L’Ordinario di Locri: restituite soldi in odor di mafia. E cambia il consiglio pastorale che “difendeva” il bossL’indicazione del vescovo di Locri, mons. Francesco Oliva, è stata chiara: le offerte che puzzano di ‘ndrangheta non si accettano.
E così il parroco di Bovalino, paese della provincia di Reggio Calabria colpito dall’alluvione del 2015, è andato in banca ed ha emesso due bonifici, indirizzati ad altrettante ditte che avevano inviato cinquemila euro ciascuna per contribuire a ricostruire il tetto della chiesa sfondato dalla pioggia.
DENARO SPORCO
«Con il denaro sporco non si costruiscono chiese, a costo di rinunciare ai lavori», ha detto il presule a Repubblica (10 novembre). E i soldi rispediti al mittente, in effetti, avevano una provenienza quantomeno sospetta. Si tratta di fondi inviati da ditte collegate a Domenico Gallo, arrestato a fine ottobre nell’inchiesta condotta dalla procura di Roma sui grandi appalti, dalla Tav alla Salerno-Reggio Calabria.
“UNA SCELTA SCONTATA”
Nell’ordinanza che ha portato in carcere l’imprenditore calabrese, il giudice ha messo in evidenza «i suoi contatti con soggetti legati alla criminalità organizzata». E davanti alle carte giudiziarie, il vescovo non ha esitato. «Per me è stata una scelta scontata, ordinaria», dice. E infatti non sarebbe emersa se non fosse stata accennata durante un dibattito locale e rilanciata dal Quotidiano del Sud (9 novembre).
LA CHIESA DI GIOIOSA
«Questa vicenda – spiega il presule – è una piccola cosa ma fa parte di uno stile che deve essere chiaro: non si può rischiare di essere conniventi con le mafie e se c’è il sospetto che le offerte siano frutto di affari mafiosi, bisogna rifiutarle in modo fermo». Oliva lo aveva già affermato nel marzo scorso, quando ii pentito Antonio “Titta” Femia aveva rivelato che una chiesa di Gioiosa Jonica era stata costruita con i soldi delle cosche (Il Fatto Quotidiano, 14 marzo 2016).
«Diciamo con chiarezza che non ne abbiamo bisogno», aveva scritto allora il vescovo ai fedeli e sacerdoti del paese.
IL “GIALLO” DEL CONSIGLIO PASTORALE
Ma non finisce qui. Monsignor Oliva ha anche liquidato il consiglio pastorale di un’altra parrocchia a Platì che aveva criticato la linea anti ’ndrangheta dei vescovi calabresi.
«Sono rimasto colpito dal fatto che nei momenti più delicati restiamo soli e non abbiamo la collaborazione necessaria di cui avremmo bisogno. C’è come un deserto attorno a noi», è lo sfogo del vescovo nella lettera a padre Gianfranco, padre Giuseppe e padre Daniel, i tre religiosi che guidano la parrocchia di S. Maria di Loreto a Platì, al centro dell’attenzione nei giorni scorsi per le critiche al divieto per i funerali pubblici al boss Giuseppe Barbaro (Avvenire, 10 novembre).
“VERBALE SCONVOLGENTE”
Il vescovo nella lettera, pubblicata sul sito della diocesi, ha bacchettato il consiglio e il suo «verbale a dir poco sconvolgente, che denota uno scarso senso ecclesiale ed è offensivo nei confronti del magistero dei vescovi, di cui si nega il ruolo nel discernimento pastorale e nell’annuncio del Vangelo». Quel verbale, pubblicato stranamente su un sito online, nasceva da una riunione, scrive il presule, «tenuta in assenza del parroco, cosa assurda per un organismo consultivo che viene convocato sempre su argomenti da lui stesso proposti».
L’ATTACCO AI VESCOVI CALABRESI
Nel documento si criticava, con parole decisamente inopportune, la chiara presa di posizione della Conferenza episcopale calabrese sulla vicenda dei funerali. «Un tono di rivendicazione fuori luogo e non consono all’indole di un consiglio pastorale», lo definisce Oliva che si si rivolge ai tre “parroci in solidum”: «Non so se ne siete al corrente e se avete letto quanto in esso scritto. Non penso minimamente che ne condividiate il contenuto. Vi chiedo, però, di provvedere al suo rinnovo, dal momento che l’attuale è da tempo scaduto».
SULLA SCIA DI PAPA FRANCESCO
Per il nuovo consiglio, il vescovo chiede che «si faccia un percorso di formazione di almeno un anno, spiegando bene il senso della partecipazione e corresponsabilità ecclesiale». Inoltre chiede anche che «si intraprendano iniziative concrete per presentare alla comunità il documento dei Vescovi calabresi “La ’ndrangheta è l’antivangelo“, in modo che, sulla scia di Papa Francesco, si possa cogliere il ruolo nefasto di questa associazione criminale per lo sviluppo della nostra terra».