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La letteratura fantasy può essere uno strumento di formazione della coscienza. Non ci credete?

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Miguel Cuartero Samperi - Aleteia - pubblicato il 29/10/16
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Riscoprire il genere letterario fantasy come un valido strumento di formazione e di crescita per i giovani, è questa la sfida della scrittrice Silvana de Mari che ora presenta il suo nuovo lavoro destinato ai ragazzi e pubblicato con la casa editrice Giunti: Hania, la strega muta.

Si tratta del secondo capitolo della Trilogia di Hania una saga fantasy pubblicata con la Giunti e inaugurata nel 2015 col prequel Hania, il regno delle Tigri bianche e seguita dal primo episodio: Hania, il cavaliere di Luce (2015).

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Il romanzo narra le avventure che la giovane Hania dovrà affrontare con l’aiuto di sua madre: la principessa Haxen del Regno delle Sette Cime. E’ grazie alla madre che la ragazza (attraverso racconti e narrazioni del Cavaliere della Luce) formerà una coscienza capace di optare per il bene e di fuggire le insidie del malvagio Signore Oscuro che l’ha generata dotandola di straordinari poteri malefici. Ispirata dal Cavaliere di Luce, eroe “senza macchia e senza paura che agiva per coraggio, lealtà e cavalleria, in difesa dei deboli e degli oppressi” e che “compariva ovunque la giustizia necessitasse del suo soccorso”, Hania decide di rinunciare al suo lato oscuro ed è per questo obbligata a fuggire per aver salva la vita. Un’appassionante avventura ricca di sorprese, di ostacoli da superare, di nemici da combattere e di amici con cui accordarsi e allearsi lungo il cammino. Un cammino lungo, faticoso e pericoloso ma che vale la pena di percorrere se esiste una meta a cui aspirare.

Nata nel casertano nel 1953, Silvana de Mari è medico chirurgo, specializzata in chirurgia generale e in psicologia cognitiva. Ha lavorato come medico in Etiopia, un’esperienza fondamentale anche per il suo futuro come scrittrice. Oggi vive a Torino e si occupa di psicoterapia mentre scrive libri fantasy per i ragazzi al fine di sviluppare tutte le potenzialità dei più giovani che si apprestano ad affrontare le sfide della storia. Le piace definirsi “un medico che scrive” piuttosto che una scrittrice; si ispira, tra gli altri, a Dante, Manzoni, Primo Levi, Tolkien e Orwell. “Sulla mia bara – dice – voglio due libri: Il Signore degli Anelli e Se questo è un Uomo”.

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I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue e pubblicati in tutto il mondo. Il successo è arrivato col romanzo L’ultimo elfo pubblicato nel 2004 da Salani e divenuto un bestseller internazionale vincendo numerosi premi tra cui il Premio Andersen (2004), il Bancarellino (2005), Le Prix Imaginaire (2005) e il premio dell’American Library Association per il miglior libro per ragazzi negli Stati Uniti (2006).

De Mari è una convinta sostenitrice dell’importanza delle narrazioni, ed in modo particolare della narrativa fantastica, come un valido strumento di formazione e veicolo di quei valori necessari per affrontare le avventure della vita.

Lo scrittore inglese G.K. Chesterton era certo della forza pedagogica delle favole ed affermò: “Le favole non danno al bambino la prima idea di uno spirito cattivo. Ciò che le favole danno al bambino è la prima chiara idea della possibile sconfitta dello spirito cattivo. Il bambino conosce dal profondo il drago, fin da quando riesce ad immaginare. Ciò che la favola gli fornisce è che esiste un San Giorgio che uccide il drago” (da G. K. Chesterton, The red angel, in Tremendous trifles. Qui l’originale inglese). E’ la certezza cristiana che il bene ha sempre la meglio sul male, nonostante la storia sembri a volte dire il contrario.

Così la pensa Silvana de Mari che crede nel rinnovato valore della letteratura fantastica, per troppo tempo considerata secondaria o minore: “C’è qualcosa in questa letteratura che dà consolazione alle nostre angosce. Nel momento in cui il buio esiste e le grandi fiaccole della fede nel progresso e nella provvidenza perdono forza contemporaneamente, da qualche parte bisogna pur cercare di darsi coraggio. Come dice Tolkien, la letteratura fantastica parla di cose permanenti: non di lampadine elettriche, ma di fulmini, e insegnano cose vere: che il buio esiste e che può essere sconfitto […] Nel fantasy c’è la certezza assoluta che lo sguardo di un dio benevolo è su di noi e questo è il motivo per cui il fantasy è il racconto dove si parla della morte e il discorso è tollerabile”.

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Come medico, Silvana de Mari segnala inoltre l’influsso della narrazione sulle nostre emozioni, un potenziale che, correttamente veicolato può rivelarsi decisivo nel percorso di crescita e maturazione degli adolescenti. “Il nostro straordinario cervello contiene la capacità di provare piacere nell’immaginare, nell’ascoltare e anche nel raccontare una storia che non è mai avvenuta, e nemmeno avrebbe potuto, perché contiene elementi fantastici che la rendono esterna alla realtà. La narrazione permette, senza modificare la realtà oggettiva che ci circonda, di portare cambiamenti all’assetto dei nostri neurotrasmettitori, e quindi di cambiare le nostre emozioni. Una persona seduta a leggere può scoppiare a piangere o scoppiare a ridere, può alzarsi dalla poltrona piena di allegria, con un coraggio da leone” (S. De Mari, L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte, in Aa. Vv., Il Fantastico nella Letteratura per ragazzi, Runa Editrice 2016, p. 9).

L’autrice collabora col Progetto Pioneer e sabato 29 ottobre presenterà a Roma il suo ultimo libro (Sala ovale della Chiesa Nuova in Via della Chiesa Nuova, 3; ore 18,00).

Un ulteriore passo avanti nell’utilizzo delle narrazioni fantastiche a scopi pedagogici è stato fatto dallo scrittore spagnolo Diego Blanco autore di Un camino inesperado (Encuentro 2016): un saggio che svela i messaggi nascosti nel capolavoro di Tolkien, Il Signore degli Anelli.

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Il libro di Diego Blanco ha avuto un grande successo in Spagna anche grazie alle presentazioni dell’autore (scuole, parrocchie, convegni e programmi radiofonici) e ad un approccio che mira ad unire il fantasy, la formazione della persona e la catechesi. Era l’intento originale di Tolkien che scrisse i suoi romanzi come una “parabola” scritta in linguaggio mitologico ma con intenti pedagogici e catechetici validi per i giovani di ieri e per quelli di oggi… (qui l’intervista a Diego Blanco tradotta in italiano).

Avvicinare i più giovani a questo tipo di letteratura fantasy, ricca di insegnamenti e di valori, diventa così un immancabile strumento di formazione della coscienza, un contributo necessario lì dove la famiglia, la scuola e la società non riescono ad offrire ai ragazzi gli strumenti necessari per crescere con consapevolezza e responsabilità camminando verso l’età adulta ed affrontando le ombre che ne insidiano il percorso, scegliendo il bene e rifiutando il male.

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