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Presentate le credenziali del nuovo ambasciatore israeliano presso la Santa Sede

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Vatican Insider - pubblicato il 01/11/16
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Il nuovo Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oren David, ha presentato le proprie credenziali a Papa Francesco il 27 ottobre scorso, mentre Ayoob Kara, Viceministro per la Cooperazione Regionale in visita in Italia, ha annunciato nuove misure disposte dal Ministero per una maggiore cooperazione con i cristiani e nuovi aiuti per le minoranze perseguitate nel terre martoriate dalle guerre attorno ad Israele. 

Durante il ricevimento svoltosi per celebrare la nomina, l’Ambasciatore Oren ha dichiarato che considera “di massima importanza per me e per la mia famiglia, qui presente, poter assumere la carica di settimo Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede”. 

Oren è un ’sabra’ (nativo di Israele), ha ottenuto un Master in Scienze Politiche presso l’Università Ebraica e ha svolto una lunga carriera diplomatica, passando un periodo a Toronto; presso la Missione Permanente delle Nazioni Unite a New York; e in Romania, Moldavia e Malta. Riconosce le qualità speciali del suo nuovo ruolo, in quanto si tratta di “molto più della classica comune diplomazia”, dato che vi è incluso “un aspetto ebraico-cristiano” ed una “denominazione comune unica e condivisa, con un legame particolare tra popoli e religioni che condividono gli stessi valori, virtù e ideali, oltre ad affinità e vincoli unici”. Ha espresso “gratitudine e apprezzamento per il caloroso benvenuto con cui [è] stato ricevuto da Sua Santità Papa Francesco e da Sua Eminenza Cardinale Parolin”. Ha promesso poi il suo massimo impegno per “approfondire e ampliare ulteriormente le nostre relazioni, portandole verso nuovi apici”. 

Il Viceministro Ayoob Kara, presente al ricevimento, è stato ripreso in serata dal Ministero degli Esteri israeliano che si è scusato con l’Italia, ha “condannato” e si è dissociato dalle dichiarazioni “assolutamente inopportune” di Kara, che non sarebbero “mai dovute essere state pronunciate”. Kara aveva detto ad un giornalista di Ynet che il terremoto in Italia era una punizione per l’astensione dell’Italia alle recenti votazioni della risoluzione dell’UNESCO su Gerusalemme. Kara ha porto in seguito le proprie scuse ma dovrà subire un duro rimprovero da parte del Premier Netanyahu, al quale il Presidente Mattarella ha espresso le sue proteste poco prima della partenza per una visita programmata in Israele. L’Ambasciatore israeliano in Italia si è scusato a sua volta, ricordando che “le amichevoli relazioni tra Italia e Israele sono tenute in massima considerazione” e rimarcando poi che “siamo vicini al governo ed al popolo italiano colpiti da questo tragico terremoto”. 

In una conversazione con Vatican Insider, il Viceministro ha lodato il Vaticano, riferendosi alla dichiarazione pubblica di Papa Francesco durante l’Udienza Generale del giorno precedente, il quale ha affermato che “…il popolo di Israele… andò marciando per quarant’anni nel deserto fino a quando giunse alla terra promessa da Dio”. Mentre Francesco si riferiva in modo specifico agli “esempi concreti di migrazione” presenti nella Bibbia, nel contesto di una riflessione sulla Misericordia, Kara ritiene che stesse esprimendo solidarietà in maniera indiretta con le critiche rivolte da Israele alla risoluzione dell’UNESCO che ha chiamato il Monte del Tempio ed il Muro del Pianto esclusivamente con i loro nomi arabi, ignorando la sacralità di quei luoghi per l’ebraismo e per la cristianità.  

