La comunione, la sinodalità, possono essere frutti e al tempo stesso anche tra le cause dell’attenzione all’uomo tutto intero. Fecondissimi i possibili sviluppi a tutto campo. Si può per esempio comprendere meglio che comunione, obbedienza, docilità, serena collaborativita’ con chi guida, non significano per esempio non essere consapevoli dei limiti delle guide. Le persone in formazione non devono sentirsi in colpa, anzi è cosa buona, riconoscano con tendenziale equilibrio anche i limiti dei propri educatori. Dai genitori, al prete, agli insegnanti, etc.. Imparare a vedere l’amore, il bene, di queste persone potendo accorgersi con semplicità anche di qualche difetto è un aspetto importante della crescita. Sviluppando un atteggiamento di ricerca anche comune, a suo modo “sinodale”, che si può rivolgere e può aiutare una maturazione pure della spiritualità, della cultura, del proprio tempo. Un altro possibile tendenziale aiuto al superamento dello spiritualismo, del razionalismo, del pragmatismo, del legalismo…
In questa epoca di passaggio nella Chiesa si può facilmente intuire che le false sicurezze delle risposte schematiche, prefabbricate, in campo spirituale-morale portano con sé, a tutto campo, un discernere meccanico, riduttivo. Che può far sentire tranquille e sicure certe guide mentre il mondo intorno a loro può risultare anche profondamente incompreso. Il discernimento meccanico può comportare una serie di conseguenze, come il formalismo di chi non deve mai sbagliare e dunque non conosce il rischiare, di chi cerca sempre la soluzione per lui più tranquilla a scapito di quella di molto più feconda.
La risposta meccanica e tranquilla per la guida che la dà, corroborata da una tale diffusa mentalità, cultura, può divenire un ambiente di vita bloccato, grigio, che si va in varia misura spegnendo. Si potrebbero creare ambienti ecclesiali nei quali è bravo chi non incorre in qualche passaggio più complicato. Così si può alimentare una crescita distorta, per esempio efficientista, delle guide. Per cui potrebbe accadere che si spretino pastori che parevano lanciati verso l’episcopato. Parlo, in una ricerca comune, di rischi in varia misura possibili sulla via delle risposte prefabbricate.
Preferire una Chiesa anche incidentata ma generosamente in uscita, una Chiesa ospedale da campo, sono strade incisive. Francesco parla spesso del problema della possibile pusillanimità delle guide. Segnali concreti di antiformalismo in ogni campo possono aiutare, talora, per nuove dinamiche in eventuali situazioni in varia misura imbalsamate. Può anche accadere, sulla scia formalista, che le persone più in conversione restino in vario modo ai margini, perché vi è – come dicevo – una comunione, un’obbedienza, che sa stare serenamente al proprio posto senza però seguire strade variamente fasulle. Si può rilevare altresì che mentre la serena coscienza, il cuore, è di per sè in naturale contatto con lo Spirito, dunque orientato all’uscire, la logica astratta del razionalismo può tendere a far ripiegare la persona sul proprio ombelico. Per cui può accadere che qualche formalmente accanito difensore della legge proprio alla legge venga clamorosamente meno con le proprie palesi scorrettezze, disobbedienze, incapacità di stare al proprio posto, nei doveri del proprio ruolo. E tutto ciò appunto perché l’intellettualismo può orientare a scambiare i propri ragionamenti con la logica inoppugnabile di Dio. Ecco i paradossi delle tranquillità imbalsamate. Mentre i passaggi movimentati sono per molti aspetti naturali.
