Medici e ricercatori dell’ospedale Bambin Gesù legato al Vaticano, e dell’Ospedale israelitico di Roma, compiranno un comune viaggio della memoria nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dall’8 al 10 novembre. L’iniziativa è stata presentata a Roma alla Casina dei Vallati in Largo 16 ottobre 1943, e vi hanno preso parte la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, la presidente dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù, Mariella Enoc, e Marcello Pezzetti consulente scientifico della Fondazione museo della Shoah. In particolare, l’iniziativa nasce dalla volontà di mettere in luce quanto sia stato determinante il ruolo dei medici nella macchina di distruzione costruita dai nazisti nei lager e quanto da quella terribile esperienza ancora oggi i medici possano e debbano imparare. Nel corso dell’iniziativa, fra l’altro, Mariella Enoc ha poi ricordato come, durante la seconda guerra mondiale, alcune suore vincenziane del Bambin Gesù, si adoperarono per salvare bambini e famiglie di ebrei, una storia ancora poco nota.
Si tratta di una pagina di storia che si ricollega alle iniziative prese da tanti conventi e dallo stesso Pio XII, ha sottolineato la Enoc, per mettere in salvo quanti fra ebrei e non, rischiavano la vita. Ed è proprio sulla scorta di quella memoria, che oggi – in altri contesti storici – l’ospedale pediatrico del Vaticano, ha fatto arrivare a Roma alcuni bambini siriani malati e le loro famiglie, dando vita, grazie a un rapporto speciale costruito con la comunità religiosa di padre Paolo Dall’Oglio in Siria (il gesuita scomparso nel luglio del 2013), a un «piccolo corridoio umanitario» (il fratello del religioso e due sorelle lavorano al Bambin Gesù). Di recente, inoltre, la presidente Enoc, su mandato del Papa, è stata a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, per seguire diverse iniziate umanitarie fra le quali un ospedale, l’avvio di una scuola cristiano-musulmana, e il ripristino del seminario (per i profughi che lo occupavano sono state costruite le case necessarie).
«L’importanza di questo viaggio della memoria – ha detto Mariella Enoc a margine dell’incontro – è quella di ricordarsi che ogni medico ha fatto fin dall’inizio un giuramento, quello di curare tutti. Il lavoro del medico non può essere volto al male e non può essere volta al male neppure l’attività di colui che fa la ricerca in base alla quale la medicina diventa poi applicabile». «Noi – ha aggiunto – facciamo un viaggio interamente dedicato ai medici e mi pare questa una cosa molta importante, c’è una visione scientifica e medica molto, molto chiara, i nostri medici e ricercatori devono vedere quanto male si può fare quando si passa dalla parte della morte». «E’ bene – ha detto ancora – che i nostri medici che appartengono a un ospedale singolarmente legato alla chiesa cattolica, un ospedale che ha profonde radici nel Vangelo, capiscano bene che nessuna fede, nessuna appartenenza può farli deviare dalla loro professione».
In un comunicato si ricorda come fossero «sempre i camici bianchi a essere protagonisti della fase di eliminazione fisica dei deportati. Loro davano il via all’immissione dell’agente tossico Ziklon B nelle camere a gas, che in una manciata di interminabili minuti spegneva le anime che erano all’interno della sala». «I dottori – si osserva – accertavano, successivamente, la morte dei detenuti per effettuare la cremazione. All’interno di questo complesso, chiamato Crematorium, esisteva anche una sala delle autopsie dove avvenivano criminali ricerche scientifiche. Ad Auschwitz-Birkenau c’era, inoltre, un ospedale, una struttura di ricovero che poco o nulla assomiglia a quelle che il mondo civile conosce. Era l’anticamera dei forni crematori, considerato il numero elevato di persone che erano selezionate ogni giorno per essere eliminate». Altro riferimento importante per la natura particolare di questo viaggio è l’utilizzazione dei prigionieri come cavie in agghiaccianti esperimenti sui bambini condotti fra gli altri dalla lugubre figura di Josef Mengele.
«Sono felice di concretizzare la collaborazione – ha detto a sua volta il Presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello – tra l’Ospedale Israelitico e il Bambin Gesù con una esperienza che sarà formativa per tutti. Il viaggio ha per noi diversi significati e ci tengo a dire che oltre l’esperienza culturale, è per me un momento fondamentale di dialogo dove due importanti enti religiosi del mondo della Sanità collaborano e studiano percorsi comuni». «Sono sicura – ha aggiunto – che sarà il primo di numerosi capitoli che ci vedranno uniti sulla stessa strada».
«Oggi – ha affermato la presidente dell’ospedale vaticano rispondendo ad alcune domande – stiamo curando bambini che vengono da ogni parte del mondo, abbiamo però una particolare attenzione per la comunità di padre Paolo Dall’Oglio in Siria, del quale ancora non sappiamo nulla, e curando alcuni bambini salviamo le loro famiglie. In fondo la storia, anche se in maniera diversa, si ripete, e come l’ospedale allora salvò bambini ebrei mischiandoli fra i malati e poi facendo passare le rispettive famiglie come medici e infermieri, ecco che oggi – in modo diverso da allora – abbiamo creato un piccolo corridoio umanitario, del quale non abbiamo fatto molta pubblicità, attraverso il quale alcune famiglie a rischio arrivano portando i loro bambini – che certamente hanno delle patologie – e noi cerchiamo di occuparci di tutti loro, nel nostro piccolissimo mondo.
Quindi la Enoc ha ricordato, sempre parlando a margine, come «il Bambin Gesù salvò delle persone durante la guerra con le nostre suore vincenziane che sono ancora presenti oggi, una comunità di religiose che, come avvenne in tanti conventi e come in fondo fece anche Pio XII che fece aprire molti conventi; queste famiglie vennero accolte ma ovviamente doveva sembrare che i bambini fossero ammalati e che anche i familiari fossero visti come infermieri, come medici, personale. In questo modo riuscirono a salvarsi».