State preparando una rappresentazione della Natività insieme alla famiglia e il nonno esclama: “Questo è proprio un bel presepe!”. Subito lo corregge la sorella più grande, la saccente della famiglia: “Nonno, si dice presepio!”. E in pochi secondi scatta una querelle antropo-linguistica su chi abbia ragione. Vengono consultati dizionari, i più giovani prendono al volo lo smartphone e controllano su Wikipedia… e poi qualcuno invoca Alessandro Manzoni per risolvere la disputa: si dice… scopritelo nel video qui sotto dalle parole di Matilde Paoli, consulente linguistica e collaboratrice dell’Accademia della Crusca.
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Già! Si può dire in entrambi i modi. Nello specifico, Alessandro Manzoni usò sia la parola “presepe” che la parola “presepio” nella sua opera Il Natale:
La mira Madre in poveri
panni il Figliol compose,
e nell’umil presepio
soavemente il pose;
e l’adorò: beata!
innanzi al Dio prostrata,
che il puro sen le aprì. (vv. 64-70)
Senza indugiar, cercarono
l’albergo poveretto
que’ fortunati, e videro,
siccome a lor fu detto,
videro in panni avvolto,
in un presepe accolto,
vagire il Re del Ciel. (vv. 92-98)
In un articolo del 2014 Matilde Paoli aveva già risolto la questione:
Se uno dei padri della lingua italiana come Alessandro Manzoni poteva usare nello stesso componimento e in un contesto assai simile sia presepio che presepe non possiamo dare altra risposta alla domanda dei nostri lettori che non sia: si possono usare entrambi i termini.
Già il latino aveva due forme, quella più antica praesaepe, –is, sostantivo neutro della terza declinazione attestato anche in Virgilio – a cui si affianca una forma femminile praesaepes, –is usata da Plauto – e praesaepium, praesaepii, neutro della seconda (lo troviamo in Plinio, nel I sec. d. C.) ricostruito sul plurale praesaepia (cfr. E. Vineis, Studio sulla lingua dell’Italia, “L’Italia Dialettale”, XXXIV , 1971, pp.137-248: 177-178). La fortuna di questa forma più recente è legata alla sua presenza sia nella versione latina del testo della Bibbia adottata dalla Chiesa, conosciuta come Vulgata, sia nelle varie e incomplete versioni precedenti indicate solitamente col nome di Itala.
La stessa pluralità del latino troviamo testimoniata nei primi secoli dell’affermazione del volgare in testi di varia provenienza: franco-piemontesi, toscani e, più specificatamente, fiorentini, ma anche mediani e meridionali, per forme riconducibili a presepe, e lombardi, bolognesi, trevisani, veneziani , toscani, fiorentini, pisani per forme riconducibili a presepio (cfr. TLIO sv PRESEPE e PRESEPIO). Il valore è quello già latino di ‘mangiatoia’ con in più il riferimento all’episodio evangelico della Natività; si tratta infatti di voci dotte diffuse in larghi strati anche bassi della popolazione soprattutto attraverso la predicazione in latino o in volgare. Un ulteriore mezzo di propagazione è costituito dalle sacre rappresentazioni che mettevano in scena la nascita di Gesù (cfr. Luca, II, 7-16), di cui la più famosa è senza dubbio la Natività di Greccio a opera di san Francesco nel 1223, considerata il primo presepe vivente della storia.L’incertezza tra le due forme permane per tutto il Trecento: lo stesso Petrarca le usa entrambe sia in senso religioso, sia “laico”, ovvero nel significato proprio di ‘mangiatoia’. Nei secoli successivi sembra prevalere la forma presepio: dalle attestazioni, quasi tutte di ambito religioso e molte riferibili alle sacre rappresentazioni, del ’400, si passa a un impiego più esteso nel ’500: è questa infatti l’unica forma usata dal Tasso, dall’Alamanni, dal Vasari, dall’Aretino. Presepe è comunque presente in alcuni autori, specie nel senso non religioso. Questa tendenza (sia chiaro mai pienamente realizzata) a impiegare presepe in senso proprio e presepio in riferimento alla Natività si trova anche nel Seicento, anche in uno stesso autore: Giovambattista Marino usa presepio in poesia (La galeria) e in prosa (in una lettera al Ciotti stampatore) in senso religioso, mentre nell’Adone impiega presepe in senso “laico”.
Continua a leggere l’approfondita spiegazione sul sito dell’Accademia della Crusca.