Chiaro che un clima ingessato, meno evangelico, tra le guide, si può poi ripercuotere su tutta la vita della Chiesa. In mille modi su questa scia anche la Chiesa può tra l’altro finire per alimentare la società dell’immagine, dei ruoli, delle competenze formali. Né questa è una via che possa facilmente prediligere la partecipazione, il dialogo, autentici. E non solo le formali belle parole. Colpisce allora vedere come nel Vangelo sono protagonisti persone umili, socialmente ben poco influenti, sconosciute alle “cronache” religiose e non… Non è un possibile rischio, quest’ultimo, anche di oggi? Com’è bello quando nella comunità cristiana si possono aprire sempre più le fresche, vive, vie del Vangelo. Le persone possono sentire l’amore attento e vicino, l’accoglienza, il coinvolgimento e non la “aziendalità”, il grigiore, la schematicità, la poca fecondità.
L’amore, l’accoglienza, il coinvolgere, autenticamente, a misura, non solo favoriscono un’autentica sinodalità ma anche aiutano a comprendere che nel mondo possono esistere persone anche in gambissima, che nessuno conosce. Possono esistere profeti di tempi rinnovati che muoiono poco conosciuti, per esempio perché burocraticamente, non per cattiveria, ostacolati in mille modi da pastori. Ecco dunque che una profonda fecondità pastorale può emergere meno, anche qui mettendo in guardia dalla logica, pure essa apparente, dei numeri. Dunque profeti piccoli semi di un regno dei cieli che viene. Per queste vie in cerca di un Vangelo vivo si può, dunque, animare in mille modi la partecipazione e così ridimensionare, tra l’altro, la società dell’immagine.
Ci possiamo dunque forse chiedere, tra l’altro, se i criteri per la scelta dei vescovi e persino per la canonizzazione dei santi non possano essi stessi venire in qualcosa rivisti. Buona fama, quasi unanime giudizio, avrebbero per esempio escluso già Gesù. Ma non potrebbe risultare interessante anche la domanda che da queste perplessità può scaturire, ossia allora in base a cosa, come, si può santificare una persona? Non potrebbero aiutare profondamente la crescita delle persone criteri per esempio forse meno legati all’apparire, ai soli “si dice”, alla formale linearità di percorso, etc. (cfr Is 11, 1-4)?
La liberazione dalle incrostazioni del cuore può aprire ad un discernimento sempre rinnovato che sale anche dalla storia stessa. Mentre oggi si possono valutare le persone, le situazioni, con una logica astratta, variamente infeconda, che può rivelarsi poco portata a scovare vissutamente i punti, i passaggi, veramente chiave di un rinnovamento personale, sociale. Pensiamo alla scuola. Si può finire dunque per considerare fatalisticamente il declino in atto in tanti campi, per proporre rimedi anche buoni ma asfittici, variamente sconsolati già in partenza. Civiltà schematiche, perciò liquide, dell’immagine… D’altro canto il problema capitale cui accennavo, le incrostazioni della coscienza, il discernere meccanico, il non rischiare, può variamente spegnere alla radice il desiderio sempre più intenso di cercare, di accogliere, il vero. Un cuore che si lascia sempre più generosamente portare, per grazia, può tendenzialmente superare tanti automatismi del discernere del tempo.
Lo vediamo in Papa Francesco che rinnova la cultura con la vita stessa. A livello spirituale, ecclesiale, sociale, culturale, etc., un problema chiave è, per una guida, un cuore anche buono ma in varia misura meno scevro da automatismi nel discernere, da prudenze in realtà terrene, da tanta preoccupazione di subire critiche ed in realtà meno attento al bene vero, spirituale e umano, che si può vivere e far vivere, anche fare arrivare, agli altri, meno attento ai veri bisogni degli altri… Anche poi se si accoglie qualche intuizione nuova la si può in varia misura ridurre, distorcere, spegnere, intellettualisticamente. La società del cervello a tavolino si sta sempre più spegnendo e una persona come Papa Francesco sembra un dono di salvezza dal cielo per il mondo intero. Potendo aiutare a liberare e a lasciar sviluppare tanti semi di vivo rinnovamento. Interessante in questo senso osservare la martellante, asfissiante, ripetitività, talora, di una religiosità razionalista e invece il vivo fermento, la fecondità, a tutto campo, di una sempre rinnovata apertura allo Spirito, agli altri (cfr Mt 13, 52).