi parroci italiani che hanno saputo lottare in questo campo».
«Insieme con le luci però – ha detto il Pontefice argentino –vi sono alcune ombre che rischiano di aggravare l’esperienza dei nostri fratelli e sorelle ammalati. Se c’è un settore in cui la cultura dello scarto fa vedere con evidenza le sue dolorose conseguenze è proprio quello sanitario. Quando la persona malata non viene messa al centro e considerata nella sua dignità, si ingenerano atteggiamenti che possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui. E questo è molto grave! Occorre essere vigilanti, soprattutto quando i pazienti sono anziani con una salute fortemente compromessa, se sono affetti da patologie gravi e onerose per la loro cura o sono particolarmente difficili, come i malati psichiatrici. Il modello aziendale in ambito sanitario, se adottato in modo indiscriminato, invece di ottimizzare le risorse disponibili rischia di produrre scarti umani. Ottimizzare le risorse significa utilizzarle in modo etico e solidale e non penalizzare i più fragili».
Citando il messaggio che ha scritto a dicembre per la 25esima Giornata del malato, Francesco ha ribadito che «al primo posto c’è l’inviolabile dignità di ogni persona umana dal momento del suo concepimento fino al suo ultimo respiro» ed ha proseguito: «Non sia solo il denaro a orientare le scelte politiche e amministrative, chiamate a salvaguardare il diritto alla salute sancito dalla Costituzione italiana, né le scelte di chi gestisce i luoghi di cura. La crescente povertà sanitaria tra le fasce più povere della popolazione, dovuta proprio alla difficoltà di accesso alle cure, non lasci nessuno indifferente e si moltiplichino gli sforzi di tutti perché i diritti dei più deboli siano tutelati».
Il Papa si è rivolto specificamente alle tante «locande del buon samaritano» della Chiesa italiana, invitandole a «portare avanti la fantasia della carità propria dei fondatori» e a «ripensare» le proprie opere di carità «nei contesti attuali, dove la risposta alla domanda di salute dei più fragili si rivela sempre più difficile».
Francesco ha poi citato Giovanni Paolo II, che istituì la Giornata mondiale del malato, sottolineando che «oltre alla promozione della cultura della vita», il suo predecessore Santo aveva indicato anche lo scopo di «di coinvolgere le diocesi, le comunità cristiane, le famiglie religiose sull’importanza della pastorale sanitaria» e, a questo proposito, Jorge Mario Bergoglio ha rilevato che «tanti malati sono negli ospedali, ma molti di più sono nelle case, sempre più soli. Auspico – ha detto – che vengano visitati con frequenza, perché non si sentano esclusi dalla comunità e possano sperimentare, per la vicinanza di chi li incontra, la presenza di Cristo che passa oggi in mezzo ai malati nel corpo e nello spirito», auspicando, con una citazione di San Paolo, che le persone malate, «membra preziose della Chiesa», possano diventare, «con la grazia di Dio e l’intercessione di Maria», «forti nella debolezza».
In introduzione dell’udienza, il cardinale Montenegro, nella cui diocesi ricade peraltro l’isola di Lampedusa, ha sottolineato che «negli attuali contesti la pastorale accanto alle persone fragili e malate è molto difficile, la cura sanitaria deve affrontare risorse economiche sempre più scarse e una cultura che propone un uomo forte, vincitore, bello, sempre, giovane e possibilmente vincente anche sulla morte: ma così non può essere. E noi siamo qui per rassicurarla che il nostro impegno è che a Chiesa continui ad abitare, anzi a privilegiare, i luoghi della sofferenza e della malattia, luoghi, come lei denuncia, nella quale non mancano la solitudine e, a volte, la disperazione».
I luoghi di cura e di ricovero, ha detto l’arcivescovo di Agrigento, «ci sono persone di ogni rango sociale», ma «tutti accomunati da storie di sofferenza che fanno emergere una umanità e una domanda sul senso della vita, perché per il malato indossare il pigiama è come essere nudo, perdere la propria dignità, svestirsi della propria autonomia e delle proprie abitudini, dipendere da altri, sentirsi diversi, un numero e una cartella clinica, e spesso questa sofferenza segna profondamente e accompagna o sovrasta la stessa sofferenza fisica. Siamo qui per dirle che noi con lei e alla sua scuola siamo impegnati a vivere con fedeltà e a tradurre con gesti di amore la pagina delle beatitudini”. Presenti all’udienza, che ha fatto seguito ad una messa mattutina a San Pietro, alcuni malati, “angeli silenziosi e preziosi – li ha definiti Montenegro – che la sostengono nel suo ministero petrino e sui quali può contare sempre».