Marci Velando ha rinunciato alla “Marcia delle donne” e si è unita alle sue amiche religiose per “proteggerle” dalle aggressioni e per difendere il Primo Emendamento
Marci Velando è una quarantenne californiana che ha lavorato per 13 anni presso la Lucasfilm come informatica professionista e artista grafica. Attraverso il lavoro in quel campo, Velando ha conosciuto le Suore Domenicane di Maria, Madre dell’Eucaristia, con le quali è entrata in profonda amicizia nel corso degli ultimi tre anni.
Si definisce come “alla ricerca” e si considera “pro-scelta”, ma lo scorso fine settimana Marci Velando si è unita alle suore nella West Coast Walk for Life (la Marcia per la vita della West Coast), qualcosa che prima lei non avrebbe mai pensato di realizzare. È stata così gentile da condividere questa esperienza con Aleteia.
Lo scorso fine settimana hai partecipato alla tua prima marcia di protesta. Era per la Marcia delle donne?
No, per la West Coast Walk for Life. Non sono cristiana – non sono mai stata battezzata – e anche se mi identifico con alcune delle cause portate avanti dalla Marcia per le donne (e ho amiche che vi hanno partecipato) ho preferito unirmi ad altre amiche – le Suore Domenicane di Maria – nella marcia annuale per la vita.
Come sei arrivata a questo punto?
Hanno cercato di coinvolgermi nella loro marcia per tre anni! Essendo una donna pro-choice, ho evitato di farlo; sapevo che non avrei potuto partecipare senza sentire un nodo allo stomaco. Quest’anno, mi hanno chiesto di unirmi alla marcia per proteggerle e sostenerle, ma penso che intendessero anche “costituzionalmente”.
Sembra abbastanza insolito rivendicare l’amicizia sia con delle suore conservatrici che con delle donne progressive.
È triste che venga considerato insolito, ma so che molte persone lo fanno. Per me la questione di fondo è relativa al Primo Emendamento: “Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti.”
Ognuno deve difendere il reciproco diritto – sancito dal Primo Emendamento – di esprimere le proprie convinzioni, altrimenti la nazione non avrà vita lunga.
Ed è per questo che hai partecipato alla marcia per la vita con le suore?
Inizialmente ho aderito per proteggere le mie amiche religiose dagli aggressori; come quelli che in passato – durante una protesta pacifica – sono corsi verso di loro, hanno tirato il velo di una suora e poi sono fuggiti. A me una cosa del genere non va affatto giù, e nessuno dovrebbe tollerarla.
Eri nervosa per il fatto di prendere una posizione del genere e di fare quella marcia?
Sono sincera, man mano che si avvicinava la data della marcia sono diventata un po’ nervosa. Ma mi sono detta: “Faccio questa marcia per la libertà di parola”. Indipendentemente da ciò in cui credo, le mie amiche religiose – così come tutte le altre persone – hanno il diritto di battersi per ciò in cui credono, e io devo sostenere questo diritto.
Com’è stata per te?
Mentre stavamo camminando pacificamente, un passante che evidentemente aveva un punto di vista opposto ha detto: “Deve essere difficile essere ignorante”. Non riuscivo a credere che stavano parlando proprio di me. Avrei voluto dire: “Ma io sono dalla tua parte!”, e ”Chi è l’ignorante, adesso?”. Ovviamente non c’era motivo di rispondere. Ci sono state anche delle partecipanti alla Marcia per le donne, con dei cappelli rosa, che ci hanno urlato contro e altro ancora.
Ti ha dato fastidio?
Lo ha fatto, naturalmente. Perché i cappelli rosa possono marciare per la loro causa, ma molestano gli altri che esercitano (pacificamente e nel rispetto) il loro stesso diritto a manifestare? In quel momento mi venne la voglia di partecipare alla Marcia delle donne per vedere se delle persone pro-vita avessero gridato contro di loro nello stesso modo irrispettoso.
Sembra abbastanza coraggioso, da parte tua, marciare insieme alle suore…
Lo ammetto, temevo di essere presa di mira dai contro-manifestanti, ma mi spaventava ancora di più essere vista dai miei amici che partecipavano alla Marcia delle donne. La Marcia della vita si è rivelata più tranquilla rispetto agli anni precedenti (così mi hanno detto). Ci sono state alcune persone poco gradevoli, ma la protesta è stata soprattutto pacifica ed edificante. Ma poi su Facebook ho visto il post di un mio amico – che a breve diventerà avvocato – che diceva letteralmente: “C’è una f*****a marcia pro-life al mercato”.
Ho lasciato un commento sulla libertà di parola e un altro avvocato ha risposto, “Avere il diritto non significa che la cosa sia appropriata, né che lo spazio pubblico utilizzato sia quello adatto“.
Spazio non adatto? Veramente?
Sì, e questo mi ha spaventata. Gli avvocati dovrebbero difendere i nostri diritti costituzionali. Mi ha reso consapevole dell’esistenza di un problema più profondo: che le nostre opinioni siano “corrette” o scomode, o qualsiasi altra cosa, abbiamo il diritto di esprimerle liberamente e in pubblico.
A volte i social media sono un luogo pieno di veleno. Come è andata a finire quella conversazione?
Sono felice di poter dire che, dopo un po’ di botte e risposte, questo avvocato abbia dichiarato di sostenere la libertà di parola, che prendere posizioni per i propri amici è una cosa buona, e che non è mai una cosa sbagliata che le donne trovino solidarietà da altre donne. Ha poi detto di volermi incontrare di persona, questa settimana, per parlarne di più.
È importante parlare. Hai intenzione di incontrare l’avvocato?
Sì! Il nostro paese è ferito e sento che serve riconciliazione, in questo momento. Ma spero che un giorno ci si impegni davvero a cercare di capire l’altro, invece di urlarsi contro a vicenda: capire che siamo tutti diversi, che siamo tutti liberi di esprimere le nostre opinioni (non importa quanto siano diverse). E, soprattutto, spero che ci sia rispetto per questa comprensione. Sembra che abbiamo dimenticato che le persone per bene possono non essere d’accordo, rimanendo però delle persone per bene. Abbiamo bisogno di ricordarlo di nuovo.
[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]