Si potrebbe osservare che mentre è molto probabile che il Vaticano disapprovi l’uso della sola terminologia in lingua araba per descrivere i siti di Gerusalemme sacri alle tre religioni monoteiste (Kara ha affermato che il Cardinale Parolin si è espresso in questo senso durante la loro conversazione privata), è chiaro che Papa Francesco non intendesse che la sua omelia biblica venisse interpretata in tal senso. 

L’incidente diplomatico (apparentemente superato dopo le scuse del Ministero degli Esteri israeliano e dal suo Ambasciatore a Roma, e dall’attuale visita del Presidente Mattarella in Israele), rischiava di far passare in secondo piano la missione principale in Vaticano del Viceministro Kara, e cioè le proposte concrete che riferisce aver fatto a Papa Francesco, al Segretario di Stato Vaticano Cardinale Pietro Parolin e al Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Esse riguardano le intenzioni da parte israeliana di rafforzare le relazioni con le sue comunità cristiane, uniti nello sforzo comune per la salvaguardia dei valori condivisi e per tenere lontani tutti gli estremismi e le violenze. Ha menzionato tre obiettivi principali. 

Kara ha detto che innanzitutto, Israele è pronto ad offrire 50 milioni di ILS all’anno (circa 12 milioni di Euro) per finanziare le scuole cristiane del Paese. Il Viceministro per la Cooperazione Regionale afferma che la cifra sarà versata non appena il Ministero riceverà dalle scuole le documentazioni contenenti le voci di bilancio. Tuttavia, alcuni rappresentanti della Chiesa in Israele affermano che la commissione bilaterale è ancora al lavoro per definire i termini del versamento di queste somme, e si svolgerà a breve presso il Ministero un incontro per chiarire ulteriormente la questione. 

“In secondo luogo”, ha continuato, “Israele desidera aumentare gli aiuti che già offre ai profughi feriti o malati che fuggono dalla violenza e dalla guerra nei Paesi confinanti, e che giungono quotidianamente per trovare ricovero negli ospedali israeliani, indipendentemente dal loro credo religioso. Offriamo chirurgia cardiaca specialistica gratuita per i bambini che arrivano da tutto il mondo. Desideriamo ora poter estendere il nostro aiuto in maniera particolare alle vittime cristiane e ad altre minoranze come i yazidi, i curdi, i drusi, gli armeni, e così via. Abbiamo creato una fondazione umanitaria a questo scopo e speriamo di poter accogliere circa 400 o 500 profughi feriti o malati assieme alle loro famiglie, in modo che possano ricevere cure mediche adeguate in Israele. Speriamo di poter continuare ad aiutarli nei loro Paesi prima o poi, quando le violenze avranno termine”. 

“In terzo luogo”, ha proseguito il diplomatico israeliano, “desideriamo aprire le nostre frontiere ed i nostri aeroporti ai turisti arabi cristiani che desiderano visitare la Terra Santa e che provengono da Paesi come Marocco, Tunisia ecc, e anche ai cristiani copti dall’Egitto”. Sarebbe un cambiamento di politica importante, visto che per motivi di sicurezza, al momento è molto difficile per un arabo di qualunque nazionalità poter visitare Israele. 

Infine, ha accennato ai prossimi colloqui della Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele che avranno luogo a Gerusalemme il 7 novembre. Da quando fu firmato l’Accordo Fondamentale il 30 dicembre 1993, la Commissione si è riunita almeno due volte l’anno a Roma e a Gerusalemme, ma ad oggi alcuni aspetti pratici dell’Accordo non hanno ancora ottenuto il consenso di entrambe le parti. 

“Il nostro Governo è ottimista e determinato affinché le questioni tecniche rimanenti che sono ancora oggetto di negoziati da entrambe le parti vengano risolte una volta per tutte con una firma definitiva entro la fine del 2016. Il Governo israeliano desidera fortemente che questo processo giunga a compimento”. 

*Lisa Palmieri-Billig è Rappresentante in Italia e di Collegamento presso la Santa Sede, dell’AJC – American Jewish Committee 

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