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Dio è morto? Bauman spiega perché questa affermazione è falsa

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 17/11/16
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Ci hanno provato a far passare questa tesi intellettuali del calibro di Nietzsche e Berger. Ma i fatti oggi li smentiscono«”Non c’è più religione… Dio è morto”. Lo sentiamo ripetere di continuo, e qualcuno di quelli che si lanciano in affermazioni del genere pretendono di avvalorarle anche con l’autorità dei fatti». Parte da questa premessa Zygmunt Bauman per rovesciare un luogo comune secondo cui la religione sarebbe al capolinea e la laicizzazione sempre più in voga (Il Piccolo, 16 novembre).

Ecco Bauman come smonta la tesi del “Dio è morto”.

NECROLOGI PREMATURI

Il più autorevole sociologo vivente spiega: «Quanti sono oggi, per dire, i neonati che vengono portati in chiesa per essere battezzati, e non è forse vero che il numero delle persone che frequentano la messa domenicale è in calo – perlomeno in Gran Bretagna o nei paesi nordici? – Questi dati vengono trascelti proprio con l’intento di appoggiare la tesi, e la loro reiterata ripetizione mira a far sì che, come accade con tutti gli altri pregiudizi, alla fine l’affermazione sia considerata ben fondata e creduta vera. Ma, svolgono essi il compito loro assegnato? Forse lo farebbero, se non fosse per l’enorme e crescente volume di altri fatti che suggeriscono – e dimostrano – la diagnosi esattamente contraria: e cioè che la religione esiste e continua ad avere forza e influenza, e che i necrologi per Dio sono, quantomeno, assolutamente prematuri».

L’AMMISSIONE DI BERGER

Baumann ricorda che persino Peter Berger, uno dei più autorevoli sociologi del Ventesimo secolo, si vide costretto a rovesciare la sua diagnosi di una religione al capolinea. «Nel 1968 aveva pronosticato nel “New York Times” che, nel Ventunesimo secolo, di “credenti religiosi se ne troveranno probabilmente solo in piccole sette, stretti assieme per resistere a una cultura secolare mondiale”. Ma trent’anni dopo, alle soglie del nuovo secolo cui la sua precedente predizione si riferiva, si sentì in dovere di concludere (in “The desecularization of the world, 1999) che “l’assunto secondo cui viviamo in un mondo secolarizzato è falso. Il mondo di oggi, salvo alcune eccezioni, continua a essere accanitamente religioso quanto è sempre stato, e da qualche parte anche più di quanto sia mai stato“».

IL PERICOLO DEL PREGIUDIZIO

Berger ha corretto la sua affermazione. Ma in quanto saprebbero farlo? Quante volte il pregiudizio regna sui fatti? «Il pregiudizio – ammonisce Bauman – è dogmatico; quelli che lo abbracciano rifiutano l’argomentazione e chiudono le orecchie ai giudizi contrari al proprio per paura di dover ammorbidire le loro convinzioni».

L’ERRORE DI NIETZSCHE

Un grande filosofo che rientra nella schiera dei pessimisti è stato Friedrich Nietzsche: nella “Gaia scienza”, ricorda il sociologo polacco, ha scritto: “Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue?”.

IL DOMINIO SUL MONDO (TENTATO DALL’UOMO)

Eppure, replica Bauman, «Dio è ancora ben vivo, come senza dubbio lo sono – e anche ben visibili – le religioni, che poggiano sulla sua immortale onnipresenza: contrariamente all’orgogliosa rivendicazione della mente moderna secondo cui noi, uomini, siamo pienamente in grado di afferrare, comprendere, descrivere, affrontare e gestire il mondo e la nostra presenza in esso in perfetta autonomia; e contrariamente alla nostra proclamata intenzione di mettere il mondo sotto l’amministrazione unica di noi, uomini, armati come siamo di ragione e dei suoi due germogli: la scienza e la tecnologia. In netto contrasto con la loro promessa, quelle armi non sono riuscite a dotare noi, umani mortali, dell’onnipotenza – che e il tratto che definisce il Dio immortale – ed e sempre meno probabile che con tutte le loro scoperte e invenzioni terrificanti lo possano mai fare».

LA MORTE DELL’UMANITA’

L’impressione, conclude il sociologo, «è che, ove mai Dio ”morisse” – e cioè, esiliato dal nostro pensiero, espatriato dalle nostre vite, cessasse di essere punto di riferimento e di appello e fosse sostanzialmente dimenticato – ciò accadrebbe solo insieme con la morte dell’umanità».

L’INSUFFICIENZA E DIO

Se ci chiediamo perché è così, «la risposta è che Dio sta per la nostra insufficienza, l’insufficienza di noi esseri umani – secondo la memorabile formulazione del grande filosofo polacco Leszek Kolakowski – insufficienza del nostro pensiero e della capacita pratica; insufficienza che è del tutto improbabile possa mai essere superata.

Ci sono fenomeni di cui non possiamo non essere consapevoli – per esempio l’eternità e l’infinito, o al perché e per cosa noi esistiamo, e perché c’è qualcosa piuttosto che il nulla – fenomeni e interrogativi che nonostante gli sforzi delle menti più eccelse – chiosa Baumann – noi mai comprenderemo».

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