Zadok the Priest – Coronation Anthem
Zadok the Priest and Nathan the Prophet anointed Solomon King.
And all the people rejoic’d, and said:
«God save The King, long live The King, may The King live for ever!
Amen, Hallelujah!» tratto liberamente da 1Re 1, 38-40
Georg Friedrich Händel, compositore tedesco (Halle 1685 – Londra 1759), successivamente naturalizzato inglese, trascorse la maggior parte della sua vita e della sua carriera a Londra. Händel ricevette la sua formazione nella terra natìa, ad Halle ed Amburgo, per poi proseguire in Italia prima di stabilirsi a Londra nel 1712. Naturalizzato inglese nel 1727. La bellezza assoluta della sua musica e il suo genio imprenditoriale gli portarono fama e ricchezza; la sua opera fu così apprezzata e tale fu la sua fama che, alla sua morte, venne seppellito con gli onori di stato a Westminster Abbey, a Londra.
Sebbene sia stato un compositore completo e si sia misurato in tutte le forme musicali del tempo (Opere, Oratori, Concerti grossi e per strumenti solisti, concerti per organo, musica da camera ecc.), un piccolo capitolo a parte è costituito dai suoi “Anthems” tra i quali brillano i quattro “Coronation Anthems”, scritti per le cerimonie di incoronazione inglesi.
Il testo di “Zadok the Priest” è tratto dal Primo libro dei Re: [1Re 1, 38-40] “Il sacerdote Zadòk prese il corno dell’olio dalla tenda e unse Salomone al suono della tromba. Tutti i presenti gridarono: ‘Viva il re Salomone!’ Risalirono tutti dietro a lui, suonando i flauti e mostrando una grandissima gioia e i luoghi rimbombavano delle loro acclamazioni.”
L’Inno “Zadok the Priest”, il più celebre dei quattro composti da Händel, narra dell’unzione di Salomone descritta nel primo libro dei re (1Re 1, 38-40). Inizia con un maestoso e sereno preludio orchestrale assai breve che, letteralmente, esplode di giubilo nelle parole del coro “Zadok the Priest anointed Solomon King” (Il Sacerdote Zadok unse il re Salomone). Sia per il momento della celebrazione in cui era previsto, era eseguito nel momento di unzione del Re, sia per la solennità e la brillantezza della musica, “Zadok the Priest” è rimasto il più celebre dei quattro Anthems. Infatti viene eseguito ancora oggi nelle cerimonie di Incoronazione. Il suo impatto e la sua grandiosità sono tali che, nel 1992, il compositore Tony Britten ne ha fatto un celeberrimo riadattamento che, ormai da anni, è l’inno di apertura di ogni manifestazione della Champions League UEFA. La seconda sezione, che segue l’unzione di Salomone, è una giubilante danza sulle parole “and all people rejoiced, and said” (e tutti gioirono e gridarono) che esplode nel “God save the King” (Dio salvi il Re). l’Inno termina con una cadenza sull’Alleluja.
Il Regno di Salomone per il Popolo d’Israele fu un’ epoca aurea: Salomone costruì il Primo Tempio che neanche suo padre, il grande re Davide, riuscì a costruire. Salomone, colui che a Dio non chiese potere o prosperità ma la Sapienza, è il re del discernimento. Suo simbolo è il nodo che si scioglie tirandolo da un lato e che si stringe tirandolo da quello opposto. Antenato e figura di Gesù Cristo – nuovo Salomone che ha esercitato la giustizia di Dio sulla croce – Salomone regnò per quarant’anni. La sua unzione fu un momento di giubilo per tutto il popolo. Ecco perché il cerimoniale dell’incoronazione inglese assume questi due versetti del Primo Libro dei Re per l’unzione dei suoi re. La musica di questo Anthem di Händel, con la sua grandiosità, conferisce all’immagine del sacerdote Zadok, che unge Salomone re di Giuda e Israele, tutta la solenne importanza che ha rivestito per gli Israeliti del tempo e per tutti i credenti delle epoche seguenti.
L’esecuzione dell’ English Concert diretto da Howard Arman, che qui sottoponiamo, con la cristallina brillantezza del suono degli ottoni e le impeccabili articolazioni degli archi, nonché con il calore del suono dei legni ed il pressoché perfetto bilanciamento della polifonia del coro, dà di questo brano una lettura che rende fedelmente le caratteristiche di grandiosità, maestosità e giubilo che lo caratterizzano.
Gabriele Croci