di Massimiliano Menichetti
E’ morto questa notte Fidel Castro lo ha annunciato la televisione nazionale cubana. Il Líder Máximo aveva 90 anni. E’ stato protagonista della rivoluzione contro il regime Batista. Istituì la Repubblica di Cuba. Tre i Papi che lo hanno incontrato, l’ultimo, Francesco, nel suo viaggio il 20 settembre del 2015 quando, nella residenza a L’Avana, il comandante gli donò una copia del libro “Fidel e la religione” di Frei Betto.
“Rivoluzione è conoscenza del momento storico è conquistare tutto quello che deve essere cambiato è uguaglianza e libertà piena”. Così Fidel Castro parlava della rivoluzione, quella che lo vide protagonista contro il regime del dittatore Fulgencio Batista, assieme al fratello Raúl, Che Guevara, Camilo Cienfuegos e che cambiò il destino del suo Paese. Castro fu nel 1959 primo ministro di Cuba, poi Presidente del Consiglio di Stato e Presidente del Consiglio dei ministri, Primo Segretario del Partito Comunista, unica formazione del Paese. Dopo il fallito sbarco sulla spiaggia di Giron, nella baia dei Porci, nel 1961, da parte di millecinquecento esuli cubani appoggiati dagli Stati Uniti d’America nel tentativo di rovesciare il regime, Castro istituì la Repubblica di Cuba. Questo gli valse l’appellativo di Líder Máximo ovvero il Condottiero Supremo capace di resistere all’embargo americano. Controverso il giudizio sulla sua figura: accusato da una parte di violare i diritti umani e dall’altra lodato per miglioramento delle condizioni di vita sull’Isola. Nel 2008 dopo 50 anni annunciò che non avrebbe accettato una nuova elezione alla Presidenza, nel 2011 consegnò definitivamente i suoi poteri nelle mani del fratello Raùl. Ma è dal 2008 che presero vita diverse riforme e la normalizzazione delle relazioni con la comunità internazionale.
In questo contesto decisivo è stato il ruolo diplomatico della Chiesa cattolica, in particolare l’azione di Papa Francesco che ha portato alla normalizzazione dei rapporti tra Washington e L’Avana. Tre i Papi con cui Castro ha parlato. Sei, in diversi momenti, gli incontri del Comandante con San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Indimenticabile quello del 21 gennaio del 1998 a L’Avana con il Papa polacco appena sceso dall’aereo: i due si parlarono, guardarono i propri orologi come a siglare visivamente un istante che diventava storia.
Immediatamente San Giovanni Paolo II lanciò la sfida più grande:
“Que Cuba se abra con todas…
Possa Cuba aprirsi con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba”
Un auspicio che ha camminato nel tempo sostenuto anche da Benedetto XVI che nel settembre del 2012, proprio a Cuba, ribadì il “cammino comune” per tutti i cubani:
“La hora presente reclama de forma apremiante que en la convivencia humana…
L’ora presente reclama in modo urgente che, nella convivenza umana, nazionale ed internazionale, si eliminino posizioni inamovibili ed i punti di vista unilaterali che tendono a rendere più ardua l’intesa ed inefficace lo sforzo di collaborazione”.
E’ stato poi Papa Francesco che tre anni dopo, nel settembre 2015, “sull’isola della rivoluzione”, guardando ai nuovi rapporti con gli Stati Uniti, ha parlato di “piccoli ponti” che uno dopo l’altro “fanno il grande ponte della pace”:
“Desde hace varios meses, estamos siendo testigos…
Da alcuni mesi, siamo testimoni di un avvenimento che ci riempie di speranza: il processo di normalizzazione delle relazioni tra due popoli, dopo anni di allontanamento. È un processo, è un segno del prevalere della cultura dell’incontro, del dialogo, del sistema della valorizzazione universale… sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo”.