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Un modo diverso di guardare al dramma dell’immigrazione

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Vatican Insider - pubblicato il 18/10/16
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Il più delle volte, il dramma dell’immigrazione lo apprendiamo – o forse bisognerebbe dire «lo sfioriamo» – attraverso le immagini mandate in onda dalla televisione. Il Messaggero dei Ragazzi (MeRa) – il mensile francescano dedicato ai preadolescenti, edito dalla Messaggero sant’Antonio editrice – ha recentemente pubblicato un servizio, scritto a quattro mani da Nicoletta Masetto e da Vito D’Ettorre «Fa’ la cosa buona!», che affronta il tema dell’immigrazione attraverso due interviste.  

La prima è un’intervista al giovanissimo Samuele Pucillo, il 14enne protagonista di «Fuocoammare» – il film che ha vinto il primo premio al festival di Berlino, per la regia di Gianfranco Rosi –, la seconda è un’intervista/auto-racconto alle tre nonnine di Lesbo che accoglievano i bambini e i migranti con caramelle e biberon, e che adesso sono candidate al premio Nobel. 

Nelle parole del giovane attore lampedusano, Samuele Pucillo – oltre al racconto di alcuni dettagli relativi alle riprese del film, all’amicizia con il regista Gianfranco Rosi e alla soddisfazione per aver superato gli esami di terza media – vi è l’entusiasmo del quattordicenne, e, nello stesso tempo, un giudizio culturale nei confronti degli immigrati (che il giovane incontra quotidianamente nella sua splendida Lampedusa) di grande spessore umano. Samuele non ha pura degli immigrati, «e perché dovrei», dice durante l’intervista. «Certo, tra loro ci sono i delinquenti, ma anche tra di noi, o no? Mia nonna li chiama “poveri cristiani”. Lei, quando dice così, vuol dire che sono proprio come noi». Nemmeno la differenza della lingua è un problema, anche se non conosce l’inglese – dichiara Samuele con estrema semplicità al termine dell’intervista – «con loro gioco a pallone. Passiamo ore a giocare insieme. Ci diamo appuntamento al giorno dopo, se serve, per finire la partita. Anche perché, credi che mollino? Ce ne sono di fortissimi. E vuoi che molli io?». 

Nel secondo articolo pubblicato dal “Messaggero dei Ragazzi”, Vito D’Ettorre – colpito dall’immagine (tra le più visualizzate nel web) delle tre nonnine di Lesbo che accoglievano i bambini siriani offrendo loro delle caramelle, una delle quali, nella fotografia, era intenta ad allattare un neonato – decide di andare a trovare le tre nonnine, che vivono a Skala Sikamineas, un piccolo borgo greco al nord di Lesbo: Emilia, Stratìa e Maritsa. 

Nel suo articolo, D’Ettorre descrive l’accoglienza familiare ricevuta dalle tre famose nonnine; poi la prima domanda sulla storia di quella foto. «Tutti i giorni andavamo in spiaggia ad aspettare i profughi – spiega Emilia –. Ad un certo punto vediamo una giovane mamma con i vestiti tutti bagnati. E allora le abbiamo detto di andarsi a cambiare, che i volontari le avrebbero dato un paio di pantaloni asciutti. Però, lei all’inizio non voleva darci il bimbo. Io – prosegue Maritsa – ho insistito: non ti preoccupare, le ho detto, ci pensiamo noi. Ma appena Emilia lo ha preso in braccio, il bambino ha iniziato a piangere: aveva una fame da lupi. E allora ci siamo fatti dare un biberon di latte dai volontari e ho iniziato ad allattarlo. Quando è tornata la mamma, ha visto la scena ed è scoppiata a ridere. Il figlio ciucciava che era una meraviglia». Alla domanda sulla visita di Papa Francesco a Lesbo, Maritsa ed Emilia considerano importante il gesto di accoglienza e di pace del Pontefice nei confronti dei musulmani, «siamo – dicono – tutti sotto lo stesso cielo, con un solo Dio. Speriamo che il Papa possa mettere fine alle sofferenze dei profughi. Sono bambini, donne incinte e anziani come noi». 

Le nonnine di Lesbo riabbraccerebbero volentieri tutte le persone immigrate che hanno incontrato, e con una certa fierezza dichiarano: «Se riprendono gli sbarchi noi saremo di nuovo in spiaggia con le caramelle. E quando le finiremo, regaleremo tanti abbracci». 

Guardando al coraggio e alle semplici considerazioni delle tre nonnine di Lesbo, «riesco a convincermi – scrive D’Ettorre a conclusione della sua intervista – che il mondo, nonostante tutto, è un posto meraviglioso». 

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