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Reportage – Norcia, nella città piegata dal sisma: “Se siamo vivi, è un miracolo”

Nuns leave the center of Norcia after a 6.6 magnitude earthquake on October 30, 2016. It came four days after quakes of 5.5 and 6.1 magnitude hit the same area and nine weeks after nearly 300 people died in an August 24 quake that devastated the tourist town of Amatrice at the peak of the holiday season. Italy's most powerful earthquake in 36 years dealt a new blow Sunday to the country's seismically vulnerable heart, sending terrified residents fleeing for the third time in nine weeks and flattening a revered six-century-old church. / AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI

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Vatican Insider - pubblicato il 30/10/16
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Macerie e disperazione. Il barista: «Il pavimento sussultava. Ci siamo salvati perché abbiamo dormito a terra accanto alla porta»di Francesco Grignetti

Macerie e disperazione. Norcia da stamattina è in ginocchio. Finora aveva retto bene alle scosse e quindi i suoi abitanti non si erano allontanati. Alle 7.41 però il terremoto li ha sorpresi in casa. Miracolo. «Se siamo tutti viti, è un miracolo». Ecco la parola che più torna, in questa città che ha il culto di San Benedetto e che si sente orgogliosamente culla di spiritualità.

«Siamo salvi», dice il signor Alberto Rendina,42 anni, titolare del bar della piazza. «Stamattina mia moglie ha tardato ad aprire e si è salvata». La famiglia Rendina era in casa. «Ma dormivamo a terra accanto alla porta, pronti per ogni evenienza». Al momento della scossa Alberto è scattato in piedi. «Il pavimento sussultava. sono caduto giù e mi sono ferito la mano sui vetri. Ma va bene così».

A Norcia è crollata la basilica di San Benedetto (del 1300). Rimane in piedi soltanto la facciata. Anche l’adiacente concattaedrale di Santa Maria Argentea è venuta giù. «Noi monaci stiamo tutti bene, ma i nostri cuori vanno subito a chi è stato colpito, e i frati del monastero cercano di capire se qualcuno ha bisogno dell’estrema unzione. Ci affidiamo come sempre alle vostre preghiere e al vostro supporto», scrive padre Benedetto, priore dei monaci del monastero crollato.

Ora il barista Alberto sta in piedi fuori dalle mura. Con lui ci sono amici, conoscenti e tutta la gente di questo paese ferito. Si guardano in faccia, si salutano. Il futuro può attendere. C’è da capire come passare la notte. «Ma intanto siamo ancora qui. Siamo vivi».

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