Una delle voci più alte contro la dittatura militare in Brasile (1964-1985), e ultimo porporato vivente tra quelli creati da Paolo VI, il cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo emerito di San Paolo, è morto oggi nella capitale paulista. Aveva 95 anni ed era stato ricoverato nella unità di terapia intensiva con i sintomi di una severa broncopolmonite e con problemi renali.
Quinto di 14 figli nati da una coppia di immigrati tedeschi, Arns – nato il 14 settembre 1921 a Forquilhinha, municipio di Crisciuma, Stato di Santa Catarina, diocesi di Tubarão (Brasile) – entrò giovanissimo in seminario francescano seguendo le orme del fratello maggiore Crisostomo. Nel ’46 si laureò a pieni voti alla Sorbona, in lingue classiche. Diventato professore di Teologia nel seminario di Petropolis, lavorò per dieci anni nelle favelas, un periodo che descrisse sempre come il più felice delle sua vita. Fu creato cardinale nel marzo del 1973 da Paolo VI.
Durante gli anni della dittatura militare, intraprese una dura lotta per la difesa dei diritti umani. Prestò anche servizio nel carcere di Carandiru, dove i militari golpisti avevano rinchiuso numerosi sacerdoti che si opponevano al golpe. Il cardinal Arns denunciò pubblicamente che i religiosi in carcere venivano torturati, diventando un simbolo della resistenza al regime.
Nel periodo più duro della dittatura, consegnò al generale Emilio Medici, capo della giunta golpista, un documento scritto a nome dell’episcopato paulista in cui chiedeva la fine delle torture contro i dissidenti. L’episodio passò alla storia del Brasile perché Medici, molto irritato, batté il pugno sulla scrivania e disse ad Arns: «Lei resti in sacrestia, che all’ordine pubblico ci pensiamo noi».