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Donna incinta che muore con i gemellini: perché non è un caso di obiezione di coscienza

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 20/10/16
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Se un medico prova a salvare la vita di una mamma, può indurre anche all’aborto, in casi estremi, di uno dei feti Una donna di 32 anni e i suoi due gemellini che portava in grembo sono morti nel giro di poche ore. I familiari puntano il dito contro un medico obiettore del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Cannizzaro di Catania che si sarebbe rifiutato di intervenire tempestivamente.

La procura ha aperto un’inchiesta sulla base della denuncia dei familiari della donna, Valentina Milluzzo, impiegata di banca, alla sua prima gravidanza grazie alla procreazione assistita in un’altra struttura sanitaria. Un’ispezione è stata disposta dal ministero della Salute. La donna è morta domenica 16 ottobre, dopo diciassette giorni di ricovero, per via di complicazioni alla diciannovesima settimana di gestazione. I suoi bimbi il giorno prima (La Stampa, 20 ottobre).

I maggiori quotidiani Repubblica, Corriere della Sera e Stampa – e l’agenzia di stampa Ansa riportano la dichiarazione dell’avvocato della famiglia di Milluzzo, Salvatore Catania Milluzzo, su quanto scritto nella denuncia:

«La signora al quinto mese di gravidanza era stata ricoverata il 29 settembre per una dilatazione dell’utero anticipata [normalmente l’utero inizia a dilatarsi prima del parto, alla fine dei nove mesi di gravidanza, ndr]. Per 15 giorni va tutto bene. Dal 15 ottobre mattina la situazione precipita. Ha la febbre alta che è curata con antipiretico [un farmaco per far scendere la febbre, come il paracetamolo o l’acido acetilsalicilico, ndr]. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa. Dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno, mi dicono i familiari presenti, si sarebbe rifiutato perché obiettore di coscienza: “fino a che è vivo io non intervengo”, avrebbe detto loro. Quando il cuore cessa di battere viene estratto il feto e mostrato morto ai familiari. Due di loro possono avvicinare la donna che urla dal dolore e grida continuamente “aiuto”. Viene eseguita una seconda ecografia e anche il secondo feto mostra delle difficoltà respiratorie. E anche il quel caso il medico avrebbe ribadito che lo avrebbe fatto espellere soltanto dopo che il cuore avesse cessato di battere perché lui era un obiettore di coscienza».

L’ATTIVITA’ DEL FETO

La ricostruzione dell’avvocato non è del tutto corretta dal punto di vista medico, scrive Il Post (20 ottobre), dato che nella placenta un feto di cinque mesi non respira: i medici possono verificare che i feti stiano male facendo ecografie e tocografie, che permettono di vedere l’attività dei cuori dei feti e scoprire se c’è una diminuzione dei loro movimenti. Un’altra frase dell’avvocato riportata dal Corriere della Sera (20 ottobre) fa capire che nel caso di Valentina Milluzzo, è stata un’ecografia a mostrare i problemi ai feti.

RISCHIO COMPLICAZIONI CLINICHE

Una storia dai risvolti clinici poco chiari, che però rischia di trincerarsi dietro l’obiezione di coscienza. «Sulla base di elementi che sono stati resi noti, sembrerebbe che non sia stata una scelta di obiezione, ma di opportunità clinica. Un cesareo sarebbe stato molto più pericoloso dell’induzione del parto per espellere il feto», afferma ad Aleteia Giuseppe Noia, Presidente dell’Associazione Italiana Ginecologi e Ostretrici Cattolici, nonché Primario di Ginecologia al Policlinico Gemelli di Roma.

SCELTA PER SALVARE LA DONNA

«Probabilmente, e lo dico con gran prudenza visto che c’è un’inchiesta della Procura in corso e si stanno raccogliendo ulteriori elementi clinici – precisa Di Noia – le condizioni ematologiche critiche, che potevano portare al decesso della donna in caso di cesareo – in quanto possono manifestarsi conseguenze gravi come la Cid, Coagulazione Intravascolare Disseminata – hanno fatto si’ che il medico valutasse come prioritario il pericolo di vita della donna. Se questo fosse confermato, allora l’obiezione non c’entrerebbe nulla».

“CAMPAGNA INTIMIDATORIA IN CORSO”

«È in corso da qualche tempo una campagna intimidatoria contro i medici e gli infermieri obiettori di coscienza – premette il bioeticista Maurizio Faggioni ad Aleteia -. Vengono diffusi dati falsi o manipolati sugli obiettori di coscienza e si enfatizzano le difficoltà che le donne avrebbero ad abortire a causa – si dice – dei troppi obiettori. Non entro in questa polemica che ha come bersaglio la coscienza di medici e infermieri, quella coscienza segue la libertà soggettiva che è alla base di una società democratica. Il medico è un professionista, ma è prima di tutto una persona e un cittadino. La legge 194 permette l’aborto volontario in certe circostanze, ma non obbliga un medico a eseguirlo cioè non obbliga nessun medico a sopprimere direttamente un bambino non ancora nato».

“NON VOLEVA ABORTIRE”

«Nel caso di Catania – evidenzia Faggioni – la situazione è del tutto diversa. La signora Valentina non voleva certo abortire, lei che era ricorsa alla fecondazione artificiale per avere dei figli tanto desiderati. Purtroppo la gravidanza dei due gemelli, un bimbo e una bimba, verso la 19° settimana ha presentato dei problemi. I medici hanno cercato di salvare la gravidanza, ma dopo due settimane di ricovero la situazione è precipitata. Qualcuno ha parlato di respirazione difficoltosa, ma i feti nell’utero non hanno respirazione polmonare. Il loro cuore, piuttosto – sembra di capire dalle notizie imprecise delle Agenzie – ha cominciato a mostrare serie difficoltà».

OPERAZIONE LECITA DEL MEDICO

In questi casi, evidenzia il docente dell’Accademia Alfonsiana, i medici «cercano prima di tutto di salvare sia madre sia bambino, praticando le terapie più opportune e stando in attesa vigile. Se si riesce ad arrivare ameno alla 23° settimana dal concepimento, si può sperare di salvare il bambino anche se viene partorito prima del termine, ma qui purtroppo il traguardo della viabilità era ancora molto lontano. Quando è chiaro che non è possibile fare più niente per il feto che non è ancora morto, ma è destinato inesorabilmente e imminentemente alla morte, il medico può estrarlo dalla madre per cercare di salvare almeno lei. Questo non è aborto in nessun modo e anche un medico obiettore può farlo in accordo con la morale e con la legge».

“NON C’ENTRA NULLA”

Faggioni chiosa: «Non si sa se il medico abbia detto veramente ai familiari di non poter intervenire perché obiettore, né sappiamo se ha fornito alla donna tutte le informazioni necessarie, né, soprattutto, sappiamo se la situazione clinica gli è sfuggita di mano per tragica fatalità o per deprecabile negligenza. Quello che è sicuro è che qui l’obiezione di coscienza proprio non c’entra».

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