È morto la notte scorsa a Roma il dottor Renato Buzzonetti, «archiatra pontificio emerito», medico di diversi Pontefici. Ne dà notizia Radio Vaticana. Buzzonetti aveva 92 anni e dal 1978 aveva curato Giovanni Paolo II accompagnandolo fino alla fine del suo pontificato, nel 2005. Aveva poi continuato a svolgere il suo servizio nei primi quattro anni del pontificato di Benedetto XVI, il quale, nel giugno 2009, gli aveva conferito il titolo di «archiatra pontificio emerito».
Buzzonetti aveva cominciato a prestare servizio in Vaticano durante il pontificato di Paolo VI, come numero due del professor Mario Fontana. Abitava in piazza Adriana, accanto a Castel Sant’Angelo, e la mattina del 29 settembre 1978, a motivo della vicinanza della sua abitazione e delle condizioni di salute non buone di Fontana, venne svegliato all’alba dopo la scoperta della morte di Papa Luciani. Fu lui a constatarne ufficialmente il decesso e a stilare quel certificato medico destinato a diventare famoso, nel quale si parlava di «morte improvvisa» per «infarto miocardico acuto».
Buzzonetti arrivò nell’appartamento papale nello stesso momento in cui vi entrava il Segretario di Stato Jean Villot. Il medico racconterà che entrando in Vaticano a quell’ora tutto appariva tranquillo, non c’erano segni del fatto che qualcosa non andasse bene. Ad un certo punto l’archiatra pensò: «Forse io ho sognato tutto questo, forse non è vero, forse il segretario del Papa, monsignor Magee, non mi ha chiamato…».
Da medico personale del successore di Luciani, Papa Wojtyla, Buzzonetti ha partecipato ai viaggi internazionali. E negli ultimi, dolorosi anni del pontificato ha dovuto far fronte a più di un’emergenza, come quello accaduto nel 2003 a Bratislava, quando Giovanni Paolo II soffrì di una crisi respiratoria. La sera di martedì primo febbraio 2005 era stato Buzzonetti a decidere il primo dei ricoveri d’urgenza di Papa Wojtyla al Policlinico Gemelli.
Dopo la morte di Giovanni Paolo II, e quindi in occasione della sua beatificazione e canonizzazione, Buzzonetti aveva raccontato di come il Pontefice aveva vissuto la sofferenza. In una recente intervista con Radio Vaticana aveva detto: «Se è vero che il medico conosce la morte e deve, quanto più possibile, aiutare l’uomo a varcare questa soglia misteriosa, io ho sempre detto che assistere alla morte di un uomo fa sfiorare il mistero di Dio perchè in effetti la morte di una creatura umana, in qualche maniera, è un’icona della passione e della morte del Signore. Però stare accanto ad un Papa che muore è qualcosa di più perché – io ne ho la sensazione quasi fisica – è la morte di un uomo che lascia le chiavi del Regno dei Cieli, quelle chiavi di cui tutti abbiamo fatto tesoro e si presenta veramente povero al giudizio di Dio e a quello di tutta la Chiesa. Chi ha toccato il corpo del Papa morente ha toccato le sue piaghe che c’erano, di queste piaghe nessuno ha mai parlato, ma c’erano anche le piaghe vere, quelle che sanguinano, e non perché ci fossero fenomeni misteriosi.. erano fenomeni puramente medici, ma c’erano le piaghe e quindi il dolore delle piaghe. Chi ha ascoltato le sue ultime parole biascicate in polacco, porta dentro di sé un’esperienza che non si può cancellare ma nemmeno troppo facilmente comunicare agli altri».