Il pontefice ci torna regolarmente, vorrà dirci qualcosa?Se c’è una cosa che al Signore proprio non piace è quell’atteggiamento che normalmente definiamo come “ipocrisia” e che – nel linguaggio delle scritture – è l’essere “fariseo”. Ora in sé “fariseo” non vuol dire ipocrita, è solo il nome di una sétta ebraica dei tempi di Gesù che era molto, molto ligia all’applicazione letterale e puntuale della Legge, con tutte le sue prescrizioni, ma molto meno puntuali quanto al suo “spirito”. Insegnavano la Legge, ma non la applicavano davvero, se non in maniera meccanica. I Vangeli ci raccontano di diversi “scontri teologici” (e veri schiaffi morali) tra di Lui e i vari dottori della Legge come in Luca (6, 1-11)
Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate ciò che non è permesso di sabato?».Gesù rispose: «Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui. Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Alzati e mettiti nel mezzo!». L’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?». E volgendo tutt’intorno lo sguardo su di loro, disse all’uomo: «Stendi la mano!». Egli lo fece e la mano guarì. Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
Ma non mancano molti altri episodi come in Marco (7, 1-13) o in Matteo (15, 12-14 oppure 23,2-7 o 23, 23). Da qualche tempo questa parola è tornata in auge nella comunità cattolica da quando Papa Francesco, nelle sue omelie mattutine nella piccola cappella di Casa Santa Marta, in Vaticano, si ostina sin quasi dal suo primo giorno come pontefice ad indicare come il “fariseismo” sia diventato un problema anche nella Chiesa di Cristo. Il Papa nel 2013 ammoniva, lamentando come:
«incontriamo tanti cristiani senza Cristo, senza Gesù. Per esempio quelli che hanno la malattia dei farisei e sono cristiani che mettono la loro fede e la loro religiosità, la loro cristianità, in tanti comandamenti: Ah, devo fare questo, devo fare quest’altro. Cristiani di atteggiamenti”: che fanno cioè delle cose – ha spiegato – perché si devono fare, ma in realtà “non sanno perché lo fanno».
Il Papa ha spiegato poi, tornando sull’argomento (2014) che:
«Questo è il dramma di questa gente, e anche il dramma nostro! Si sono impadroniti della Parola di Dio. E la Parola di Dio diventa parola loro, una parola secondo il loro interesse, le loro ideologie, le loro teologie… E ognuno la interpreta secondo la propria volontà, secondo il proprio interesse. Questo è il dramma di questo popolo. E per conservare questo, uccidono. Questo è successo a Gesù».
Poi, probabilmente perché l’uditorio è duro d’orecchi, ha ripetuto:
«L’atteggiamento degli Scribi, dei Farisei è lo stesso, escludono: ‘Noi siamo i perfetti, noi seguiamo la legge. Questi sono peccatori, sono pubblicani’. E l’atteggiamento di Gesù è includere. Ci sono due strade nella vita: la strada dell’esclusione delle persone dalla nostra comunità e la strada dell’inclusione. La prima può essere piccola ma è la radice di tutte le guerre: tutte le calamità, tutte le guerre, incominciano con un’esclusione. Si escludono dalla comunità internazionale ma anche dalle famiglie, fra amici, quante liti… E la strada che ci fa vedere Gesù e ci insegna Gesù è tutt’altra, è contraria all’altra: includere»(2015).
E ha spiegato chi non è fariseo, chi non è ipocrita. I bambini. Gesù Cristo ci ha avvisati per tempo e ci ha spiegato che “se non sarete come bambini, non entrerete nel regno dei Cieli”. E per il Papa quella genuina concretezza, quella libertà interiore è ben visibile nel loro approccio alla confessione:
«Con quanta verità si confessano i bambini! I bambini mai, mai, mai dicono una bugia, nella confessione; mai dicono cose astratte. ‘Ho fatto questo, ho fatto quell’altro, ho fatto …’: concreti. I bambini, quando sono davanti a Dio e davanti agli altri, dicono cose concrete. Perché? Perché hanno il lievito buono, il lievito che li fa crescere come cresce il Regno dei Cieli. Che il Signore ci dia, a tutti noi, lo Spirito Santo e la grazia della lucidità di dirci qual è il lievito con il quale io cresco; qual è il lievito con il quale io agisco. Sono una persona leale, trasparente o sono un ipocrita?» (2016).