Papa Francesco, la diplomazia vaticana e la Chiesa cattolica potranno giocare un ruolo nel futuro di Cuba dopo la morte del líder máximo, anche giocando sulla «sponda» ecumenica dopo lo storico incontro del Pontefice e del Patriarca di Mosca Kyrill, avvenuto all’aeroporto dell’Avana lo scorso febbraio, con la discreta mediazione del presidente Raul Castro.
Il Vaticano e la Chiesa cattolica hanno accompagnato il lento processo di disgelo con il regime cubano dopo la caduta del Muro di Berlino. Per un decennio Giovanni Paolo II aveva inviato suoi rappresentanti ufficiosi nell’isola. La prima svolta è arrivata con la visita del gennaio 1998. Negli anni successivi altri piccoli passi sono stati fatti e così anche Benedetto XVI, prima di sbarcare in Messico, ha fatto tappa a Cuba nel marzo 2012, quando già da sei anni Fidel aveva lasciato la guida del Paese. L’arrivo di Giovanni Paolo II aveva portato al ripristino del Natale come festività civile , l’arrivo del suo successore Benedetto XVI aveva ottenuto lo stesso per il Venerdì Santo.
Bergoglio ieri ha parlato di una «triste notizia» e ha espresso «dolore ai familiari del defunto dignitario, così come al governo e al popolo di codesta amata nazione». Il primo Papa latinoamericano, del resto, ha sottolineato con maggiore forza nel suo magistero i temi della giustizia sociale e della difesa dei più deboli, e i rapporti hanno subito una nuova accelerazione. Anche perché essendo maturato il tempo per un accordo tra Washington e l’Avana, sia Obama che Castro hanno chiesto a Francesco di offrire in Vaticano una cornice neutrale che favorisse la mediazione. Entrambi hanno ringraziato pubblicamente il Papa, anche se in realtà il ruolo della Santa Sede è stato defilato e discreto. Dopo l’accordo tra Stati Uniti e Cuba, nel settembre 2015, Bergoglio ha visitato i due Paesi nel corso dell’unico viaggio. E nei mesi successivi i contatti sono continuati per arrivare all’incontro con il Patriarca di Mosca.
Il Papa e la Segreteria di Stato vaticana continueranno nella direzione dei piccoli passi, per favorire la lenta transizione nel Paese, secondo la prospettiva già indicata da Wojtyla appena sbarcato all’Avana nel 1998: «Possa Cuba aprirsi con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba». Ed è possibile, almeno questa è la sensazione che si coglie Oltretevere, che Raul Castro ora si senta meno vincolato dopo la scomparsa del fratello. L’embargo, che la Chiesa da anni chiede venga tolto del tutto, resta come un pesante macigno per l’economia dell’isola caraibica.
Un’incognita per il futuro è rappresentata da ciò che farà la nuova amministrazione statunitense di Donald Trump. Francesco e la Chiesa cattolica, ma anche la Chiesa ortodossa che è legata a Vladimir Putin, cercheranno di non bloccare il processo disgelo iniziato due anni fa.
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Questo articolo è stato pubblicato nell’edizione odierna del quotidiano La Stampa