In casa ce l’hanno. Sette italiani su dieci, diffusione da best seller. Il punto è che il Vangelo giace «dimenticato» in qualche vecchio armadio, magari in soffitta, o in cantina, con le pagine impolverate. Sembra infatti che le persone si accontentino di un vago ricordo dal catechismo frequentato da bambini, di considerare il testo sacro un «emblema» della nostra cultura, di tenerlo come oggetto da conservare. E basta. Perché l’80% dichiara di leggerlo «mai o quasi mai». E poco meno di uno su due non sa neanche quanti siano gli evangelisti. Tragedia per la nostra tradizione cattolica? Non del tutto, perché c’è il dato in controtendenza dei giovani: la metà di chi ce l’ha, lo legge.
Dice tutto questo la ricerca del Censis «Il Vangelo secondo gli italiani», sulla reale conoscenza delle Sacre Scritture (700 le persone intervistate). L’indagine è stata promossa dalla casa editrice Utet Grandi Opere per il lancio dei «Vangeli nella cultura e nell’arte», edizione che contiene saggi di monsignor Bruno Forte, Piero Boitani e monsignor Timothy Verdon. Beninteso: il Vangelo è un testo amato, a cui gli italiani riconoscono un valore universale. Solo uno su cinque infatti si sente indifferente rispetto ai Testi Sacri. Anzi: per il 31,8% è uno dei pilastri della cultura occidentale. Poi appunto sette su dieci – il 69,1% – ce l’ha, ma probabilmente molti solo perché ricevuto in occasioni come la prima comunione. Sono soprattutto i giovani tra i 18 e 24 anni.
È rispettato, nel senso che non viene buttato via nelle pulizie di primavera, e neanche in caso di trasloco, però non lo si apre: tra coloro che ne hanno una copia, solo l’11% lo legge spesso, mentre il 37,2% a volte. Il 51,8% di coloro che lo possiede non lo consulta. E se si somma il dato di coloro che ce l’hanno ma non lo leggono con quello di chi non lo possiede e che quindi verosimilmente non lo sfoglia, allora il 66% degli italiani dichiara di non leggere mai il Vangelo, l’80% se si considera anche la risposta «raramente».
Solo un cittadino su cinque sa citare a memoria un passo. La frase più evocata è «Beati i poveri in spirito», seguita dal comandamento «ama il prossimo tuo come te stesso». Addirittura un terzo di chi va a messa non sa citare un brano. La memoria per immagini è più «incoraggiante» per la Chiesa: il 63% afferma di ricordarne almeno una che non sia la crocifissione (troppo facile); la scena dell’ultima cena è quella rimasta più impressa, poi il presepe.
L’86% ricorda almeno un nome di un evangelista, ma il 46% degli italiani non sa quanti siano (a proposito, sono quattro). Nonostante questi dati, il legame italiani-Vangelo resta forte dal punto di vista simbolico e sentimentale: il 48% afferma che è una parte essenziale del nostro patrimonio culturale, il 30,9% si sente toccato nei sentimenti e solo il 6,7% lo percepisce distante. E, a prescindere dalla fede, più di sei su dieci ritengono che i valori evangelici siano universali.
Poi, c’è la sorpresa giovani. I ragazzi dimostrano maggiore confidenza con il Vangelo delle persone di mezza età, un livello di attenzione che si avvicina a quello degli anziani: il 70% ne possiede una copia, contro il 65% della generazione di mezzo, e quasi il 50% che ne ha una copia la legge, anche se non spesso, contro il 43% dei 30-50enni. Infine, domanda trabocchetto: l’Ave Maria è contenuta nel Vangelo? Almeno questo, gli italiani lo sanno (per sicurezza: la risposta giusta è no).