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Ci sono punti in comune tra il ministero di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco?

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 25/10/16
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Il cardinale Müller fa una sintesi e trova angolazioni tutt’altro che distanti. Dalla povertà alla mondanità, sino alle “infezioni” da estirpare nella ChiesaCos’hanno in comune Joseph Ratzinger e Jorge Bergoglio nell’interpretare i rispettivi pontificati? Sono vicini o lontani nel pensare il ministero pettino?

il cardinale Gerhard Ludwig Müller (strettissimo collaboratore di Ratzinger) ha provato ad indagare la presenza o meno di un denominatore comune all’interno del suo volume “Benedetto & Francesco – Successori di Pietro al servizio della Chiesa” (edizione Ares).

E cosa ha scoperto? Che Benedetto XVI e Francesco sono tutt’altro che distanti. Certo, hanno angolazioni dottrinali diverse, ma anche dei punti che collimano e animano i rispettivi pontificati.

IL MINISTERO SECONDO RATZINGER

Ratzinger analizza il ministero petrino alla luce del rapporto tra fede e ragione.

Il Papa e i vescovi si differenziano da Pietro e dagli altri apostoli: essi non sono in prima persona destinatari della Rivelazione. Similmente, non sono mossi da ispirazione come invece avviene per gli autori dei testi sacri. Sono testimoni della Parola di Dio trasmessa dalle Scritture e dalla Tradizione. Tuttavia, nel trasmettere fedelmente i contenuti della fede nell’esercizio del loro magistero, essi godono del sostegno dello Spirito Santo.

IL COMPITO DELLA TEOLOGIA

Alla scienza teologica spetta il compito di mediare fra la conoscenza di Dio che avviene nella fede, e la conoscenza del mondo che avviene per mezzo della ragione naturale che è oggetto delle scienze umane e naturali, per fare sì che nella percezione dei fedeli le verità della fede e la conoscenza del mondo materiale non contrastino fra loro, ma si fondino in una sintesi sempre nuova.

FEDE E RAGIONE

La fede e la ragione non si limitano a vicenda, né tantomeno si escludono, ma servono entrambe al completamento dell’uomo in Dio e nella sua Parola, che ha assunto la nostra natura umana, e nel suo Spirito, che ci rivela l’essenza profonda e la vita di Dio: Dio è amore, come insegna la grande enciclica Deus caritas est.

INCARNARSI NEL FIGLIO DEL DIO VIVENTE

La chiarezza del rapporto tra fede e ragione consente a Benedetto XVI la lettura dell’identità «fra il Gesù della storia e il Verbo incarnato della fede». La cristologia di Papa Benedetto, tuttavia, non è soltanto dottrinale, bensì contemplativa, come si evince dai suoi tre volumi su Gesù di Nazaret. In questa commovente trilogia si coglie un Papa che fonda la sua vita ascetica e la sua missione apostolica sulla risposta di Pietro, a nome di tutti gli apostoli, alla domanda di Gesù nella regione di Cesarea di Filippo: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente». È questa la testimonianza che la Chiesa offre al mondo, ed è questo il fondamento anche del primato dei successori di Pietro.

IL MINISTERO SECONDO BERGOGLIO

La concezione del ministero pettino di Papa Francesco vuole «una Chiesa povera e per i poveri», ed esclama: «Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario!».

«L’opzione per i poveri – dice – è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica». E ribadisce: «L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria» (EG 200).

LA POVERTA’ AUTENTICA

La povertà nel suo senso più autentico non è altro che una metafora della nostra contingenza. Come creature, noi ci presentiamo di fronte a Dio a mani vuote. Ma queste mani vuote, insieme al nostro spirito aperto, ci sono state date da Dio ed è a Dio che noi le tendiamo. Non umiliati e offesi per la nostra dipendenza dal Padre, ma con gioia e gratitudine riceviamo da Lui il pane di cui abbiamo quotidianamente bisogno.

LA VIA DI CRISTO

Nell’annunciare il Vangelo di Cristo ai poveri e agli oppressi, partecipando alla costruzione di una società libera, solidale e giusta nel rispetto dell’inalienabile dignità di ogni singola creatura umana, la Chiesa percorre la via di Cristo, che «ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni» (LG 8).

PUNTI DI INCONTRO TRA BENEDETTO E FRANCESCO

Dunque la Chiesa è autenticamente presente laddove, fedeli alla missione ricevuta da Gesù, annunciamo il Vangelo ai poveri (Lc 7, 22).

L ’auspicio espresso da Papa Benedetto XVI, che la Chiesa possa orientarsi non sul mondo, ma sul Vangelo, viene ripreso da Papa Francesco nella Evangelii gaudium, quando scrive: «Desidero una Chiesa povera per i poveri» (EG 198). Il no alla mondanità spirituale (cfr EG 93- 97) è contrapposto a un sì alla sfida di una spiritualità missionaria (cfr EG 78-80).

MONDANITA’ E SPIRITUALITA’

Quando Gesù chiama beati i «poveri in spirito» e promette loro il Regno dei cieli (cfr Mt 5, 3), non apre la strada a una spiritualizzazione deresponsabilizzata e a un’idealizzazione utopica del suo Vangelo. Esseri poveri in spirito significa conformarsi radicalmente alle intenzioni e alla sorte di Cristo. Ne segue che l’uomo spirituale, a differenza dell’uomo mondano, presta ascolto a quanto gli viene suggerito dallo Spirito di Dio, lo Spirito di Cristo (cfr 1 Cor 2, 14).

BISOGNO DI PURIFICAZIONE

La Chiesa, in questo contesto, è santa e santificante perché santificata da Dio; per quanto riguarda gli uomini nel loro pellegrinaggio di fede, essa, «sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento» (LG 8).

In questo senso, Benedetto XVI ha parlato della necessità di una EntWeltlichung della Chiesa, cioè di una sua liberazione da forme di mondanità. Papa Francesco ha decisamente continuato questo pensiero parlando della Chiesa povera e per i poveri: la Chiesa non deve mai cedere alla tentazione di una auto-secolarizzazione, adattandosi alla società secolare e a una vita senza Dio.

RESISTERE ALLE “INFEZIONI”

Nella «dittatura del relativismo» e nella «globalizzazione dell’indifferenza», per riprendere le espressioni di Benedetto XVI e di Francesco, i confini tra verità e menzogna, tra bene e male si confondono. La sfida per la gerarchia e per tutti i membri della Chiesa consiste nel resistere a queste infezioni mondane e nella cura delle malattie spirituali del nostro tempo.

 

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