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Era andato ad Aparecida a chiedere il miracolo della guarigione del fratello, ma non immaginava cosa sarebbe successo a lui

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Aleteia - pubblicato il 08/11/16
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La storia del pellegrino che ha visto il suo cuore trasformarsi man mano che si avvicinava a MariaQuel venerdì mattina, il 42enne Paulo Luís ricevette la notizia che il fratello maggiore Wagner, di 50 anni, era ricoverato in terapia intensiva in condizioni gravi. Secondo quanto gli raccontò la cognata, Wagner era in coma dopo un’emorragia cerebrale. In quel momento non c’era altro da fare che pregare. Il sacerdote che conosceva la famiglia si stava già recando in ospedale per dargli l’estrema unzione.

Paulo Luís era disperato. Wagner era il suo eroe. Aveva aiutato ad allevarlo quando era piccolo, lavorando sempre al fianco del padre pieno di vita, allegria e buona disposizione. Era un uomo simpatico, il leader della famiglia. Non poteva morire così all’improvviso, perché avrebbe lasciato una moglie poco più che quarantenne e due figli adolescenti. La situazione era davvero drammatica.

Quando arrivò in ospedale, trovò i familiari più stretti in stato di shock. Il loro sguardo era velato e i sentimenti spaziavano dalla disperazione alla speranza.

Vedendo che in ospedale in quel momento non poteva fare nulla, neanche entrare a vedere il fratello visto le cure mediche a cui era sottoposto, Paulo prese una decisione inaspettata: sarebbe andato in bicicletta al Santuario di Aparecida per chiedere il miracolo della guarigione del fratello.

Il viaggio di oltre 100 chilometri che Paulo iniziò immediatamente non era stato preparato in alcun modo. La bicicletta era vecchia e semplice, non aveva neanche il sistema di marce. Paulo partì con quello che aveva addosso, portando con sé solo il denaro che aveva nel portafogli, sufficiente appena per uno o due caffè e un panino. Non pensò neanche al ritorno, perché non aveva soldi per tornare in autobus e men che meno per rimanere in un hotel ad Aparecida. Il suo unico obiettivo era arrivare davanti all’immagine di Nostra Signora Aparecida e far sì che la sua storia entrasse nella lunga lista di miracoli ottenuti per intercessione della Patrona del Brasile. Pensava solo a Dio, a Maria e alla guarigione di suo fratello.

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Vedendo il Santuario di Aparecida profilarsi all'orizzonte, le lacrime che scorsero sul suo viso non erano più di dolore o disperazione, ma di gioia e speranza.

Vedendo il Santuario di Aparecida profilarsi all’orizzonte, le lacrime che scorsero sul suo viso non erano più di dolore o disperazione, ma di gioia e speranza.

Percorse i primi 20 chilometri della strada secondaria che attraversava la Valle del Paraíba in direzione di Aparecida in trance. Paulo era in sovrappeso. Se non fosse stato per la partita a calcio settimanale che giocava con gli amici (e organizzata da Wagner), sarebbe stato totalmente sedentario. Non era certo preparato fisicamente, né si poteva considerare un ciclista.

Già nella prima metà del viaggio cominciò a sentire una fitta alla schiena, e il sole di ottobre in quella regione del Brasile in cui verso mezzogiorno la temperatura raggiunge i 35 gradi gli sferzava il volto. Dovette fermarsi una prima volta. Accostò la bicicletta, si sedette sul marciapiedi e pianse con il viso nascosto tra le mani.

Fu in quel momento che comprese la situazione sorprendente in cui si trovava: non aveva fede, non pregava da molti anni e Dio era un argomento che non faceva più parte della sua vita. Ma allora perché era lì in mezzo al nulla con una bicicletta, poche monete in tasca e diretto al Santuario di Aparecida pregando incessantemente?

Da molto tempo era assolutamente solo, con il cuore vuoto. Aveva dimenticato Dio in qualche momento della sua infanzia, perché era l’infanzia che gli veniva in mente mentre piangeva per il fratello. Qualcosa gli si accendeva nel petto, toccandogli l’anima. L’unica cosa che poteva fare era andare avanti, e fu quello che fece.

Nella seconda metà del viaggio il corpo non gli obbediva più. I dolori avevano superato il punto che in qualsiasi altra situazione lo avrebbe fatto fermare. Ora Paulo pedalava mortificato dalla stanchezza fisica ed emotiva. Usciva da se stesso verso qualcosa di nuovo, diverso da qualsiasi ricerca di consolazione personale. Continuava a pregare. Non pregava più solo per il fratello in terapia intensiva. La sua preghiera si estendeva a tutti.

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Nei chilometri finali del viaggio, dopo un’intera giornata trascorsa pedalando, Paulo capì che non era solo. Dio camminava al suo fianco e non lo lasciava senza protezione. Fu questo che sentì nel cuore. Dovette andare al di là di sé, superarsi a livello fisico ed emotivo per trovare quello che era sempre stato al suo fianco.

Vedendo il Santuario di Aparecida profilarsi all’orizzonte, le lacrime che gli scorsero sul volto non erano più di dolore o disperazione, ma di speranza e gioia. Suo fratello era guarito, ne era sicuro, e anche Paulo era guarito. Come pellegrino aveva vinto se stesso, aveva superato il proprio egoismo.

Ai piedi dell’immagine di Nostra Signora Aparecida non chiese la guarigione, ringraziando solo Dio per il dono della vita, della famiglia, di suo fratello, della bellezza nelle cose più semplici. Quando Paulo uscì dalla basilica, un amico di famiglia lo stava aspettando. Aveva saputo di quel pellegrinaggio improvvisato e aveva deciso di seguire Paulo da lontano in macchina senza che lui se ne rendesse conto. Quell’amico ero io.

Quando Paulo andò in ospedale il giorno dopo, suo fratello era uscito dalla terapia intensiva. Wagner, sorprendentemente, era in stanza, in piedi, e guardava fuori dalla finestra. Nello sguardo di entrambi c’era qualcosa di diverso, una profondità e una contemplazione che il tempo non ha mai cancellato. E qualcosa di quell’espressione è rimasta anche nei miei occhi.

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(Questa è una storia vera raccontata ad Aleteia da due fratelli e un loro amico. Vivono in una città della Valle del Paraíba – San Paolo, Brasile – e frequentano la parrocchia del quartiere)

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]
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