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Da “ragazzaccia” a santa, la storia di Giacinta Marescotti

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Meg Hunter-Kilmer - pubblicato il 30/01/17
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Non è incoraggiante che anche un peccatore ordinario possa alla fine diventare santo?Spesso sembra che i santi si inquadrino in due categorie: grandi peccatori convertiti in un istante ed esempi di virtù mai tentati dal peccato. Più si conoscono, più si scopre che sia grandi peccatori che grandi santi hanno lottato e sono stati tentati nella loro vita. È incoraggiante vedere Santa Maria Egiziaca lottare contro i ricordi del suo peccato ancora quindici anni dopo la sua conversione, o leggere delle lotte che visse il piissimo Sant’Antonio da Padova, ma quelli di noi che non rientrano né nell’una né nell’altra categoria a volte si possono sentire frustrati per quella che sembra una certa scarsità di ordinari peccatori diventati santi.

E allora prendiamo in considerazione Giacinta Marescotti.

Non era né una principessa assassina (come Santa Olga di Kiev) né una bambina angelica (come la beata Imelda Lambertini), ma semplicemente un’adolescente ostinata. Pur essendo stata piuttosto pia da bambina, Giacinta (1585-1640) divenne la versione rinascimentale della classica ragazzaccia. Credeva a Cristo e alla sua Chiesa, ma non si avvaleva molto della fede al di là di questo. La sua vita venne miracolosamente preservata da un incidente quasi fatale quando aveva 17 anni, ma anche così non era interessata a nulla che non fossero i suoi progetti di un matrimonio romantico e uno stile di vita agiato.

Ma poi, a quanto pare per la prima volta, la sua volontà venne contrastata. Il giovane nobile dei suoi sogni su cui aveva messo gli occhi sposò un’altra. Cosa peggiore, l’altra ragazza era la sorella minore di Giacinta. E Giacinta, che aveva una propensione per il dramma e un approccio assai petulante nei confronti della vita, non era disposta a lasciar passare la cosa inosservata. Si arrabbiò, e rese la vita così difficile alla sua famiglia che venne spedita in un convento francescano. Fuggì ma venne riportata indietro sotto scorta, per vivere il resto dei suoi giorni nella più cupa disperazione – o almeno così pensava.


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Parlando in generale, essere costretta ad entrare in convento perché vivere con te è troppo difficile non promette certo un lieto fine. Per un po’ sembrò che Giacinta non facesse eccezione a questa regola. Dichiarò al padre che avrebbe vissuto da suora ma non al di sotto del suo rango. Era una nobile e tale sarebbe rimasta, quindi il voto di povertà era fuori discussione.

Per una quindicina d’anni, Giacinta agì come voleva. Indossava abiti delle stoffe più raffinate, vedeva i semplici pasti previsti integrati da leccornie e trascorreva le sue giornate intrattenendo gli ospiti nelle sue stanze private. Anche se si sottometteva alla vita di preghiera richiesta dalla comunità e al voto di castità, quelli di povertà e obbedienza non avevano senso. Scandolo o no, Giacinta avrebbe vissuto come voleva.

Qualche anno dopo il suo ingresso in convento, quando era letto per una malattia di poco conto, Giacinta ricevette una visita dal suo confessore, che rimase così scioccato dal lusso delle sue stanze da dichiarare che l’unico motivo per il quale era in convento era aiutare il demonio. Giacinta rimase molto colpita dalle sue parole, e decise di cambiare vita.

Ma non lo fece.

Non sorprende di certo. Più si è stati dominati dalla propria volontà, più è difficile pentirsi e sottomettersi. Fortunatamente per Giacinta (e per tutti noi), Dio è paziente e misericordioso. Giacinta si ammalò di nuovo, questa volta in modo molto più grave, e finalmente si pentì, capendo quanto la sua vanità e la sua caparbietà avevano ferito Cristo. Confessò pubblicamente i suoi peccati davanti alla comunità e decise di vivere in base alle regole.

Ma non basta. Da quel momento, Giacinta condusse una vita di estrema penitenza. Donò generosamente ai poveri, eccelleva nella preghiera contemplativa e divenne così unita a Cristo che Egli le diede la capacità di leggere le anime e operare miracoli. Essendo stata così frivola e indulgente in passato, Giacinta sviluppò un forte orrore per il lusso e un impegno tale nei confronti dei poveri che dava via la sua stessa cena quando qualcuno andava a bussare alla porta. Il suo amore per i poveri la ispirò a fondare due confraternite per aiutarli, soprattutto se erano in prigione. Quando morì, la sua fama di santità era così diffusa che si dovette sostituire tre volte il suo abito durante la veglia perché i fedeli continuavano a tagliarne dei pezzi da tenere come reliquie. La misericordia di Dio l’aveva trasformata da “ragazzaccia” in grande santa.


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Trovo questa storia così incoraggiante – una peccatrice ordinaria che alla fine è stata capace di togliere se stessa dal centro della propria vita per metterci Cristo. Santa Giacinta Mariscotti, la cui festa si celebra il 30 gennaio, è un grande intercessore per chi tra noi è mondano ed egoista, e una splendida testimonianza del fatto che Dio può operare anche nel cuore più mediocre. Preghiamo oggi per chi segue Cristo in modo tiepido e perché Dio ci mostri la nostra peccaminosità e ci conduca a una grande santità. Santa Giacinta Marescotti, prega per noi!

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Meg Hunter-Kilmer scrive per il suo blog, Held by His Pierced Hands, e viaggia in tutti gli Stati Uniti per parlare a giovani e adulti e guidare ritiri e missioni parrocchiali.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]


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