Come si può essere tranquilli nel proprio focolare mentre il povero disperato «giace alla porta»? Non può esserci «pace in casa di chi sta bene, quando manca giustizia nella casa di tutti». Così «nasce la tragica contraddizione dei nostri tempi: quanto più aumentano il progresso e le possibilità, tanto più vi sono coloro che non possono accedervi». Di conseguenza, si osserva il «sintomo di sclerosi spirituale», quando «l’interesse si concentra sulle cose da produrre, invece che sulle persone da amare». Lo esclama papa Francesco questa mattina, nella Basilica vaticana, presiedendo la Celebrazione eucaristica in occasione del «Giubileo delle persone socialmente escluse», indetto dall’11 al 13 novembre nel contesto dell’Anno santo della Misericordia. Il Pontefice, nel giorno in cui si chiudono le porte della misericordia «nelle cattedrali e nei santuari di tutto il mondo», ricorda che tutto passa, anche «i regni potenti», ma non «Dio e il prossimo».
Papa Bergoglio esordisce partendo dalle parole del profeta Malachia della Prima Lettura odierna: «Per voi sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia». Si leggono «all’ultima pagina dell’ultimo profeta dell’Antico Testamento – spiega il Vescovo di Roma – e sono rivolte a coloro che hanno fiducia nel Signore, che ripongono la loro speranza in lui, scegliendolo come sommo bene della vita e rifiutando di vivere solo per sé».
Per queste persone, «povere di sé ma ricche di Dio, sorgerà il sole della sua giustizia: essi sono i poveri in spirito, cui Gesù promette il regno dei cieli e che Dio, per bocca del profeta Malachia, chiama “mia proprietà particolare”».
Il Pontefice osserva che da qui «nascono domande che interpellano il senso ultimo della vita: dove cerco la mia sicurezza? Nel Signore o in altre sicurezze che non piacciono a Dio? Dov’è diretta la mia vita, dove punta il mio cuore? Verso il Signore della vita o verso cose che passano e non saziano?». E interrogativi «simili appaiono nell’odierno brano evangelico», in cui si parla di Gesù che si trova a Gerusalemme, «per l’ultima e più importante pagina della sua vita terrena: la sua morte e risurrezione». Cristo è «nei pressi del tempio, “ornato di belle pietre e di doni votivi”. La gente sta proprio parlando delle bellezze esteriori del tempio, quando Gesù dice: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra”. Aggiunge che non mancheranno conflitti, carestie, sconvolgimenti nella terra e nel cielo». Il Figlio di Dio «non vuole impaurire – precisa il Papa – ma dirci che tutto quel che vediamo, inesorabilmente, passa. Anche i regni più potenti, gli edifici più sacri e le realtà più stabili del mondo, non durano per sempre; prima o poi, cadono». Allora, la gente «pone subito due domande al Maestro: “Quando accadranno queste cose e quale sarà il segno”?. Sempre siamo spinti dalla curiosità – rileva Francesco – si vuole sapere quando e ricevere dei segni». Però, a Gesù «questa curiosità non piace. Al contrario, Egli esorta a non lasciarci ingannare dai predicatori apocalittici». Infatti chi segue Cristo «non presta ascolto ai profeti di sventura, alle vanità degli oroscopi, alle predizioni che ingenerano paure, distraendo da ciò che conta». Invece avviene che «tra le tante voci che si sentono, il Signore invita a distinguere ciò che viene da Lui e ciò che viene dallo spirito falso. È importante – evidenzia il Pontefice – distinguere l’invito sapiente che Dio ci rivolge ogni giorno dal clamore di chi si serve del nome di Dio per spaventare, alimentare divisioni e paure».
Il Vescovo di Roma sottolinea il forte invito di Gesù «a non avere paura di fronte agli sconvolgimenti di ogni epoca. Egli chiede di perseverare nel bene e di porre piena fiducia in Dio, che non delude: “Nemmeno un capello del vostro capo sarà perduto”». Il Signore non dimentica «i suoi fedeli, la sua proprietà preziosa, che siamo noi».
Però interpella gli uomini e le donne di ogni tempo e luogo «sul senso della nostra esistenza». Per Francesco, le Letture di oggi «si pongono come un “setaccio” in mezzo al fluire della nostra vita: ci ricordano che quasi tutto in questo mondo passa, come l’acqua che scorre via; ma ci sono realtà preziose che rimangono, come una pietra preziosa in un setaccio». Quali sono queste ricchezze che non svaniscono? «Sicuramente due: il Signore e il prossimo. Questi sono i beni più grandi, da amare. Tutto il resto – il cielo, la terra, le cose più belle, anche questa Basilica – passa; ma non dobbiamo escludere – avverte – dalla vita Dio e gli altri».
Al contrario «proprio oggi, quando si parla di esclusione, vengono subito in mente persone concrete; non cose inutili, ma persone preziose». Capita che «la persona, posta da Dio al culmine del creato, viene spesso scartata, perché si preferiscono le cose che passano». Per il Papa ciò è «inaccettabile, perché l’uomo è il bene più prezioso agli occhi di Dio». Inoltre è «grave che ci si abitui a questo scarto; bisogna preoccuparsi, quando la coscienza si anestetizza e non fa più caso al fratello che ci soffre accanto o ai problemi seri del mondo, che diventano solo ritornelli già sentiti nelle scalette dei telegiornali».
Rivolgendosi agli esclusi presenti e di tutto il pianeta, esclama: «Con la vostra presenza ci aiutate a sintonizzarci sulla lunghezza d’onda di Dio, a guardare quello che guarda Lui: Egli non si ferma all’apparenza, ma rivolge lo sguardo “sull’umile e su chi ha lo spirito contrito”, sui tanti poveri Lazzaro di oggi».
Con amarezza, afferma Francesco: «Quanto ci fa male fingere di non accorgerci di Lazzaro che viene escluso e scartato!»; questo comportamento è «voltare la faccia a Dio. È un sintomo di sclerosi spirituale quando l’interesse si concentra sulle cose da produrre, invece che sulle persone da amare». E in questo modo «nasce la tragica contraddizione dei nostri tempi: quanto più aumentano il progresso e le possibilità, il che è un bene, tanto più vi sono coloro che non possono accedervi». Si tratta di un’«ingiustizia che deve preoccuparci, molto più di sapere quando e come sarà la fine del mondo. Perché non si può stare tranquilli in casa mentre Lazzaro giace alla porta – ammonisce con forza – non c’è pace in casa di chi sta bene, quando manca giustizia nella casa di tutti».
Il Papa esorta a chiedere «la grazia di non chiudere gli occhi davanti a Dio che ci guarda e dinanzi al prossimo che ci interpella. Apriamo gli occhi a Dio, purificando la vista del cuore dalle rappresentazioni ingannevoli e paurose, dal dio della potenza e dei castighi, proiezione della superbia e del timore umani. Guardiamo con fiducia al Dio della misericordia. Rinnoviamo la speranza della vita vera cui siamo chiamati, quella che non passerà e che ci attende in comunione con il Signore e con gli altri, in una gioia che durerà per sempre, senza fine».
Sui deboli e gli emarginati «punta la lente d’ingrandimento della Chiesa. Che il Signore ci liberi dal rivolgerla verso di noi. Ci distolga dagli orpelli che distraggono, dagli interessi e dai privilegi, dagli attaccamenti al potere e alla gloria, dalla seduzione dello spirito del mondo».
Oggi «io vorrei – dichiara senza leggere il testo scritto – che fosse la giornata dei poveri».