di Sebastian Campos
Immagina che ti venga a trovare il presidente del tuo paese, che cammini per la tua strada e, senza averlo annunciato, venga a bussare alla porta di casa tua. Anche se non dovesse rispecchiare perfettamente il tuo orientamento politico, per il solo fatto di essere la massima autorità civile, lo rispetteresti, ti scuseresti per avere la casa in disordine e gli offriresti qualcosa. Se invece fossero i tuoi genitori a bussare, apriresti loro la porta e li faresti entrare, se dovessero voler mangiare qualcosa si servirebbero da soli e aprirebbero il frigorifero. Perché sono di casa, tra voi c’è molta confidenza. A meno che tu non abbia un rapporto distante con loro, molto probabilmente accoglierai con affetto la loro visita, e non con l’apprensione e il nervosismo che avresti se dovessi ricevere il presidente del tuo paese.
Quando ci avviciniamo al Santissimo Sacramento dell’Altare, abbiamo due opzioni: trattarlo da presidente, oppure pensare a Lui come a nostro Padre. Gesù è stato con noi proprio per annullare le distanze. Sapeva che noi umani siamo limitati, e che abbiamo bisogno di stare di fronte ad una persona se vogliamo stringervi un rapporto di amicizia. Infatti, quando ci accostiamo al Sacramento andiamo a trovare una Persona. Non andiamo da Essa come se stessimo andando a vedere le piante che crescono o un’esposizione artistica; no, andiamo a fare una visita, a condividere il nostro tempo con qualcuno di speciale.
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Noi cattolici visitiamo il Santissimo Sacramento non perché dobbiamo fare compagnia al povero Gesù, tutto solo sull’altare, ma perché è Lui colui che ha voluto stare in mezzo a noi. Non solo per ricordarci di Lui, ma per agire nelle nostre vite come ha fatto duemila anni fa, perché vuole continuare ad amare l’umanità supplicante e bisognosa, e perché – giorno dopo giorno – vuole offrire la Sua vita per la nostra. È questo sguardo d’amore ad invitarci ogni giorno ad unirci al Signore; Lui non vuole soltanto che ci inginocchiamo davanti a Lui, ma desidera trasformare il nostro cuore.
Vogliamo condividere con te tre cose che accadono nella vita di un cristiano che si accosta al Santissimo Sacramento in Adorazione.
1. L’Adorazione corregge la nostra prospettiva
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Ci piace aggrapparci alle belle promesse che ci ha dato il Signore, ma Gesù ci ha promesso anche qualcosa che preferiamo dimenticare, perché ci mette a disagio: «Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Giovanni 16:33).
È una realtà: tutti quanti abbiamo problemi, grandi o piccoli che siano. Qualcuno ha dei problemi economici o di salute, qualcun altro ha invece problemi famigliari o di lavoro. Spesso facciamo confusione sulle effettive dimensioni delle situazioni che viviamo (e sulla grandezza di Dio). Nel nostro cuore abbiamo eretto un altare in cui, nell’arco della giornata, eleviamo diversi idoli. Li adoriamo, rendiamo loro il nostro culto e offriamo loro sacrifici affinché agiscano in nostro favore. Di solito, quando non abbiamo una via di scampo, rimettiamo Dio al centro. Gli consegniamo il trono, affinché si faccia carico della nostra situazione; ma lasciamo dei piccoli altari in modo che le altre divinità possano restare. Molte volte la nostra vita spirituale ruota attorno alle situazioni, invece di ruotare attorno a Dio.
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Quando ci troviamo di fronte a Dio – e gli cantiamo lodi dicendo quanto Lui sia meraviglioso, grande, onnipotente e tutte le altre qualità che riconosciamo come parte della sua identità – non lo facciamo perché Lui soffre di una sorta di Alzheimer egocentrico che non Gli permette di ricordarsi delle proprie virtù. Lui già sa tutto, non è necessario che Gli rinfreschiamo la memoria; ma noi abbiamo un gran bisogno di ricordare chi è il nostro Dio e quanto grande è il Suo potere. Abbiamo bisogno di ricordare quanto Lui sia grande.
