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Il miracolo che ha confermato la santità di José Sánchez del Río

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John Burger - Aleteia - pubblicato il 20/10/16
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La mamma di una bambina strappata alla morte otto anni fa si sente benedetta per il fatto di far parte della storia di “Joselito”Otto anni fa, i medici in Messico scollegarono una bambina di nome Ximena Galvez dalle apparecchiature che la tenevano in vita, convinti che fosse morta a livello cerebrale.

Domenica scorsa, Ximena ha abbracciato forte papa Francesco durante una Messa in Piazza San Pietro.

L’incredibile storia di questa bambina è venuta alla ribalta in occasione della canonizzazione di José Sánchez del Río, martire della Guerra Cristera messicana.

Paulina Galvez, la mamma di Ximena, è convinta che sia stato attraverso l’intercessione di San José – chiamato affettuosamente dai messicani “Joselito” – che sua figlia è riuscita a sopravvivere. E la Chiesa è d’accordo con lei, considerando la sua guarigione inspiegabile dal punto di vista medico un segno da parte di Dio del fatto che Joselito è un santo.

Paulina Galvez è di Sahuayo, nello Stato messicano di Michoacán, dove San Joselito nacque nel 1913 e venne martirizzato nel 1928. Si tratta di una zona del Messico in cui i cristeros, incluso San Joselito, lottarono coraggiosamente per la libertà religiosa e che ora è sottoposta a nuove prove per via dell’attività sempre più intensa dei cartelli della droga.

Parlando con Aleteia a Roma, Paulina si è descritta come “una persona che è stata abbondantemente benedetta ed è molto amata da Dio e dalla nostra Beata Madre”.

Potrebbe descriverci brevemente cos’è accaduto a sua figlia otto anni fa?

Mia figlia aveva meningite, tubercolosi ed epilessia; hanno dovuto asportarle un polmone; ha avuto un ictus. Quando me l’hanno data, mi hanno detto che era già in “stato vegetativo”. Io ho detto che non credevo nei medici ma credevo in Dio, ed è stato allora che ho iniziato ad aggrapparmi a Lui.

Cosa l’ha convinta che sia stata l’intercessione di José a guarire sua figlia?

Dopo che mi è stato detto che secondo i medici aveva 72 ore di vita e che l’avrei portata a casa morta, ho visto che la prima volta in cui ho messo un’immagine raffigurante mi niño (José Sánchez) accanto a lei mi ha stretto il dito. La seconda volta ha mosso la gamba. La terza apriva e chiudeva gli occhi ogni volta che le mostravo l’immagine, e ogni volta ho iniziato a pregare. E allora ho scoperto che mia figlia stava bene, che nostro Signore e la nostra Madre erano con lei e che mi niño, José Sánchez, la teneva tra le braccia. E lei ha risposto ogni volta che le mettevo la sua immagine davanti agli occhi.

Ci dica del processo di indagine del Vaticano…

Sono stati sette anni e mezzo lunghissimi, con studi, visite in vari ospedali, medici… Studi e altri studi. È stato un processo molto lungo e penso che per me sia stato un incubo, ma grazie a Dio l’abbiamo gestito, e ora possiamo dire che il nostro niño, José Sánchez del Río, è stato elevato agli altari e viene riconosciuto come santo in tutto il mondo.

Come sta ora Ximena?

È felice. Piena d’amore, di salute, di felicità. È davvero benedetta. E penso che sia più vicina a Dio della maggior parte degli altri bambini.

Com’è cambiata la sua vita dopo tutto questo?

È tutto diverso. Mi sento più vicina a Dio e alla nostra beata Madre. Ho sperimentato in modo più profondo l’amore che Dio ha per noi e quanto Egli sia grande. Il suo tempismo è perfetto. Al Suo fianco, non dobbiamo temere nulla.

Abbiamo visto che c’è stato un abbraccio molto sentito tra Ximena e il Santo Padre, e anche tra lei e il papa…

È stato un sogno divenuto realtà per entrambe stargli così vicino, poter condividere la nostra gioia con lui e soprattutto esprimergli la nostra gratitudine per il fatto che grazie a lui il nostro niño abbia potuto essere canonizzato. E chiedergli di pregare per la pace nel mondo, nelle nostre famiglie, e ancora dirgli che gli vogliamo davvero bene e che preghiamo per lui.

Le ha detto qualcosa in particolare?

Ha detto che anche lui ci voleva molto bene e che dovevamo pregare per lui.

 

Questo articolo si basa su un’intervista fornita da Mariangeles Burger e Luz Ivonne Ramírez Padilla.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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