«Grande è il Signore, onnipotente, la sua sapienza non ha confini» (Salmo 146, 3).
2. L’Adorazione ci dà un cuore grato
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Ci costa riconoscere quanto Dio è stato buono con noi. Facciamo una checklist dei doni che Gli abbiamo chiesto e lo ringraziamo, man mano che ce li concede. Ma che dire di tutto ciò che non abbiamo chiesto e che Dio ci dà gratuitamente? Ecco perché ci costa ringraziarlo in modo sincero.
Quando ci manca qualcosa, ci inginocchiamo per chiedergli ciò di cui abbiamo bisogno con tutta la forza che abbiamo nell’anima; ma sembrerebbe che non mostriamo la stessa forza spirituale nel ringraziarlo per i favori concessi dopo aver ascoltato la nostra preghiera. Ogni mattina rendiamo grazie in modo meccanica per un nuovo giorno di vita, per la salute, per il pane sulla nostra tavola e per la nostra famiglia. Sembra che la storia si ripeta; soltanto uno dei dieci lebbrosi guariti torna indietro per ringraziare.
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Stare di fronte al Santissimo Sacramento ci aiuta a riconoscere che tutto, assolutamente tutto, lo dobbiamo a Lui. Ogni cosa ci è data in modo gratuito e per amore. Dobbiamo essere grati di ogni cosa, perché all’infuori di Dio non abbiamo nulla.
«Oh Signore, Dio mio, hai moltiplicato i tuoi prodigi e i tuoi disegni in nostro favore; nessuno è simile a te. Vorrei raccontarli e proclamarli, ma sono troppi per essere contati» (Salmo 40, 6).
3. L’Adorazione tocca il cuore di Dio
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L’ho già detto. Non è che Dio ci ascolta pregare e dice: «Oh, mi ero dimenticato di quanto fossi grande e potente, meno male che me lo hanno ricordato». Adorare Dio, oltre ad essere un’espressione d’amore che Lui gradisce, è una dimostrazione del nostro impegno, della nostra ricerca sincera della Sua Presenza e della nostra fede in quelle caratteristiche che gli attribuiamo, perché per noi sono reali, non mera poesia.
Dio sa ciò che stiamo attraversando prima ancora che lo diciamo, perché «la mia parola non è ancora sulla lingua e tu, Signore, gia la conosci tutta» (Salmo 139, 4). Ecco perché quando – nonostante ciò che stiamo vivendo – alziamo le nostre mani e il nostro cuore a Lui, Dio si commuove. Avviciniamoci a Lui soltanto per riconoscere che Dio è Dio, senza doppi fini, senza cercare nulla in cambio, senza trucchi spirituali del tipo “io ti prego e Tu mi concedi ciò che voglio”. Ma riconoscendo che sebbene non comprendiamo tutto, Dio è al controllo di ogni cosa. Ecco perché poniamo in Lui la nostra fede. Inginocchiamoci davanti a Lui e adoriamolo, non per ciò che potrà fare, non affinché possa ascoltare la mia preghiera e prendere nota per darmi ciò che chiedo, ma semplicemente per adorare Lui.
Che il tuo tempo di adorazione non sia una lettera a Babbo Natale, ma che sia come quelle lettere piene d’amore scambiate in gioventù con la ragazza che ti piaceva. Che sia un messaggio scritto soltanto per esprimere il tuo amore, senza chiedere nulla in cambio.
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Per concludere e invitarti a fare tuo questo messaggio e a condividerlo nella prossima riunione di gruppo a cui parteciperai, ti regalo un versetto del Libro di Giobbe, quel personaggio sofferente che è arrivato a comprendere che non conosceva nulla di Dio. Perché non gli è servito sapere come Dio sarebbe riuscito a tirarlo fuori dal suo dolore, sapeva semplicemente che Dio lo avrebbe fatto. Vale lo stesso per noi: non abbiamo bisogno di comprendere tutto, dobbiamo soltanto accettare e riconoscere che Dio è Dio. E dare a Lui la nostra adorazione.
«Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te. Ho esposto dunque senza discernimento cose troppo superiori a me, che io non comprendo.
Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono.» (Giobbe 42, 2-3;5).
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[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]